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Viva Sarri che ha ridato l’entusiasmo al Napoli e ai tifosi. Ma viva anche De Laurentiis, motore di un’azienda che funziona da dieci anni

Viva Sarri che ha ridato l’entusiasmo al Napoli e ai tifosi. Ma viva anche De Laurentiis, motore di un’azienda che funziona da dieci anni
Sarri e De Laurentiis in una foto di Matteo Ciambelli

Le notizie sono tante. Le elenchiamo non in ordine di importanza. Il Napoli vince la seconda partita su due in Europa League, lo fa con un ampio turn over (sette giocatori), non ha ancora subito gol nella manifestazione, mantiene la posizione da record nel ranking europeo, ha incassato una sola rete nelle ultime cinque partite (di Lemina contro la Juventus), sta facendo vivere sopiti entusiasmi in vista della partita di domenica a San Siro contro il Milan.

Il Napoli ha vinto a Varsavia dando prova di grande autorevolezza. L’avversario non era dei più ostici, e siamo d’accordo, ma conta fino a un certo punto. L’autostima dipende poco da chi hai di fronte. E un atteggiamento sbagliato riesce a infondere coraggio in chi hai di fronte. Il Napoli ieri sera ha dominato la partita proprio quando il Legia ha pensato di poter cambiare passo e provare prima a vincere e poi a pareggiare. Sarebbe potuta tranquillamente finire 4-0. Così come due partite ravvicinate – di cui una contro uno storico avversario come il Milan – avrebbero potuto minare la tranquillità e la concentrazione della squadra. Tutto questo non è avvenuto. 

E se giustamente si sottolinea che le piccole rappresentano ancora un problema per questa squadra (Empoli, Carpi, se non vogliamo considerare il Sassuolo una piccola), quando poi lo scoglio viene superato non è che poi ci si può appigliare alla relativa irrilevanza dell’avversaria. Vincere senza penare più di tanto e per di più con sette “riserve” è un segnale per certi versi più importante di una vittoria in una partita in cui la squadra ha dato il cento per cento. Perché le stagioni sono lunghe e pensare di poter giocare tutti gli incontri a mille all’ora è follia pura. 

Tante cose sono cambiate in poche settimane. E la svolta è partita proprio in Europa, da quel 5-0 al Bruges. Doppiato dalla cinquina alla Lazio. Contro i belgi fu la prima partita senza subire gol. La svolta è lì, in una squadra che è riuscita a offrire una fase difensiva non più traballante. Ieri sera anche con Gabriel e Chiriches.  

La fase più importante della gestione Sarri sembra essere già a buon punto. Ha restituito fiducia, gioia ed entusiasmo a un gruppo di calciatori affatto scarsi e che sono stati integrati da una campagna acquisti incomprensibilmente denigrata. Oggi Napoli, per varie ragioni (che poi magari approfondiremo) ha ritrovato il sorriso e l’entusiasmo. Nulla di che, è tutto legato ai risultati. Il San Paolo finalmente non vuoto contro la Juventus alla fine si è capito che conteneva quarantamila spettatori. Sempre pochi. Il clima continua ad essere quello del “qua le pezze e qua il sapone” che ovviamente si sgonfierebbe immediatamente nel caso in cui l’offera di risultati non dovesse più rivelarsi all’altezza. In questo la tanto bistrattata Europa League ci fornisce lezioni continue di che cosa significhi tifare per la propria squadra all’estero (anche se ci sono da registrare i fischi al Camp Nou contro il Barcellona).

L’entusiasmo è comunque tornato. Per la prima volta persino il turn over è stato accettato, addirittura invocato in ottica campionato. Qualcuno in cuor suo, dopo la vittoria sulla Juventus, avrebbe ritirato il Napoli dall’Europa League. 

A questo punto, a due giorni dalla partita di Milano, che viene percepita come quella della possibile svolta anche se al momento la classifica non sorride più di tanto, una piccola nota polemica ci sta tutta. Questo Napoli, che oggi vince due partite consecutive in un girone della bistrattata Europa League, che può consentirsi di far giocare un quarto d’ora a un calciatore straordinario come Gonzalo Higuain, che ha offerto a un nuovo tecnico come Maurizio Sarri un gruppo di calciatori di tutto rispetto (non dimentichiamo che il Napoli era una delle squadre con più calciatori al Mondiale in Brasile), e potremmo continuare a lungo, è il Napoli di Aurelio De Laurentiis. Che piaccia o meno (i limiti dell’uomo ci sono noti, ricordiamo solo che non vediamo all’orizzonte imprenditori a Napoli in grado di poter esibire risultati migliori dei suoi), l’impresa è sua e la conduce e gestisce nemmeno così malaccio. In fondo è solo merito suo se quest’estate, in mezzo a una tempesta, non ha smantellato una squadra che sembrava già in giro per il mondo. E non mettiamo in mezzo i palloni che non c’erano.

Mi è chiaro, come ho già scritto, che l’entusiasmo è legato unicamente ai risultati. Ma un giudizio un po’ più obiettivo, su quest’imprenditore sicuramente originale che però ha dato al Napoli una continuità di risultati che probabilmente non c’è mai stata, forse sarebbe il caso di cominciare a formularlo. So bene che non accadrà. Così come so bene che se domenica a Milano la partita dovesse andare in un certo modo, il brusio ripartirà.

Anche se oggi sulla panchina abbiamo Sarri è merito suo: di De Laurentiis. Così come (perdonatemi) è stato merito suo portare a Napoli un allenatore come Rafa Benitez che oggi guida la squadra più forte del mondo e ha condotto in città calciatori di cui ignoravamo persino l’esistenza. E prima ancora Mazzarri che è stato il tecnico del grande salto. Se provassimo un po’ tutti a ricordarci da dove siamo partiti e anche dove siamo arrivati, la strada che abbiamo percorso e come siamo considerati oggi, non sarebbe male. Adesso il giocattolo sembra che stia girando. Nemmeno un mese fa la città si girò dall’altra parte leggendo striscioni di minaccia nei suoi confronti in curva A. Quella stessa città che oggi sta preparando il menù per domenica sera.
Massimiliano Gallo

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