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Ventura, tre giorni fa da bocciare e oggi un eroe: la sentenzite non colpisce solo il web

Dalla sconfitta con la Francia alla vittoria con Israele: come sono cambiati i giudizi degli opinionisti sul ct della Nazionale.

Ventura, tre giorni fa da bocciare e oggi un eroe: la sentenzite non colpisce solo il web

Che l’Italia fosse un paese di tuttologi era noto da tempo, non servivano certo i social e il suo esercito di “webeti” (copyright Mentana) per scoprirlo. Spesso si sente incolpare il web per aver trasformato dei semplici cittadini in massimi esperti di politica, finanza mondiale, terrorismo e – ultimamente – anche di geologia. Ma non è così: il web è soltanto un megafono che dà voce a chi tuttologo lo era già prima, ma poteva sfoggiare il suo presunto eclettismo soltanto al bar davanti a pochi intimi. C’è però un’altra patologia che affligge un alto tasso di nostri connazionali: la sentenzite. Ne è affetto chi non solo sa di tutto, ma capisce anche prima degli altri un evento e i suoi sviluppi, e per questo spara giudizi immediati su qualsiasi vicenda. Non importa quanto tranchant, poiché il web è clemente e ti permette di affermare tutto e il suo contrario senza che nessuno possa dirti nulla.

Magari, però, fosse solo un problema degli utenti social. La sentenzite è una malattia che non fa sconti e colpisce tutti, sia chi si limita a commentare qualche post su Facebook, sia chi scrive sui più importanti quotidiani nazionali. E se è vero che per l’italiano non esiste argomento tabù, è vero anche che nulla come il calcio, stimoli in lui quella necessità irrefrenabile di dire la sua opinione. E poi magari cambiarla solo qualche giorno dopo.

L’ultimo caso riguarda la Nazionale Italiana di calcio, e in particolare il suo nuovo commissario tecnico, Giampiero Ventura. L’allenatore genovese si trova nel difficile compito di sostituire Antonio Conte condottiero dell’ottima spedizione azzurra agli ultimi europei e per questo rimpianto da gran parte dell’opinione pubblica. Il 29 agosto, Ventura riceve per la prima volta i suoi nuovi giocatori. Tre giorni dopo, il 1° settembre, esordisce in amichevole contro la Francia, che batte l’Italia 1-3. Il buon senso imporrebbe calma nei giudizi: la Francia è la nazionale vicecampione d’Europa, e Ventura, con soli tre giorni di allenamento, a malapena ha avuto il tempo di imparare tutti i nomi. E invece i giornali sportivi italiani non la pensano così. Il giorno dopo, Tuttosport titola: “Esordio shock: Ventura, in Israele non puoi fallire”. Impietoso e vagamente simpatico anche il titolo di QS Sport: “DisavVENTURA”. Poi c’è chi entra nell’aspetto tecnico, riesumando il capo d’accusa più comune per ogni C.T. della Nazionale: le convocazioni. Ad esempio Luigi Garlando, che sulla Gazzetta dello Sport scrive: “Dovrebbe valere la primitiva saggezza dei bambini al parco: chi è più bravo, gioca. C’è qualcuno che dribbla meglio, corre più veloce, calcia più preciso di Berardi? No, allora va in campo lui, poi di schemi ne parliamo”.

Il commento più duro è però quello di Paolo De Paola, direttore di Tuttosport. Il giornalista interviene a “100 secondi di sport”, su Rds, e attacca: “Prima partita dell’Italia e prime scuse di Giampiero Ventura. «Solo tre giorni… è l’inizio… bisognerà avere pazienza…».”. Poi rimpiange i bei tempi andati: “Eravamo abituati a Conte che, in pochissimo tempo, era riuscito a dare dignità al gioco dell’Italia e soprattutto a offrire agli occhi del mondo una squadra non di alta qualità ma di alta intensità. E soprattutto convincente sul piano tattico e sul piano del gioco. Questo manca del tutto in questa prima apparizione.” De Paola ci prova anche a mostrarsi possibilista: “E va bene, vogliamo essere buonisti e aspettiamo la prossima apparizione contro Israele. Ma ci sembra che questa sia una proposizione vecchia, che riporta indietro l’Italia di qualche anno. Ormai nessuno più gioca così”. Così come? Forse non la sa nemmeno De Paola, che però sa benissimo cosa manca all’Italia di Ventura: “ci vuole intensità. E non è solo una parola: l’intensità si ottiene dai giocatori grazie al carisma di un allenatore e alla capacità di tenere alta la squadra”. Tutto più chiaro, adesso. I problemi quindi sono due: uno caratteriale, l’altro tattico, il saper tenere “alta” la squadra. Tra Conte e Ventura, quindi, secondo De Paola, l’allenatore più difensivista sarebbe il secondo e non il primo. Sarà. Del resto, prosegue il direttore: “È semplice a volte il gioco del calcio. Lo ha insegnato anche Conte (aridaje). […] Ormai lo hanno capito tutti (persino De Paola, ndr). Forse non ancora Ventura”.

Passano quattro giorni e arriviamo alla partita di ieri. È la prima gara di qualificazione ai prossimi mondiali e dunque il primo test ufficiale per Ventura. Si gioca in Israele, non certo contro una corazzata, ma poco importa: l’Italia vince 3-1 e il giudizio dei giornali su Ventura cambia improvvisamente. Il Corriere dello Sport titola trionfante: “ITALIA COSÌ SÌ”. Il sito online di Tuttosport esordisce invece con “L’ITALIA DI VENTURA C’È”. Dalla Gazzetta dello Sport arriva qualche timida ammissione di colpa. Scrive Fabio Licari: “Forse sarà il caso di rivedere il debutto con la Francia, almeno al netto degli errori individuali”. Dici? Si sarà imparato che bisognerebbe avere più equilibri nei giudizi? Assolutamente no: la vittoria con Israele scatena l’effetto opposto. Adesso Ventura è il nuovo Messia. Continua Fabio Licari: “Comincia a vedersi l’Italia di Ventura, più logica, più intelligente, più letale”. Il suo collega Andrea Elefante è invece sicuro: “È già l’Italia di Ventura”. Luigi Garlando conferma: “Ad Haifa è nata l’Italia di Verratti e Ventura: la V2”. Più cauto invece Andrea Santoni sul Corriere dello Sport, che parla di una “squadra che inizia a essere di Ventura”.

Ma l’aspetto più sorprendente è che adesso tutti i giornalisti amano Ventura perché ha riproposto – secondo loro – il “gioco all’italiana”. Il catenaccio e il contropiede. Gli italiani vanno matti per queste due cose qui. Quando l’Italia (o una squadra italiana) perde, la colpa è sempre del Catenaccio&Contropiede che è un sistema di gioco vecchio, superato, poco europeo. Ma quando gli allenatori italiani vincono (vedi Ranieri, vedi lo stesso Conte), ecco che il gioco all’italiana si conferma il sistema più efficace e partono le celebrazioni. Lo conferma anche il solito Garlando (“Vecchio, caro, insostituibile contropiede, amico dei giorni più lieti…”). Ma il più entusiasta è Alessandro Vocalelli il cui editoriale sul Corriere dello Sport si intitola “Bravo Ventura: coraggio e contropiede”. E poi scrive: “Ma sì, diciamolo, senza doverci vergognare e usando quel termine – il contropiede – che i maestri degli ultimi anni hanno sostituito con “ripartenza” perché fa più chic. Il contropiede è invece un’arma micidiale che però bisogna saper utilizzare. E su questo un bravo incondizionato va a Giampiero Ventura che ama il bel calcio e ha anche il coraggio di giocare in contropiede”. Se solo lo leggesse De Paola.

Viene naturale chiedersi cosa sarebbe successo se ieri l’Italia non avesse vinto ma fosse tornata da Haifa con un pallido pareggio o addirittura una sconfitta. E sarebbe potuto succedere benissimo, visto che gli Azzurri hanno giocato in dieci per oltre quaranta minuti e hanno sofferto più volte nel corso del secondo tempo. Sarebbe bastato un episodio, un rimpallo sfortunato o una deviazione maligna per far pareggiare la partita a Israele e far vivere a Ventura un altro mese di critiche, magari proprio per aver scelto (sempre che di scelta si possa parlare) di affidarsi al catenaccio e al contropiede per difendere il vantaggio. Del resto, la storia del calcio è piena di carriere giudicate sulla base di singoli episodi. È del tutto ingiusto e privo di logica, ma proprio per questo il calcio è così amato. Perché permette a tutti di sparare il proprio giudizio. E poi di cambiarlo la partita dopo, come se nulla fosse successo.

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