Le penultime lettere di Mario Rui: «Caro Conte, ho parlato con Taffo: accompagnare un morto non è semplice»
Tu adesso ti devi occupare dei vivi, in un campionato mediocre. Avete perso tre partite e state solo a due punti dalla prima che – peraltro – avete battuto. Su con la vita Anto

Napoli 02/09/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Lazio / foto Image Sport nella foto: Mario Rui
Le penultime lettere di Mario Rui: «Caro Conte, ho parlato con Taffo: accompagnare un morto non è semplice»
Caro Antonio,
Come stai? Scusa se ti scrivo, ma ci tenevo. Noi, caro Antonio, non dobbiamo mai scordarci l’importanza del lessico, la lingua, le parole sono tutte quello che abbiamo e allora dobbiamo usarle come si deve. Non lo dico io – io sono null’altro che un ex terzino – lo dice Raymond Carver, uno dei più grandi scrittori di racconti del Novecento. Vabbè, veniamo a noi, c’è la sosta, alle partite penseremo poi. Tu hai detto alla stampa «Non voglio accompagnare un morto», ho riascoltato, ho letto e riletto e ho fatto delle cose per te e di conseguenza per il Napoli. Ho chiesto a Taffo e ho chiesto a Bellumunno, ho chiesto loro cosa ne pensassero. Bellumunno, napoletani, vecchia scuola mi hanno risposto: «Prima di esprimere desideri sull’accompagnare o meno qualcuno bisogna aspettare che muoia. E poi accompagnarlo dove? A Poggioreale, alle Fontanelle (più letterario), o dove?». Quelli di Taffo più leggeri, più abili nel comunicare, mi hanno detto: «Per accompagnare un morto bisogna essere capaci di farlo». «Il suo amico Antonio», hanno aggiunto, «vuole evitare che questo potenziale morto muoia? Vuole essere lui l’assassino? Vuole salvarlo? La nostra esperienza suggerisce che si possono comprare le tombe con largo anticipo, per dire, un bel 4-4-2 monumentale, un 4-3-3 di marmo, ma non si può invocare il morto prima che muoia, in questo ci troviamo con la visione tradizionale dei maestri di Bellumunno. Veniamo al lutto, il caro Antonio ha montato un’espressione del viso da chi è pronto per le condoglianze. Ma per riceverle o per darle? Questo dovrebbe domandargli caro Mario Rui, e grazie per averci scritto».
Vedi Antonio, cosa mi tocca fare? Ma davvero pensi che i ragazzi stiano mollando? Oddio, un poco di confusione e rassegnazione e poca concentrazione le ho notate, in particolare nelle ultime due partite. E tu non urli, non sbraiti, stai là con le mani in tasca e rimugini, ma su cosa? Su quello che non hanno capito? Quella tua aria cupa mi ha fatto venire in mente un’immagine di qualche anno fa, la ricorderai, una ventina di bare sospese nel vuoto del cimitero di Poggioreale. Non voglio spingerti verso la forte metafora. Certo le bare erano sul precipizio, sul baratro, ma comunque dentro ci stavano morti veri. Veri.
A Napoli non ti hanno insegnato niente sulla morte? Se ne può parlare, si può giocare, siamo fatalisti in città. Ma i morti si accompagnano (oppure no) solo quando muoiono. Tu adesso ti devi occupare dei vivi, in un campionato mediocre. Avete perso tre partite e state solo a due punti dalla prima che – peraltro – avete battuto. Su con la vita Anto’, il pallone è una cosa seria, ma anche facile, alla fine si tratta di mettere la palla nella rete, e in quel caso, il portiere avversario sarebbe battuto, ma nemmeno lui morto.
Un saluto caro.
Tuo Mario.








