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Chi è Azmoun il “Messi iraniano” che piace a Giuntoli

In realtà è un attaccante più che un dieci. Può fare la prima e la seconda punta. Forte di testa, ama giocare con la squadra. Sta dominando il campionato russo con lo Zenit.

Chi è Azmoun il “Messi iraniano” che piace a Giuntoli

La vita di Sardar Azmoun è fatta di messaggi. A partire dal nome che in farsi significa “colui che è in testa”, o dal cognome che invece vuol dire “collaudo”. Oppure come il numero 69 che indossava ai tempi del Rostov perché nella regione iraniana del Golestan, dov’è nato, le targhe automobilistiche cominciano tutte con quei due numeri. A volte la lingua è stata determinante: dal 2015 al 2019 è stato allenato da Kurban Berdyev al Rostov e al Rubin Kazan, un allenatore turkmeno proprio come la sua famiglia. Sardar infatti è figlio di Khalil Azmoun ex pallavolista di quella etnia, e in età adolescenziale stava per seguire le orme di padre che però ci vide lungo e lo indirizzò al calcio. Il messaggio più chiaro ad ogni modo ce l’ha tatuato sull’avambraccio sinistro: “Amami per ciò che sono”.

Forse avrebbe voluto dirlo ai dirigenti del Sepahan la squadra iraniana a 900 chilometri da casa, dove ha trascorso gli ultimi anni di settore giovanile, che non gli pagava gli stipendi. Il diciassettenne Azmoun non riusciva a fronteggiare le spese per l’affitto ma poi arriva la chiamata del Rubin Kazan che lo nota e lo porta in Russia. In un anno e mezzo non lascia il segno, il Rostov gli dà una chance e lo acquista in prestito: è la svolta. Qui conosce Berdyev con cui instaura un sodalizio decisivo per lo sviluppo della sua carriera. Comincia a segnare di più e l’allenatore decide di portarlo con sé quando ottiene la panchina proprio del Rubin. L’anno scorso giunge il momento di un passo importante e si trasferisce allo Zenit San Pietroburgo.

Sotto la guida di Sergej Semak, Azmoun – che oggi ha 25 anni – diventa un temibile terminale offensivo. Forma una coppia devastante con Artem Dzyuba nel 4-4-2 pensato dal tecnico: insieme hanno segnato il 51% delle reti siglate dallo Zenit in questa stagione che li vede in testa al campionato russo con nove punti di vantaggio e otto giornate ancora da giocare. Nonostante manchino ancora diverse gare, l’iraniano sta già vivendo la sua annata più prolifica con 14 gol in 29 presenze in tutte le competizioni.

Lo chiamano il “Messi iraniano”, ma più per conferirgli uno status di rilievo che per le caratteristiche tecniche. Anche perché ha ritmi realizzativi impressionanti con l’Iran (31 gol in 46 partite) di cui è il giocatore più importante, e non c’è voluto molto prima che la critica lo indicasse come il prescelto per eclissare il mito di Ali Daei,il miglior marcatore con la maglia di una nazionale con 109 gol in 149 gare.

In campo, infatti, Azmoun ha ben poco di un numero dieci. È un attaccante elastico e longilineo, abile nel gioco aereo grazie ad un’elevazione considerevole e nel pressing. Adora avviare le azioni sulla trequarti e poi andarle a concludere nel cuore dell’area, dove è bravissimo a dividersi gli spazi e i movimenti con il suo compagno di reparto. Un attaccante associativo, dunque, che ibrida i punti di forza di una prima e di una seconda punta e che Cristiano Giuntoli ritiene adatto al Napoli che verrà.

In passato la Lazio era andata vicina al suo acquisto, e prima ancora era stato accostato al Liverpool. Oggi sono gli azzurri a seguirlo con attenzione, l’iraniano rientra nella rosa dei nomi su cui il direttore sportivo è pronto ad investire. Puntare sulla modernità del suo gioco e magari affidargli l’attacco potrebbe essere un azzardo. Ma ne potrebbe valere la pena: l’impressione, infatti, è che la grandezza di Azmoun sia ancora tutta da scoprire.

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