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Dinamo Kiev: storia e tradizioni europee, presente in rialzo ma senza stelle (a parte Yarmolenko)

La prima delle nostre schede sulle avversarie del Napoli in Champions: gli ucraini hanno ribaltato il dominio dello Shakthar, ma non sono ancora ai livelli di un tempo.

Dinamo Kiev: storia e tradizioni europee, presente in rialzo ma senza stelle (a parte Yarmolenko)
Il primo gol di Milik alla Dinamo KIev (foto Cuomo - sito del Napoli)

Oleg Blochin, Valery Lobanovski. Andriy Shevchenko, Sergiy Rebrov. La storia del calcio ucraino passa dalla Dinamo Kiev, per la Dinamo Kiev. Per gli uomini che hanno scritto l’epopea di questo club, pure quando l’Ucraina non esisteva perché c’era l’Urss. Nonostante la dipendenza da Mosca, il calcio russo nasceva ed esplodeva soprattutto nel club che in Champions League affronterà il Napoli. È una prima volta assoluta, un incrocio inedito, e la colpa è più che altro del club partenopeo: la Dinamo, infatti, conferma il rango di nobile del calcio continentale attraverso le sue 53 partecipazioni alle coppe europee. Da quando l’Ucraina ha dichiarato la sua indipendenza, la Dinamo non ha mai saltato una stagione tra Champions League e Coppa Uefa/Europa League. E già questo, in qualche modo, dovrebbe far riflettere il Napoli sulla difficoltà di giocare contro una tradizione internazionale così importante, così radicata. Non siamo ai livelli del Benfica, ok, ma la distanza storica non è così ampia. Quella del campo, almeno e fortunatamente, esiste. E controbilancia un doppio match che, giocandosi solo sul terreno del blasone, vedrebbe il Napoli sicuramente sconfitto. Lo leggi nelle due Coppe delle Coppe e nella Supercoppa Europea vinte, nella semifinale di Coppa Campioni raggiunta nel 1977, 1987 e 1999. Il fatto che siamo in un’altra epoca, quindi, sorride al club azzurro.

L’organico e i risultati

Sì, sorride. Perché, diciamolo: questa Dinamo Kiev – allenata proprio da quel Rebrov che fu scudiero e gemello del gol dello Shevchenko pre-Milan – non presenta grossissime individualità. Un solo nome spicca sugli altri: quello di Andriy Yarmolenko, numero dieci e maggior talento della Dinamo e quindi del calcio ucraino. Un calciatore fantasioso, estroso, che però non è ancora riuscito a imporsi al punto di meritarsi una chiamata in un campionato più importante, in un contesto più vicino alle sue doti. Che sono di altissimo livello, e lo leggi nei 128 gol e 84 assist realizzati in 325 match giocati con la Dinamo, a cui si aggiungono le 25 reti segnate in 62 presenze con la maglia dell’Ucraina. Numeri da centravanti per uno che, in realtà, sarebbe un esterno d’attacco. Quindi, ancora più importanti.

Accanto a lui, fiorisce un organico non proprio rigoglioso: dopo i suoi 22 milioni di euro di valutazione (fonte Transfermarkt), ci sono i 9 del paraguaiano Derlis Gonzales (22 anni) e gli 8,50 del difensore croato Vida, promesso sposo del Torino che sta per cedere Maksimovic (forse, ovviamente). La squadra ucraina, in questa sessione di mercato, ha perso l’altro cardine della difesa: l’austriaco Dragovic, passato per una cifra importante (18 milioni di euro) ai tedeschi del Bayer Leverkusen. Insieme a lui, sono andati via Petrovic e soprattutto Miguel Veloso, regista portoghese tornato al Genoa dopo un’esperienza di quattro anni in Ucraina. Che si è raddrizzata solo verso l’ultima curva, con i due titoli consecutivi che hanno interrotto il dominio dello Shakthar Donetsk dopo cinque anni di vittorie ininterrotte. Un’egemonia spazzata via dalla difficile situazione della città dell’Ucraina sud-orientale, certo, ma che però ha riportato in auge il club che fu il laboratorio di Lobanovski per creare il calcio del 2000. Quella roba di velocità e interscambio di ruoli che negli anni Settanta e Ottanta stupì il mondo del pallone europeo senza riuscire a portarsi a casa nessun grande titolo internazionale al di là delle due Coppe delle Coppe e della Supercoppa Europea di cui sopra, oltre alla medaglia d’argento a Euro 88.

Oggi, quindi, il presente è più roseo rispetto al passato. I due recenti titoli consecutivi in bacheca, la partenza a razzo in campionato con cinque vittorie nelle prime cinque partite. E una ritrovata credibilità europea dopo la qualificazione agli ottavi raggiunta lo scorso anno. La Dinamo ci riprova quest’anno, ma la campagna acquisti è stata quantomeno deludente: giusto i ritorni a casa dai prestiti di Kravets, Mbokani, Belahanda. Nulla di trascendentale, quindi, al di là di Yarmolenko. E di altri due-tre alfieri: il 33enne Gusev, il 29enne brasiliano Danilo Silva. E poi, il mitico Oleksandr Shovkovsky: 41 anni e una vita alla Dinamo. Era titolare quando Shevchenko e compagni sfiorarono l’accesso alla finale della Champions 1998/99. C’è pure oggi, anche se i tempi sono un po’ cambiati.

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I precedenti con il Napoli e con le italiane

Le partite del 13 settembre e del 23 novembre saranno una prima volta assoluta per il club partenopeo, che però ha un precedente contro un club ucraino. Un precedente recente, due partite contro il Dnipro. Che forse è meglio non ricordare. Per quanto riguarda invece gli incroci con squadre italiane, il bilancio della Dinamo è davvero pessimo: 20 match giocati con 12 sconfitte, 6 pareggi e solamente 2 vittorie. Le affermazioni, curiosamente, sono arrivate nella stessa stagione e contro la stessa squadra: annata 2004/2005, doppio successo con la Roma (0-3 all’Olimpico e 2-0 a Kiev). L’ultimo precedente in ordine temporale contro la Fiorentina di Montella, quarti di finale dell’Europa League 2014/2015: 1-1 in Ucraina e 2-0 per i viola al Franchi. Il Napoli esordirà proprio in Ucraina, all’Olimpico di Kiev. Lo stadio dove perse la finale di Europa League contro il Dniporo. Non volevamo ricordarlo, abbiamo dovuto farlo per forza. Giusto alla fine. Ma prendiamolo come un modo per esorcizzare la paura del precedente negativo. Questa Dinamo non è da sottovalutare, ma è una sorella minore della grande squadra che fu. E questo Napoli può vincere, decisamente, anche a casa sua. Per scacciare i fantasmi, di due anni fa e magari anche quelli di oggi.

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