Cerco di scriverne nel modo più asettico possibile. Raccontando e provando a non giudicare.
Come ogni domenica, mi reco allo stadio San Paolo col mio bandierone di Rafa. Potrei scrivere un libro su come siano cambiate le reazioni dei passanti nel corso di questi mesi alla vista del faccione del tecnico spagnolo. In principio di stagione furono occhiatacce, battute, l’immancabile accusa di uccellismo del malaugurio. Poi, progressivamente, siamo passati ai selfie al fianco di Rafa, alle domande sulla paternità della bandiera e per i più attenti alle affinità con quella rossa di Liverpool.
Ma non divaghiamo. Come ogni domenica, dicevo, arrivo molto presto allo stadio perché la trafila burocratica da superare presenta sempre una sua complessità. In genere cominciano a sbracciare da lontano: “non può entrare”. Ormai – io e l’adolescente che mi accompagna – ci siamo abituati, nemmeno ci facciamo più caso. In genere ricordiamo l’iter seguito, qualche volta mostriamo la mail del Calcio Napoli che ci assicura che non c’è bisogno di alcuna autorizzazione scritta e prima o poi riusciamo a superare lo sbarramento e ad entrare trionfalmente col faccione di Rafa.
Stavolta no. Premessa: so che in genere c’è bisogno di un’autorizzazione del cosiddetto Gos, credo un gruppo operativo speciale della polizia che si occupa di striscioni e bandiere. Ne scrivemmo al Calcio Napoli, sottolineando come – giustamente – all’ingresso ce ne facessero esplicita richiesta e quindi chiedemmo quale fosse l’iter da seguire per essere in regola. Come detto, la Società ci scrisse che non ce n’era bisogno perché la bandiera non era di proporzioni tale da richiedere un’autorizzazione particolare.
Tutto questo oggi è diventato carta straccia. All’ingresso del varco dei Distinti di fronte al vecchio Caffè degli Azzurri (oggi non so come si chiami), il responsabile della polizia è stato irremovibile. Ha sequestrato il bastone della bandiera e la bandiera stessa. A nulla è valso appigliarsi alla consuetudine, allo scambio epistolare. Non solo, ci è stato fatto comprendere che abbiamo anche usufruito di un doppio trattamento di favore: non ci è stato fatto alcun verbale amministrativo (la bandiera è troppo grande) che avrebbe avuto come conseguenza il sequestro del biglietto della partita regolarmente acquistato; e al termine dell’incontro la polizia ci avrebbe gentilmente atteso per la riconsegna del vessillo. Evento questo eccezionale perché la merce sequestrata finisce nel cassone e tanti saluti.
I dialoghi ovviamente si sono svolti nella massima educazione, ci mancherebbe. Non ho pregato il dirigente di non sequestrami il biglietto, mi sono limitato a un: “Faccia il suo dovere”. Devo dire che il mio animo era diviso a metà: da un lato provavo un senso di rabbia e frustrazione che ho trattenuto alla Rafa (mi saranno venute le gote rosse); dall’altra però il calvinista che è in me riconosceva che il poliziotto stava compiendo il proprio dovere e chiedeva un’autorizzazione – quella del Gos (che il Napoli mi ha scritto non essere necessaria e così effettivamente è stato fino a oggi) – che io non avevo. Una rigidità che spesso ho invocato per la mia Napoli (non tanto per l’innocua bandiera di Rafa, ma va bene lo stesso) e contro cui ora stavo andando a sbattere.
Al termine della partita ho trovato i poliziotti ad aspettarmi. Mi hanno riconsegnato la bandiera e ricordato che la prossima volta non ci sarà questo trattamento di favore (che io non ho in alcun modo richiesto). Ho abbozzato una discussione, poi mi sono ricordato l’un-due-tre Mertens-Hamsik-Gabbiadini e ho augurato a tutti buona domenica. Ci può stare.
Massimiliano Gallo