Per un errore arbitrale Sinner ha sbottato 3 secondi, nel calcio si sarebbero fatte ore di trasmissioni tv (Avvenire)
La finale del Roland Garros è premessa di almeno quindici anni di uno spettacolo leggendario, mentre il calcio italiano sembra destinato all’estinzione.

Mauro Berruto sulle pagine dell’Avvenire si lancia in un paragone che potrebbe far storcere più di qualche naso tra “la disfatta del calcio azzurro” e lo spettacolo della finale del Roland Garros tra Sinner e Alcaraz, una di quelle partite che fanno la storia dello sport. In entrambi i casi si tratta di sport, ma di due pianeti differenti
“Da una parte l’incedere stanco di novanta minuti abbastanza desolanti, tanto quelli in Norvegia quanto quelli in Italia, un’anestesia pressoché totale di emozioni, pathos, adrenalina; dall’altra 329 minuti di tensione agonistica assoluta, senza mai un calo di continuità”.
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“Da un lato cinque gol, fra fatti e subiti (e sono pure tanti, vista la calcistica possibilità dello 0- 0) a interrompere uno stato catatonico, dall’altra il computo finale (a favore di Sinner, peraltro) di 193 a 192 punti, spesso entusiasmanti. Da una parte le solite (e sempre meno sopportabili) manfrine, dall’altra due ragazzi di poco più di vent’anni che, nei fatti, si auto-arbitrano i punti più importanti di una delle partite più importanti delle rispettive carriere, correggendo – a favore dell’avversario – errori arbitrali. E quando, in un momento importantissimo, arriva una chiamata sbagliata ma non correggibile, Sinner sbotta, per (forse) tre secondi, e poi si rimette a giocare, come se nulla fosse successo: per una cosa del genere, sul pianeta calcio, si sarebbero fatte ore di trasmissioni televisive con opinionisti ululanti e protagonisti con le carni straziate dal dolore e dagli alibi”.
“Da una parte un Ct che annuncia il suo esonero senza neanche la presenza di un dirigente federale al suo fianco e va in panchina, la partita successiva, da licenziato, dall’altra due staff che interagiscono con i loro atleti con un cenno, uno sguardo, un segnale e, soprattutto, con un rispettivo orgoglio infinito, festeggiando o meno la vittoria finale”.
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La conclusione “la finale del Roland Garros è premessa e promessa di almeno quindici anni di uno spettacolo leggendario, mentre il calcio italiano – dopo quindici anni impantanato nelle proprie sabbie mobili – se non cambia, profondamente e in frettissima, è destinato all’estinzione”.