Credo che molti ancora ignorino chi sia il sindaco di Venezia. Eppure, questo signore dalla bianca barba, senza bandana in testa e vagamente somigliante a Eugenio Scalfari, si è seduto ad un tavolo con Richard Worth, presidente della coppa America di vela e in un sol colpo ha messo in ginocchio l’intero pacchetto di mischia della classe dirigente napoletana.
Giorgio Orsoni, questo signore distinto e di poche parole, si è portato a Venezia le prossime gare della Vuitton Cup. E ancora una volta, come ai tempi della Iervolino, Napoli resta a guardare.
Venezia è Venezia, certo, e trattare in suo nome dà più autorevolezza, ma anche lo stile di governo conta. Orsoni non ha millantato credito, non ha portato gli americani in giro con l’elicottero, non li ha fatti atterrare in piazza San Marco, non ha annunciato imminenti accordi che non ha mai siglato. Ha chiesto cosa c’era da fare e da pagare, si è fatto i suoi conti e ha firmato. Ora si metterà a cercare sponsor e sostegni finanziari. Ecco cosa significa assumersi una responsabilità. Tutto il contrario dei nostri, che hanno fatto la figura dell’armata Bracaleone. L’industriale Graziano, il governatore Caldoro, il presidente della provincia Cesaro e il sindaco de Magistris: l’uno spingeva l’altro, ma nessuno prendeva in mano il bandolo della matassa. Graziano ha acceso la miccia e l’ha passata a de Magistris. De Magistris si è sparato un paio di pose e ha tirato in ballo Caldoro. Caldoro si è fatto bello annunciando un piano Marshall per Napoli e infine Cesaro, pronto a mettere sul piatto addirittura tre milioni di euro. Ma dove li tenevano nascosti tutti questi soldi?
Siamo andati avanti così per giorni, a spararla sempre più grossa. Ma non si è mai capito chi realmente trattasse con gli americani. Ad un certo punto volevano che a firmare fosse l’avvocato Marone, presidente di Bagnolifutura, pubblicamente delegittimato, il giorno prima, dal sindaco. E Marone a dire: “Io? Che c’entro io?”. Insomma, una commedia all’italiana, un “armiamoci e partite” degno del miglior Sordi.
Nel frattempo, si è detto tutto e di più sulla colmata a mare, sul pontile, sui segreti necessari in una trattativa commerciale, sulla trasparenza della rivoluzione arancione, sulle assemblee di popolo che si sarebbero convocate dopo, a decisione già presa, sulla democrazia decidente che però non decide. Uno scivolamento impetuoso verso il ridicolo e l’assurdo.
E gli ambientalisti? Anche loro, solitamente prontissimi a mettersi di traverso, questa volta sono rimasti a guardare, fiduciosi e inebetiti, a riprova dell’opportunismo ideologico che spesso li ispira. Si salva solo l’architetto Mazziotti, un gigante! Uno dei pochi a battersi a viso aperto contro le improvvisazioni bagnolesi. Persino i giacobini delle Assise di Palazzo Marigliano questa volta hanno taciuto.
E ora? Ora, per dirla con Toto’, i nostri magnifici quattro dovrebbero chiudersi in una stanza e portarci le chiavi. Dovremmo aprire la porta solo quando ci diranno cosa faranno a Bagnoli adesso che le vele si sono sgonfiate.
Marco Demarco
(corriere del mezzogiorno.it)
Coppa America, Napoli colpita e affondata
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