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Diario di viaggio, ma quanto è brutta la ruota panoramica di Londra

LA PARTENZA
Partiamo martedì sera alle h. 20.45, destinazione Lonrda aeroporto di Stansted, dove ci aspetta Massimo, collega ed Amico di Roberta e, da martedì, anche nostro.  Con un trenino arriviamo a Liverpool Street e da lì con un taxi (la metropolitana chiude a mezzanotte !!) in albergo, Holiday Inn, zona Kensington, dove la mattina seguente abbiamo incontrato tutti i giornalisti napoletani – stampa e TV – presenti per la partita, anch’essi ivi alloggiati.
LA GITA
La giornata inizia alla grande, con la prima colazione che vale un pasto.  Prima quella all’inglese, con eggs and bacon (uova e pancetta) originali garantite, e, perché no, anche una salsiccetta, ed un succo di frutta per mandarla giù.  Ma poi ci siamo ricordati di essere Napoletani e, quindi, latte e caffè (questo, devo dire, una schifezza), cornetto, fette biscottate con marmellata, e, per finire, una macedonia di frutta per rinfrescarci la bocca.  Ma ci sarebbero stati anche affettati, formaggi, fagioli, ecc. ecc.  Poi si parte.  Da dove cominciamo ?  Massimo propone un A.T.P. che (in gergo legale significa Accertamento Tecnico Preventivo, ma, nel caso di specie) significa un Accertamento del Tifoso Previdente ! Andiamo a verificare lo Stamford Bridge Stadium !  Tre fermate di tube (la metropolitana) scendiamo a Fulham, pochi passi a piedi lungo la strada e, all’improvviso, si apre un piazzale con in fondo lo stadio.  All’ingresso il tabellone con l’Evento : Champions League – Chelsea v. Napoli – 14 March 2012  07.45 p. m. – sold out.  Facciamo la foto tutti insieme, utilizzando uno dei tanti fratelli già sul posto (se volete, troverete tutte le foto nel profilo facebook di mio figlio Marco), e ci avviamo per un giro dall’esterno : i vari ingressi, lo store del Chelsea, il ristorante, due alberghi, il Club, un pub.  Lungo il muro di cinta sono appesi i poster con le foto dei giocatori più significativi nella storia del club, a grandezza naturale, ad alcuni dei quali, tra cui Zola, sono dedicate le suites (i palchi) da dove i VIP guardano la partita.  Terminato il giro ci allontaniamo, destinazione  Regent’s Street, visitiamo il maxi negozio della Apple, salutiamo gli amici del negozio di Marinella, poi puntiamo verso Piccadilly.  La giornata, inizialmente nebbiosa ed umida, migliora ed esce il sole.  Trafalgar Square, St. James Park, il lungo Tamigi con quell’orrenda ruota panoramica, ma anche Westminster, il Parlamento e la Cattedrale.  Un veloce e leggero spuntino in un pub, poi il Tower Bridge e, ripresa la tube, andiamo a nord, a visitare il mercatino di Camden.  Qui la città cambia completamente faccia, stile country folk anni cinquanta, incontriamo personaggi molto particolari, una strada tutti negozi uno attaccato all’altro e ciascuno vende qualcosa che, a dimenzioni ingrandite, riempie la facciata del negozio stesso (guardate le foto).  Torniamo in albergo per un riposino, e comincia così . . .
LA  TRASFERTA
Alle 17.45 ora locale riprendiamo la metro per tornare a Fulham, ma l’atmosfera è completamente cambiata rispetto al mattino.  La metro è piena, dei nostri e dei loro, all’uscita ecco i primi poliziotti, stanno dappertutto, ma in disparte, usciti dal treno i segnali luminosi ci indicano la direzione da seguire per lo stadio, gruppi di inglesi inneggiano ai blues.  La strada è stata chiusa al traffico, peraltro l’unico modo per arrivare allo stadio è usare la metropolitana perché non ci sono parcheggi.  Arrivati sul piazzale, il primo controllo dei biglietti viene effettuato da un gruppo di steward che riconosciamo essere i fratelli di Tyson.  Non ci chiedono il documento e ci fanno passare.  Arriviamo vicino al nostro ingresso, che è ancora chiuso.  Sono le h. 18.15 e c’è già un sacco di gente, soprattutto i nostri.  Finalmente si apre l’ingresso, uno alla volta inseriamo il biglietto nella fessura e il tornello gira, passiamo senza problemi e, poiché i nostri posti si trovano al West Stand Upper, dobbiamo salire tre rampe di scale, la Lower, la Middle (con le suites) ed arriviamo alla Upper.  Chi deve, visita le toilettes (di gran classe, mi riferisce), poi, prima del corridoio che conduce ai vari gates di ingresso (il nostro è il gate 7), c’è un bel bar dove si possono acquistare bibite e panini da portare al proprio posto (ma non gli alcoolici, che devono essere consumati al bar).  Le bibite le lasciano nelle bottigliette, nessuno si permetterebbe di lanciarle . . . . Arrivati al gate 7, un altro steward ci indica i nostri posti.  Siamo in alto, lo stadio è piccolo, la tribuna è molto ripida sul campo, si vede tutto benissimo tranne il tabellone luminoso, che è semicoperto dall’impianto di illuminazione posto lungo le tribune sotto il tetto dello stadio.  Lo stadio è semivuoto, ci hanno detto che gli inglesi arrivano quasi all’ultimo minuto, tanto tutti i posti sono numerati, solo il settore ospiti è già pieno.  Attorno a noi strani individui, tutti con le sciarpe, quacuno anche con il cappellino, del Chelsea.  Ma le facce non sono da inglesi . . . . Ed infatti sono tutti tifosi del Napoli camuffati.  Glielo dico, che è una vergogna ed un tradimento vestirsi così.  Mi guardano e non sanno cosa fare.  Qualcuno sorride, qualcuno forse pensa che io sia pazzo, qualcuno per giustificarsi dice che hanno consigliato di non indossare i nostri colori.  “Ma una cosa è non farci riconoscere, se possibile, un’altra è indossare i colori degli avversari !!”  E checazz !!!  Così mi viene in mente l’incontro avuto qualche ora prima in metro, mentre tornavamo in albergo.  Ad una fermata salgono un papà con il figlio di 7 / 8 anni.  Il padre con sciarpa e cappellino dei blues, il figlio anche con la maglietta, messa sotto il giaccone aperto.  Li guardo e dico a Roberto, a voce alta per farmi sentire “Ma tu vedi che gente gira oggi in metro”.  Il padre capisce e mi risponde “E’ l’unico modo che abbiamo per cercare di entrare.  Ho avuto i bigliretti per il settore degli inglesi.  Mi hanno detto che non ci dobbiamo far riconoscere.  Non mi sono portato appresso manco i documenti, così se me li chiedono gli dico che non li ho”  Si, ho pensato io, tanto basta la parola . . . Ed ho chiesto al ragazzino “Ma tu per chi tifi ?”  “Il Napoli !” mi ha risposto con un sorriso.  E il padre “Fai vedere al signore come ti ho imparato.  Se segna il Chelsea che fai ?” Il bimbo alza i pugnetti al cielo con un sorriso triste.  “E se segna il Napoli ?” Il bimbo allarga le braccia e scuote la testa . . . Ed io con lui . . . .  Torniamo a noi.  I ragazzi entrano in campo per il riscaldamento, e dal settore ospiti si alzano i primi canti “Devi vincere, vincere, vincere !!!”  cui mi unisco subito anche io . . .Non lo avessi mai fatto !!  Gli anglo napoletani mi si rivoltano contro dicendomi che in questo modo ci faremo cacciare tutti, che gli steward non aspettano altro, che non ci dobbiamo far riconoscere, stiamo a casa loro e li dobbiamo rispettare.  Rispondo che infatti mi hanno detto di non insultare arbitro ed avversari, ma non che non posso tifare.  Roberto mi guarda preoccupato . . .In quel momento, dagli altoparlanti dello stadio una voce femminile, in italiano, invita i tifosi ad essere corretti nei confronti dell’arbitro e gentili nei riguardi dei tifosi ospiti . . . che saremmo noi !!  Ma lo stesso messaggio non viene ripetuto in lingua inglese . . . Forse pensano che, oggi, i tifosi ospiti siano quelli di casa !!!  Per la cronaca, gli unici ad indossare la sciarpa del Napoli siamo stati Marco, che la aveva legata in vita, ed io, poggiata sulle ginocchia. Ci sediamo – dobbiamo stare seduti – avendo io alla mia sinistra Marco ed alla mia destra un gruppo di ragazzi provenienti da Bergamo, titolari della Pizzeria Caprese (Sandra, la conosci ??).  Poiché tra me e loro c’è un posto libero, li invito a scalare, ma mi rispondono che quel posto non è loro.  Mi preoccupo e lo dico a Roberto “c’è un posto libero vicino a me.  Ma chi può venire allo stadio da solo ?  E se è un inglese, che faccio ??”  “Stai buono !!!”  Mi risponde.  Quando mancano circa 20 minuti, e lo stadio comincia a riempirsi anche nei settori inglesi, ecco che arriva.  E’ una giovane donna, mora, non appariscente ma certamente non brutta.  Supera il gruppo dei bergamaschi, individua il suo posto, si gira e, in perfetto inglese, chiede a due ragazzi dietro di lei – credo fossero scandinavi, tra loro parlavano una lingua incomprensibile – di farle una foto col suo cellulare con lo sfondo del campo.  Poi si siede.  Il bergamasco alla sua destra le chiede, in un improbabile inglese, di dove fosse.  Lei risponde “Sono di MIlano, lavoro a Londra”.  Ahe, penso tra me, una milanese, a Londra per lavoro, questa è sicuramente una simpatizzante del Chelsea.  Proprio vicino a me doveva capitare !!!  Su richiesta del bergamasco, lei spiega che ha avuto il biglietto tramite un suo amico, a sua volta amico di uno sponsor.  Ma io non posso restare con questa angoscia, già la partita è difficile.  Così, con sguardo preoccupato, le chiedo, dandole educatamente il Lei, come mai avesse deciso di venire allo stadio.  MI risponde che è stata tifosa dell’Inter fino a qualche anno fa, poi è rimasta folgorata dagli Azzurri, e da quel momento tifa Napoli.  Credo che abbia capito il mio dramma interiore perché mi sorride (come a dire, non ti preoccupare) e nel darmi la mano si presenta “mi chiamo Ida”.  “Io Bruno”.  Per la tranquillità di tutti, e mia personale – e familiare – comunico che il colloquio finisce qui.
Sulla partita non dico niente, solo che abbiamo troppo sprecato all’inizio e sul 2 a 1, gli abbiamo regalato 2 gol (il secondo ed il quarto), l’infortunio di Maggio ci ha assai penalizzato, e forse, se il mister a quel punto avesse arretrato Zuniga e messo Dzemaili a centrocampo al posto di un inguardabile Dossena, chi lo sa . . . Non avremo mai la controprova.  Dico solo che, quando ha segnato Inler, gli anglo napoletani sono rinsaviti, abbiamo urlato tutti insieme, ci siamo abbracciati con i vicini di posto.  Gli inglesi non hanno reagito, così come, a fine partita, l’uscita dallo stadio è stata molto tranquilla, forse anche per la presenza di tutti quei poliziotti a piedi, a cavallo, e con i cani.  Siamo tornati, a piedi, in albergo.  La notte è stata assai agitata, rivedevo davanti a me le azioni sbagliate dai nostri, i loro gol . . . Ma devo dire che l’atmosfera allo stadio è stata fantastica, l’esperienza bellissima, gli inglesi ci hanno rispettato e reso l’onore delle armi.
IL  RITORNO
Giovedì mattina, con un sole caldo ed un cielo azzurro, abbiamo passeggiato nella zona di Covent Garden e ci siamo finalmente rilassati, pur feriti nel cuore.  Alle h. 13.00 abbiamo ritirato le borse in albergo e, via trenino, siamo tornati all’aeroporto, dove abbiamo incontrato altri compagni di volo reduci dalla medesima esperienza.  Abbiamo letto le dichiarazioni del Presidente “Champions, torneremo presto !”, uguali a quelle pronunciate da Ferlaino quando nel 1987 fummo eliminati dal Real Madrid.  Allora, ci mettemmo 3 anni per tornare in Coppa dei Campioni.  Adesso, forse, potrebbe volerci meno tempo . . . .
Un abbraccio a tutti
di Bruno Fabbrini
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