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Non amo chi bacia la maglia, ma Hamsik è l’eccezione

Non amo chi bacia la maglia, ma Hamsik è l’eccezione

In questa era, non amo i baciatori di maglie. Non amo chi, alle presentazioni, esordisce con “il mio sogno da bambino era vestire questa o quella casacca”. Chi “la mia seconda pelle è azzurra, verde o pois”. Chi “sono di Helsinki, ma nelle mie vene scorre sangue nisseno o partenopeo”. Chi “sono di Bergamo alta ma il mio idolo è sempre stato Gigi Riva o Maradona”.

Non amo chi pretende di farsi bandiera o simbolo senza che nessuno ne faccia richiesta, per poi lasciarsi sedurre dall’olezzo dei dobloni ed emigrare in un attimo all’altro capo del mondo. 

Mi piacciono i silenziosi. Coloro che ben consapevoli di andar via domani non cadano nella retorica sanguigna che tanto piace ai tifosi.

Nel corso di questi 7 anni, non ho risparmiato Hamsik. Un talento che si è espresso sempre a corrente alternata e che ha fatto della discontinuità il suo marchio di fabbrica. Da due stagioni, dopo gli addii degli altri due tenori, ho deciso di non mettere il dito nella piaga. Per rispetto.

Per un tifoso, i comportamenti dovrebbero valere molto di più delle prestazioni. Altrimenti non si spiegherebbero gli allucinanti fischi a uno che con la maglia azzurra ha realizzato più di 100 reti in 3 anni. Se i comportamenti hanno un significato, Hamsik deve essere sostenuto come un amico, un figlio, un caro di famiglia, al di là del pallone che rotola.

A mia memoria, a parte quei 5 minuti in cui rilasciò un’intervista estiva in cui, dalle traduzioni, si capì un mezzo ammiccamento alle avance gallianiche, Marek ha sempre dimostrato un attaccamento non comune alla città, alla squadra e alla causa azzurra. Mai una parola fuori luogo. Nemmeno dopo una rapina. Mai che si fosse sentito un gossip o un comportamento non conforme al professionista quale lui è. Mai una polemica con i compagni o con gli allenatori. Mai che si fosse sentito un problema sul rinnovo o una sfuriata dopo l’ennesima sostituzione o dopo una partita vista dalla panchina. 

Alla luce di tutto ciò, se non dovesse essere Hamsik ad essere sostenuto in un momento pessimo, mi chiedo “chi?”. “Hamsik più altri 10” dovrebbe essere un motto. 

Domenica scorsa, dopo una serie di partite negative, sono toccati anche a lui i fischi. Ingenerosi per chi ha dimostrato di amarci senza proclami, ma con i fatti. Roba che in questa epoca è più di una rarità. 

E lui è uscito dal campo come se niente fosse. 

E ieri, in seguito al gol, ha accostato le mani alle orecchie come faceva Delvecchio per sentire i fischi. 

Lo ha fatto anche stavolta col sorriso. 

C’è chi ha voluto vederci una polemica. E invece niente. Tornando a centrocampo, ha baciato la maglia. 

Quasi a dire, i fischi me li sono meritati, ma io vi voglio bene lo stesso.

Non amo chi si riempie la bocca di parole d’amore e gesti per riempire gli occhi ai tifosi. Ma questo non vale per Marek. Uno giocatore d’altri tempi che merita amore e sostegno incondizionato. Un capitano a 360 gradi. Come pochi. Forse unico. 

Ti riprenderai.
Gianluigi Trapani

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