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Formisano spiega come cresce l’azienda Napoli fuori dal campo

Formisano spiega come cresce l’azienda Napoli fuori dal campo

Ieri, presso l’aula T-2 del Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli studi di Napoli Federico II, si è tenuto il sesto e ultimo incontro del seminario «Napoli: la città, la squadra e i suoi eroi». L’incontro dal titolo «Eroi contemporanei. La Ssc Napoli e i suoi campioni nell’attuale industria del calcio spettacolo» ha chiuso il ciclo seminariale, offrendo la possibilità di riflettere sul calcio da una prospettiva differente rispetto a quella a cui siamo abituati. A differenza degli scorsi appuntamenti che hanno raccontato gli eroi più rappresentativi della squadra del Napoli nel corso degli anni, l’appuntamento conclusivo è stato dedicato al calcio moderno e alle caratteristiche che si celano dietro una società sportiva, al di là del gioco stesso.

Non si è parlato di Pal’e fierro, di O’ Lione, né tanto meno del grande Diego… protagonista dell’incontro è stata, infatti, l’industria – o azienda – Ssc Napoli; l’attenzione dunque è stata dedicata all’aspetto economico della società di calcio partenopea, in quanto non va dimenticato – come messo in luce dal professor Luca Bifulco – che il calcio e tutti i rituali ad esso connesso generano numerosi indotti economici. Se per i tifosi “più romantici” l’accostamento tra la propria squadra e un’industria è assolutamente da cancellare, poiché impensabile, l’incontro di oggi ha invece sottolineato l’importanza dell’intreccio tra l’aspetto più poetico e quello più materiale del calcio, mettendo in luce che, soprattutto nell’epoca contemporanea, è un’utopia pensare di “vivere di solo cuoio”.

Tocca a Bifulco aprire le danze. Una volta ripercorso l’iter delle varie tappe del seminario, dando modo agli ospiti nuovi di inquadrare le tematiche affrontate, sono stati presentati i relatori invitati: oltre al professor Francesco Pirone e al professor Oscar Nicolaus, moderatore dell’appuntamento, sono stati invitati Alessandro Formisano, Head of operations, sales and marketing della SSC Napoli e Massimiliano Gallo, direttore de Il Napolista.

Dopo la breve presentazione fatta da Bifulco, la parola passa a Nicolaus che introduce l’argomento spaziando da Borges a Mallarmè e lascia spazio a Formisano.

L’intervento del responsabile del marketing del Napoli ha offerto numerosi spunti interessanti che riguardano la dimensione prettamente materiale del calcio, dimensione cui non si è abituati a pensare ma che rappresenta un elemento fondamentale per ogni club. È, infatti, il mercato a costituire la chiave centrale nell’industria-calcio. Il mercato è una dimensione complessa e gli elementi che gli danno forma sono numerosi; è fondamentale saperli gestire bene per raggiungere un livello soddisfacente di ottimizzazione: un concetto, questo, prettamente industriale, ma fondamentale per tenere i conti di una società di calcio, aspetto che non va per nulla trascurato anche in vista del risultato sportivo.

Dunque, come ha chiarito Formisano, è importante ad esempio la gestione sportiva del calciatore ma anche la gestione del suo benessere in quanto individuo e del benessere della sua famiglia (perché se la famglia non è contenta, il giocatore non renderà mai al massimo); è importante la gestione dello stadio ma anche quella del centro tecnico d’allenamento, poiché se lo stadio rappresenta il palcoscenico dello spettacolo del gioco del calcio, il campo di allenamento è la fabbrica in cui ci si prepara al tanto atteso spettacolo; è fondamentale tutelare il calciatore, gli investitori, i tifosi. Sono tutti aspetti che anche quando non producono direttamente ricavi sono essenziali per tenere i conti della società.

A questi aspetti per così dire “indiretti” seguono gli aspetti “diretti”, ovverosia quelli che producono economia in senso stretto. Come il merchandsing, dalla magliette alle scarpe a tanti altri prodotti, settore che ha visto lo staff del Napoli operare con attenzione dettagliata, sebbene nell’ambito del calcio da questo punto di vista non esista concorrenza (basti pensare al fatto che un tifoso non acquisterebbe mai una maglietta di una squadra differente dalla sua). Ma anche le sponsorizzazioni e addirittura il gaming (vale a dire i diritti d’immagine legati ai videogiochi) che permette un’identificazione completa e attiva con i propri idoli: nel 2015, per la prima volta, un giocatore del Napoli – Higuain – è finito in copertina del gioco Fifa. Insomma, tutti elementi che insieme a diritti Tv o alla vendita dei biglietti, come sottolineato da Nicolaus, anche se sono meno poetici rappresentano una parte del sistema calcio importante e oggi inevitabile. Anche la scelta degli sponsor non è casuale: sulla maglia del Napoli compaiono aziende campane che si sono affermate in Italia e non solo, come Acqua Lete e Pasta Garofalo. Oggi, ha ricordato Formisano, il brand Napoli Calcio vale 30-32 milioni ed è tra i primi venti in Europa.

È alla spiegazione tecnica di Formisano che si allaccia Massimiliano Gallo, che si definisce un “malato” di calcio affascinato dall’industria-calcio. Il legame tra i due aspetti non va trascurato e non è poi tanto scontato. Il calcio è anche altro. Il conto economico è fondamentale, ma, come sottolinea Gallo, soprattutto nella realtà partenopea si è troppo legati ad un calcio nostalgico, per cui non è semplice abbattere la sacralità di un calcio che vorrebbe essere distante dal denaro. Bisogna comprendere che i risultati sportivi sono la diretta conseguenza della salute economica del Napoli, non il contrario. E anche i media potrebbero lavorare in questa direzione: allargare le prospettive e far capire che il cosiddetto calcio moderno è anche questo. ANCHE questo, non SOLO. Infatti il calcio moderno non è comunque qualcosa che si riduce soltanto ai conti. Volendo utilizzare le parole di Nicolaus, è un qualcosa che coniuga poesia e prosa.

Eppure non è semplice accettare questa dimensione economica del calcio. Sono tanti i tifosi che immaginano di vivere di solo cuoio e questi, come ha puntualizzato Pirone, non vanno demonizzati poiché i rituali, le pratiche, il senso comune delineano un “calcio romantico”, quel calcio che piace davvero a tutti.

Si conclude così il percorso seminariale «Napoli: la città, la squadra e i suoi eroi», un iter molto interessante che ha permesso di ragionare sul calcio che, oltre ad essere un bello sport popolare, è anche una realtà che merita riflessioni accademiche: il calcio produce società e allora perché non studiarlo?

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