Galeone un uomo libero raccontato da Carratelli: «Ho sempre tifato per le cicale»

Per il Corsport: «Sacchi esalta l’orchestra, io preferisco un Pollini al piano che non legge lo spartito». Leggenda vuole che andasse in panchina con le poesie di Prevert

Galeone Petrucci

Db Milano 07/02/2013 - final eight coppa Italia di basket / Cimberio Varese-EA7 Milano / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Gianni Petrucci-Massimiliano Allegri-Giovanni Galeone

Galeone raccontato da Carratelli: «Ho sempre tifato per le cicale. Sono un uomo di mare, devo sentirmi libero»

Mimmo Carratelli sul Corriere dello Sport firma uno splendido ritratto di Giovanni Galeone scomparso ieri all’età di 84 anni.

«Sono un uomo di mare, devo avere spazi davanti, devo sentirmi libero».

Era nato a Bagnoli, padre ingegnere all’Italsider, tuffandosi nelle acque di Coroglio dai pontili della Montecatini. Dal Tirreno di Napoli all’Adriatico dell’Abruzzo, l’uomo dei due mari.

Pescara è stata la sua isola felice. E a Pescara andavamo per sentirgli raccontare il calcio, i nostri pellegrinaggi d’amore per un uomo d’amore. «Nel calcio è difficile insegnare l’allegria e perché la mia squadra renda al massimo devo essere felice, devo avere la mia follia, il mio manicomio». Uno chansonnier del pallone. «Niente ruoli fissi, spazio alla fantasia. Ho sempre ammirato il gioco d’attacco e di destrezza. Ho sempre tifato per le cicale».

Gasperini, Allegri («il bel fighino di Livorno»), Leo Junior sono stati i suoi pupilli. Del bosniaco Blaz Sliskovic con un baffo staliniano diceva: «Gli slavi hanno un rapporto musicale col pallone». Un giorno, Junior gli disse: «Mister, se giocassi come Sliskovic, sarei pieno di miliardi». Non controllava mai la vita dei suoi giocatori. «Non faccio il guardiano delle mucche, né posso fare il giro dei night e delle discoteche».

Da Eriberto Mastronardi, lo chalet di Galeone, con un leoncino sotto una palma, l’appuntamento erano con le irrinunciabili “chitarrine al sugo di pesce” del cuoco Michele Cicchini. Era il posto dove Galeone incantava raccontando di sé e del calcio, la sua passione per Sartre e Camus (la moglie professoressa di lettere). La leggenda vuole che andasse in panchina con una raccolta di poesie di Jacques Prevert. Dalla madre Dorina prese la passione per la lirica.

«Sacchi esalta l’orchestra, io preferisco un Pollini al piano che non legge lo spartito». 

Correlate