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D’Alessandro: “Pino Daniele? Non amava il confronto. Non avevamo capito fosse malato”

Il manager e promoter napoletano intervistato dal Fatto: “Con Pino e Massimo Troisi stavo male per le risate, non ne potevo più dal dolore ai reni”

D’Alessandro: “Pino Daniele? Non amava il confronto. Non avevamo capito fosse malato”

Il Fatto Quotidiano intervista il manager e promoter napoletano Mimmo D’Alessandro. Uno dei più grandi organizzatori di concerti ed eventi in Italia. Insieme al socio Adolfo Galli è lui ad aver organizzato concerti di artisti del calibro dei Rolling Stones, Elton John, Joe Cocker e James Brown, per citarne alcuni.

Sono tanti i musicisti di alto livello con cui è stato in contatto e di ognuno racconta un aneddoto.

Di Miles Davis, ad esempio, dice che era gravemente diabetico, ma fissato con il gelato e che dipingeva ovunque, anche le pareti delle stanze d’albergo. Poi toccava a D’Alessandro pagare i danni.

E di Sarah Vaughan, con la quale ha girato l’Italia in macchina, dice che gli controllava sempre la velocità, richiamandolo se correva troppo

“e io disperato perché mangiava aglio tutto il giorno; poi a ogni tappa si fermava, entrava nei negozi, acquistava in dollari e pretendeva il resto in lire”.

D’Alessandro è uno che si è fatto da solo. Nato in una famiglia di contadini, senza possibilità economiche, tanto da non potersi neppure permettere gli studi, aveva ben chiaro cosa voleva: “il mio sogno era la Versilia, La Bussola”.

Così, a 17 anni, partì da Napoli, grazie alla musica:

“Napoli stessa è musica, era ed è normale nascere e crescere con il ritmo; è ovunque e tutti i miei amici suonavano, e quando ero ragazzo iniziavano a emergere grandi artisti come James Senese, Enzo Avitabile e lo stesso Pino Daniele. Con Enzo ho un bellissimo rapporto”.

Arrivò in Versilia e si piazzò fuori a La Bussola in attesa di incrociare Bernardini, il proprietario del locale. E ci riuscì.

Il lavoro di manager è cambiato negli anni:

“Fino a pochi anni fa era possibile un contatto diretto con l’artista, condividere con loro, crescere insieme. Oggi gli artisti sono circondati da pletore di avvocati e manager, sono diventati irraggiungibili, e quando devi concludere un contratto, ti trovi davanti tomi di carte, 300 o 400 pagine, mentre una volta erano un paio di foglietti e una stretta di mano. La colpa è nostra che abbiamo concesso tutto questo”.

Nel suo cammino ci sono stati Giorgia, con la quale ha lavorato 14 anni, Elton John, Joe Cocker,  Zucchero, James Brown. E’ stato anche il manager di Pino Daniele, per cinque anni.

“Con lui ho vissuto il periodo della colonna sonora di Pensavo fosse amore e invece era un calesse, la nascita di un capolavoro come Quando, e spesso frequentavamo Massimo Troisi. Con Massimo e Pino in auto verso Milano, a metà percorso ho inchiodato la macchina e mi sono fermato a lato della carreggiata: stavo male per le risate, non ne potevo più dal dolore ai reni. Pensare che sono morti per il cuore, e tutti noi credevamo che il malato fosse Pino… Non avevamo capito, lui non diceva nulla: il suo addio è stato uno choc”.

Di Pino dice che era

“Un uomo difficile, non amava il confronto, voleva il controllo totale e la sua parola era il verbo; però era Pino Daniele, un mostro di bravura, è stato lui ad aver sdoganato la musica napoletana”.

 

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