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LIBERATO ci fa capire che il Napoli non ha scelto la sua narrazione

La distanza tra il Napoli e la sua narrazione nella cultura pop contemporanea. In attesa del giorno in cui Aurelio De Laurentiis apparirà in un video trap.

LIBERATO ci fa capire che il Napoli non ha scelto la sua narrazione

Questo periodo della stagione calcistica è sicuramente tra i miei preferiti: le discussioni tecniche e tattiche perdono ogni valore poiché non esiste più tattica e non esiste più tecnica se una squadra alza una coppa davanti agli occhi di un’altra. Allo stesso modo il calciomercato resta ancora confinato in questa dimensione ludica, un po’ onirica e ci resterà ancora per qualche settimana.

Questo squarcio non regolamentato nella regolarità della narrazione calcistica ci permette di andare esplorare aspetti marginalissimi del gioco, delle persone che lo guardano e del rapporto tra il gioco e le persone che lo guardano. Vorrei cominciare da un’immagine che è, da qualche settimana, davanti agli occhi di molti napoletani:

Dal video TU T’E SCURDAT ‘E ME

Chiaramente avrei potuto scegliere qualsiasi altra immagine che certifica il rapporto del fenomeno LIBERATO (ne ha scritto anche Il Napolista) con il Napoli: lo stadio San Paolo, le riprese davanti al murales di Maradona. Scelgo questa per due ragioni: la prima è che è effettivamente molto bella, la seconda è che mi sembra la più rappresentativa del rapporto scollato tra il Calcio Napoli e la cultura pop che dovrebbe narrarlo. Intendo dire: LIBERATO, come personaggio, è sicuramente un tifoso del Napoli. Il punto è: che Napoli sta tifando LIBERATO?

Vorrei entrare nel dettaglio dello screenshot (preso direttamente dal video di TU T’E SCURDAT ‘E ME) perché quando diciamo che nell’iconografia di LIBERATO c’è il Calcio Napoli commettiamo un errore: questo frame qua, questo murales qua, con questo font, non stanno raccontando del Napoli come squadra di calcio. Chiaro che c’è un rimando al gioco, ma questo rimando è filtrato attraverso l’iconografia ultras. E ancora: le riprese del murales di Maradona raccontano del Napoli attraverso il filtro della mitologia, le riprese al San Paolo lo raccontano usando il filtro dell’architettura brutalista (un filtro, tra le altre cose, molto amato dalla narrazione non autoctona di Napoli, vedasi la passione per le Vele di Garrone & Sollima, ma ci torneremo poi).

Maradona, non Hamsik

Prendendo come riferimento il suo Tumblr (uno sguardo diretto sull’immaginario di LIBERATO) notiamo che ci sono altri riferimenti al Calcio Napoli:

Qui la scollatura è ancora più evidente: né un’esultanza di Hamsik, né un tiro a giro di Insigne, neanche, per assurdo, la rovesciata di Higuaìn quel giorno lì. Semplicemente una foto di Maradona all’Azteca che esulta indossando la maglia dell’Argentina. Non sono matto e non sto allontanando la storia di Maradona da quella del Napoli: sto mostrando, ancora una volta, che non esiste una narrazione diretta del Calcio Napoli. LIBERATO non ci ricorda quanto è bravo Sarri ma quanto è forte Maradona, una situazione paradossale perché proprio Sarri incarnerebbe quell’immaginario di rinascita europea che è uno dei punti forti delle campagne elettorali di De Magistris e su cui LIBERATO si va ad appoggiare (semplicemente chiamandosi LIBERATO e facendosi riprendere in piedi sui muretti dell’omonimo lungomare)

Gli unici momenti in cui LIBERATO  si concede una narrazione diretta del Napoli e del suo tifo per il Napoli contemporaneo sono momenti extra-diegetici, durante i titoli di coda di TU T’E SCURDAT ‘E ME appare un ringraziamento a Insigne, Mertens e Callejon. Il ringraziamento poteva stare ovunque all’interno del racconto e invece sta nei titoli di coda, in un momento esterno alla narrazione. Anche sulla sua pagina Facebook (sicuramente più informale rispetto al suo Tumblr nell’atto di costruire l’immaginario attraverso i simboli) ci sono riferimenti ad Insigne o Mertens, ma quando le cose tornano a farsi serie, quando c’è bisogno ancora di narrare formalmente, LIBERATO si affida al filtro dello scorrere del tempo per tornare a mostrarci la sua napoletanità: il suo Tumblr porta infatti il nome di liberato1926.

La coscienza del ruolo

Secondo me è esattamente questo il momento in cui confrontarsi con l’elefante enorme in questa stanza. LIBERATO è costretto ad utilizzare tutti questi filtri per narrare il Napoli per una ragione molto semplice: raccontare di questo Napoli è dapprima molto complicato è, successivamente, tragicamente uncool.

I motivi per cui il Napoli di De Laurentiis è così poco affascinante da raccontare (stiamo parlando di narrativa e non di giornalismo sportivo, chiaramente) sono tantissimi ma partono tutti, secondo me, da un errore fondamentale a monte: neanche De Laurentiis è ancora cosciente di quale ruolo questa squadra debba ricoprire nell’immaginario del popolo napoletano. Proverò a spiegare questa ipotesi analizzando, brevemente, il rapporto tra le altre squadre europee e le culture pop che le narrano e di come le altre culture pop narrano il Napoli.

Dal video Easy Smoking

Questo è un fotogramma dal video Easy Smoking del rapper Eyez in cui appare, molto probabilmente a sua insaputa, Antonio Conte. Eyez fa grime e in questo momento il grime è forse il genere che racconta meglio un certo mondo musicale londinese, underground, sperimentale, moderno, ma con gli occhi delle etichette puntati addosso. Il grime è un genere ancora contro-culturale, fieramente britannico e con un senso molto forte di rottura col passato. Il paragone con il sottostrato musicale che anima i pezzi di LIBERATO regge. Eppure Eyez non ha problemi a far entrare il Chelsea nella sua musica dalla porta principale, mostrandoci la faccia del suo attuale allenatore (attenzione: non quella di Mourinho, non quella di Zola o Drogba) e l’associazione immediata che Eyez vuole comunicare è evidente: sono un vincente come Antonio Conte.

Indecisione

Ovviamente l’autoaffermazione è una parte importante della retorica rap me questa è una retorica accettata, condivisa e supportata dal Chelsea e da Antonio Conte, anzi, è quel tipo di retorica che ha portato Conte sulla panchina della Juve prima e del Chelsea poi. Altrettanto ovvio è che quest’operazione non potrebbe mai essere ripetuta, ad esempio, da LIBERATO. Il Napoli, e con esso Maurizio Sarri, rifugge la retorica del vincente a tutti i costi schierandosi dalla parte dei deboli (i discorsi sul fatturato, le recriminazioni arbitrali) ma contemporaneamente ha l’ambizione non celata di elevarsi sopra a quegli stessi deboli per abbracciare una dimensione più europea (la rincorsa continua alla Champions League).

Questo cortocircuito narrativo è evidente anche ascoltando i telecronisti della tv nazionale o alcuni giornalisti di quella locale: non siamo automaticamente dei vincenti perché la nostra narrazione si basa sull’essere gli avversari dei vincenti (la Juventus) ma non siamo neanche i paladini della giustizia, tanto più che la narrazione mainstream di Aurelio de Laurentiis è quella che lo vuole pappone o ladro.

Chi siamo?

Paradossalmente, se ci pensate, De Laurentiis non è adatto né alla retorica autoaffermativa di un Enzo Dong (per citare un altro che ha potuto usare Higuaìn in un pezzo solo quando era già alla Juve) né a quella nostalgica di Liberato. Qui sta l’errore di posizionamento: siamo una squadra di vincenti? Siamo gli avversari dei vincenti? Anche la Roma, all’interno del microcosmo che è il calcio capitolino, ha scelto di abbracciare la retorica di essere la vincente, di essere la squadra dei romani ai danni della Lazio (una presa di posizione certificata narrativamente dalla Dark Polo Gang e dal suo usare il gagliardetto della Roma a fini promozionali) così come il Milan che costruisce i suoi stessi successi sulla base del rapporto di forza con l’Inter, vedasi quel: “club più titolato al mondo” contrapposto al perbenismo non vincente di Moratti.

Intanto il Napoli è costretto ancora ad interrogarsi su cosa vuole fare da grande narrativamente parlando, mentre la sua dimensione sportiva corre veloce verso una posizione di prestigio nel panorama europeo.

Dal video Le Monde ou Rien

Questo è un fotogramma dal video Le Monde ou Rien del gruppo rap francese PNL. Anche qua mi affaccio sullo stesso panorama culturale che ha permesso al fenomeno LIBERATO di esplodere: un gruppo dalla forte appartenenza territoriale (Le Monde ou Rien è uno degli inni dei giovani delle banlieu francesi contro l’austerity imposta dal governo) che ha fatto dell’anonimato e del mistero la sua cifra stilistica, costruita attorno a dei video di un bravo regista emergente. Questo video è ambientato alle Vele di Scampia (ancora la fascinazione dei non autoctoni per il brutalismo napoletano) e vede i protagonisti indossare delle maglie da calcio del Psg e del Barcellona. Un video ambientato a Napoli senza una maglietta azzurra del Napoli (vedasi anche il videoclip di Gomorra del rapper SCH, ambientato ancora nelle Vele con il protagonista che indossa una maglia del Bayern Monaco).

Il rap, in generale, utilizza le divise da calcio come simbolo di appartenenza alla strada perché sono dei capi di sportswear costosi, prodotti dai grandi marchi della globalizzazione, con impressi sponsor che strizzano l’occhio al lusso, all’appartanenza ad un certo status sociale (Qatar Airways, per esempio) e, per questo motivo, se i PNL mostrassero una maglia del Napoli nei loro video, risulterebbero addirittura comici.

Swag e altre distanze

Il Napoli non è sicuramente una squadra swag (come non è swag Insigne che dabba, a differenza di Pogba) ed il motivo è certamente da ricercarsi nel rifiuto di appropriarsi della dimensione globalizzata del calcio (vedi l’accanimento per sponsor dalla vocazione territoriale) e nell’affidarsi a sponsor tecnici di seconda fascia (praticamente: né Nike, né Adidas, condizione imprescindibile per lo swag) ma contemporaneamente non è neanche la squadra dei no-global, dei decelerazionisti, perché si riempie continuamente la bocca con le squadre satellite, con l’orientalizzazione del marchio, con la costruzione di uno stadio moderno (ovvero piccolo).

In questa indecisione generale il Napoli finisce per non essere né una squadra swag, globalizzata, a suo agio con la modernità ma neanche una squadra decelerazionista, anti-globalizzazione o paladina del calcio dei bei tempi andati. Siamo una squadra inadatta sia ad apparire in un video rap dei PNL sia in un video di, chessò, Enzo Avitabile. Facciamo queste incursioni nello swag (la maglia militare?) ma ci aggrappiamo ad un vago tradizionalismo piazzandoci sopra Lete come sponsor. Questo equivoco è lo stesso equivoco che poi non permette a pagine Facebook che gravitano intorno all’universo Napoli (penso, ad esempio, a Sarrismo – Gioia e Rivoluzione) di abbracciare il Napoli tout-court. Maurizio Sarri è un difensore di un passato glorioso (ruolo esplicitato dal simbolismo soviet) e questo va bene, ma col presidente che si fa? Non c’è posto, in questo contesto, per uno che parla di fondare una squadra satellite a Los Angeles.

Il nostro tempo

Neanche l’identità musicale riesce a collocarci sul mappamondo della cultura pop e questo è particolarmente grave per una città come Napoli che nella canzone popolare ci sguazza con comodità e sicurezza. Città con una tradizione musicale infinitesima rispetto alla nostra illuminano gli occhi del mondo pescando a piene mani da quella stessa tradizione che noi abbiamo e che non riusciamo a valorizzare.

Gli Oasis potrebbero, se volessero, coverizzare Blue Moon come affermazione diretta di amore verso il Manchester City. Qualsiasi gruppo di Liverpool potrebbe identificarsi con la squadra coverizzando You’ll Never Walk Alone. Se LIBERATO volesse usare la sua musica per dichiararsi tifoso del Napoli, di questo Napoli, del Napoli di De Laurentiis e di Marek Hamsik e non di una sua rilettura nostalgica, cosa potrebbe coverizzare? ‘O surdato ‘nnammurato è stata scempiata da una cover senza senso, Napul’è è stata tacciata di portare sfortuna e quindi eliminata per sempre. Bisognerebbe prendere una posizione al più presto per permettere a Napoli e al Napoli di introdursi nel discorso della cultura pop, per evitare di ritrovarsi a festeggiare uno scudetto sulle note di una canzone appartenuta a mille altre curve, che neanche cita Napoli direttamente.

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