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Conte è stato un ottimo allenatore ma un mediocre selezionatore

Conte è stato un ottimo allenatore ma un mediocre selezionatore

Si è parlato molto, in queste settimane di Europei, dell’Italia di Antonio Conte come di una nazionale con una mentalità da squadra di club, per la coesione tattica e morale incarnata in quella capacità, da squadra più che da selezione, di sopperire all’assenza di stelle conclamate e calciatori di classe grazie all’unità d’intenti di un gruppo d’acciaio e alla capacità di leggere tra le pieghe della partita più velocemente e meglio rispetto ad avversari magari molto più dotati dal punto di vista della tecnica pura e della classe.

Questa considerazione, così di moda tra gli addetti ai lavori, è l’inevitabile corollario di un assioma che evidenzia, altrettanto inevitabilmente, una palese scollatura tra il Conte allenatore “da squadra di club” e il Conte selezionatore “da nazionale”. Ed è su tale palese scollatura e sulle sue dirette conseguenze che s’è giocato il destino dell’Italia agli Europei; destino probabilmente già scritto fin dalle discusse e discutibili convocazioni contiane.

Proprio a quelle convocazioni e alla loro assoluta coerenza interna bisogna ritornare per comprendere meglio il cammino dell’Italia nel torneo francese e, soprattutto, la dolorosa ma meritata eliminazione di ieri sera nei quarti di finale contro la Germania, dopo una serie di calci di rigore giunta addirittura al nono turno di tiri. Contro i campioni del mondo in carica, infatti, gli azzurri hanno giocato praticamente senza centrocampo, elemento risultato poi determinante ben al di là della maggiore o minore casualità dei tiri dal dischetto. Il lungo elenco degli assenti in quel reparto nevralgico comprendeva, già prima dell’inizio dell’Europeo, gli infortunati Verratti, Marchisio, Montolivo e gli esclusi dalle convocazioni Jorginho e Bonaventura; durante l’Europeo, si sono aggiunti gli infortunati De Rossi e Candreva e lo squalificato Thiago Motta.

Conseguenza di tutto ciò è stato l’obbligo da parte di Conte, per mancanza di alternative, di affrontare i vari Kroos, Khedira e poi Schweinsteiger con un Parolo fuori ruolo e uno Sturaro del tutto fuori contesto a tali livelli: entrambi hanno assicurato tanta corsa, generosità, impegno ma poco di più, col primo meglio del secondo, che per eccesso di irruenza e inesperienza ha anche rischiato in un paio di occasioni di essere espulso e di lasciare la squadra in inferiorità numerica.

Tale mancanza di alternative, però, se l’è costruita da solo lo stesso Antonio Conte, quando ha deciso di escludere dalle convocazioni il miglior regista della Serie A 2015-2016, cioè Jorginho, ma anche un ottimo centrocampista polivalente come Jack Bonaventura, peraltro tra i pochi a salvarsi nella stagione-flop milanista, a favore di un ex calciatore mezzo rotto come Thiago Motta e di una onesta riserva della Juventus come Sturaro. A quel punto, fin dall’inizio della spedizione transalpina dunque, veniva certificata l’assoluta insostituibilità – oltre che del quartetto difensivo juventino Buffon-Barzagli-Bonucci-Chiellini – di Daniele De Rossi in mezzo al campo. E, infatti, finché il romanista è rimasto in piedi l’Italia è riuscita a vincere il girone di primo turno davanti al Belgio (dominato!) e a eliminare una Spagna peraltro in evidente declino (dominata!) negli ottavi di finale. Perso De Rossi per infortunio, però, il castello è crollato. E non credo che un Thiago Motta non squalificato, ma francamente in condizioni fisiche improponibili, avrebbe potuto fare meglio di Parolo o Sturaro contro il fortissimo centrocampo tedesco.

Ma un Jorginho tonico e ben motivato, quasi certamente, avrebbe sì potuto fare meglio dei due improvvisati titolari di ieri sera, assicurando ordine, geometrie, ben più di due passaggi riusciti di fila (evento raro tra le fila italiane), oltre a quel dinamismo e a quella fermezza nei contrasti che chi segue regolarmente le partite del Napoli ha imparato ad apprezzare. Sono abbastanza sicuro, tra l’altro, che il centrocampista italo-brasiliano avrebbe colto con i tempi giusti e la necessaria qualità nel lancio, alla mezz’ora del primo tempo, il bel taglio centrale di Giaccherini nell’enorme buco difensivo tedesco, lanciando il compagno in porta come ha fatto con successo decine di volte in campionato. Parolo e Sturaro, invece, del taglio di Giaccherini non si sono nemmeno accorti, preferendo una scontata apertura sulla sinistra verso De Sciglio e perdendo così un decisivo tempo di gioco. E, per come s’è concluso il match, mi sembra persino cattivo aggiungere che Jorginho è anche un rigorista di un certo livello…

La scollatura tra il Conte allenatore (ottimo) e il Conte selezionatore (mediocre) ha proprio nelle mancate convocazioni di Jorginho e Bonaventura la sua incarnazione perfetta. Per tutto il torneo, infatti, il tecnico ex juventino ha allenato a un livello altissimo, vincendo tutti i duelli tattici con i suoi avversari (il belga Wilmots e lo spagnolo Del Bosque stanno ancora cercando di capire come li abbia battuti, ma anche ieri sera il c.t. tedesco Joachim Loew è stato costretto a snaturare tatticamente la disposizione della sua fortissima squadra), tirando fuori il sangue dalle rape, cementando un gruppo granitico, enfatizzando i punti di forza della sua squadra e nascondendo quasi fino in fondo quelli deboli, riuscendo a portare una nazionale di rara mediocrità fino a un rigore dalla semifinale europea.

Come selezionatore, però, il giudizio nei suoi confronti diventa molto meno positivo, perché l’estremizzazione della sua visione “militaresca” di calcio, con una squadra concepita e strutturata come una falange composta da soldatini ordinati pronti a buttarsi nel fuoco senza la minima esitazione, ha portato a una serie di esclusioni di giocatori giovani, talentuosi e probabilmente già pronti per la ribalta continentale, sulla base di una errata equiparazione concettuale tra talento e presunta sregolatezza (spesso molto presunta, come nel caso di Insigne, che in un contesto calcistico non “contiano” sarebbe titolare inamovibile dell’Italia). Tra i compiti di un bravo selezionatore, invece, c’è anche quello di saper gestire il talento a disposizione.

Un bravo selezionatore dovrebbe avere sempre il coraggio di privilegiare il talento e la forza di inserirlo nel contesto tecnico-tattico-ambientale da lui ritenuto più congeniale e proficuo per ottenere i risultati sperati, mentre nelle scorse settimane sull’altare del “contismo” sono stati sacrificati troppi talenti italiani, che avrebbero almeno potuto offrire qualche credibile alternativa tecnica ai titolari: Rugani, Romagnoli, Baselli, Benassi, Jorginho, Bonaventura, Soriano, Berardi, Belotti, lo stesso Gabbiadini pur poco impiegato in campionato (anche lui rigorista, per inciso).

Concludo queste riflessioni in libertà ricordando che, senza l’exploit di un Mario Balotelli ben diverso da quello attuale, quattro anni fa l’Italia di Prandelli non sarebbe riuscita a battere la già allora fortissima Germania nell’edizione degli Europei poi persa in finale con la Spagna. A dimostrazione di come il talento, anche realmente ingestibile come quello di Super-Mario, è sempre meglio averlo a disposizione, anche una tantum, piuttosto che non averlo.

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