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La cultura della resa delle squadre italiane in Europa

La Roma si fa rimontare tre gol come il Napoli, ma dal Lione. La Fiorentina ha fatto la stessa fine. È una questione culturale, solo la Juventus sta provando a cambiare mentalità.

La cultura della resa delle squadre italiane in Europa
La rimonta del Lione che ha battuto la Roma 4-2 da 1-2

La Roma si è fatta rimontare tre gol (ma dal Lione)

L’Italia rischia di ritrovarsi per l’ennesima volta rappresentata nei turni finali delle coppe europee da un’unica squadra. Ad eccezione della stagione 2014-15 (quella con Napoli e Fiorentina semifinaliste in Europa League e la Juventus finalista in Champions League), il calcio italiano negli ultimi anni è sempre stato rappresentato poco e male durante gli ultimi turni delle Coppe.

Come il Napoli a Madrid, anche la Roma si è fatta battere con due gol di scarto fuori casa. Anche la Roma si è fatta rimontare come è accaduto due volte al Napoli. E anche la Roma si è fatta segnare tre gol in sequenza come il Napoli.

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Naturalmente con i dovuti distinguo, perché il Lione non è il Real Madrid.

L’incapacità di gestire il vantaggio

Però questa incapacità di gestire vantaggi importanti da parte delle due squadre che esprimono il miglior calcio in Italia è lampante e, almeno in parte, preoccupante.

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A parte la fisicità, più volte tirata in ballo dagli osservatori italiani e che probabilmente è un handicap reale, dietro le rimonte subite da Roma e Napoli c’è quasi un fatto culturale tutto italiano. Senza dimenticare che appena due settimane fa anche la Fiorentina era stata vittima di una rimonta avversaria da record, una comoda qualificazione persa con quattro gol subiti in pochi minuti.

Napoli

Sergio Ramos dopo uno dei due gol al San Paolo

La paura di essere rimontati

Prima di tutto c’è l’evidente incapacità di controllare le partite a proprio vantaggio. La paura di essere rimontati e la convinzione dell’ineluttabilità di una reazione avversaria, accettata quasi con rassegnazione, finiscono per trasformare la preoccupazione in realtà. E quest’ansia spesso si trasforma in rinuncia ad attaccare fino alla fine. Una volta rimontate, poi le squadre italiane sembrano spesso incapaci di reagire e cambiare il corso della partita.

Spesso anche il pensiero del campionato incombente, che storicamente resta l’obiettivo principale di tutte le squadre italiane anche quando disputano le coppe europee, finisce per pesare nei finali di partita dei nostri club. La convinzione che si possa risparmiare qualche energia in vista delle partite del weekend successivo è un pensiero che passa, consapevolmente o inconsciamente, sia nella mente degli allenatori che in quella dei calciatori.

E ciò accade quando si è in vantaggio e ci si illude che si possa portare il risultato a casa senza ulteriori sforzi, ma soprattutto quando si ha la sensazione che ormai la partita sia persa.

Solo la Juventus sta lentamente provando a cambiare

Solo la Juventus, unica squadra italiana che ormai fa della Champions League l’obiettivo principale della stagione, sta lentamente provando a cambiare, dopo anni di sconfitte, questa cultura della resa.

Anche se a sua volta raramente è riuscita ad ottenere risultati importanti in Europa in questi ultimi anni.

La differenza culturale

Il calcio delle coppe europee è tutto in questa differenza culturale tra quelle squadre che non prendono neanche in considerazione l’idea di uscire sconfitte dal campo e quelle che pensano invece che potrebbe accadere, anche quando sono in vantaggio, fino a quando questo timore finisce per diventare realtà.

Gli allenatori delle squadre italiane dovranno lavorare molto su questa mentalità se si vorranno evitare ulteriori sconfitte in Europa, soprattutto nei turni ad eliminazione diretta, nei quali le squadre straniere difficilmente mollano o rallentano prima del fischio finale.

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