Fischiano un rigore a Chiellini, Insigne lo segna e Pirlo se ne lamenta. Il quasi esonerato Gattuso è a -9 dalla capolista (con una partita in meno)

Il rigore di Insigne si può riavvolgere come si fa con gli spaghetti: il pallone che si infila nel sette alto, il calcio forte e dritto, la rincorsa meditabonda, indietro fino al punto in cui l’arbitro di ritorno dal monitor a bordo campo sentenzia che c’è di nuovo un rigore da battere contro la Juve, e tocca – di nuovo – a lui, che fa il capitano coraggioso (in realtà è disperato: può solo segnare, non ha altre possibilità) e rimette la storia a posto. Riletta al contrario, la catena degli eventi è come quei testi rock che da un lato cantano la ricetta della torta di mele e dall’altro nascondono metriche sataniche: Napoli-Juve 1-0 è un multiverso. È un wormhole, un portale. C’è dentro un destino e le sue negazioni. C’è la Juve che vince sempre, quella dei favori arbitrali, e dei rigori contro negati per Costituzione, e quella che invece perde per una manata rintracciata in post-visione, quella a cui annullano un gol per fuorigioco. Con tutte le perversioni del caso: potrebbe esserci persino un Chiellini corretto e poco falloso, in una di queste infinite variabili del cosmo.
Napoli-Juve 1-0 è una distorsione, un deragliamento della logica. Che in quanto tale aveva già messo in fila cause ed effetti: la Juve veniva da tre vittorie in campionato di fila, s’era scoperta Allegrista e compatta, e con questa sua densità aveva mandato il Napoli in crisi prendendosi la Supercoppa la sera in cui Insigne sbagliò un rigore psichiatrico. Pirlo ha chiarito che proprio quella sera ha strambato la sua squadra, riscoprendosi – ohibò – matura e quadrata. E il Napoli invece arrivava da una sconfitta a Genova, e s’era fatto sbattere fuori dalla Coppa Italia dall’Atalanta. Gattuso era un esonerato in casa. Con tutte queste cause l’effetto doveva essere scontato, in saldi: la Juve avrebbe azzannato gli ultimi brandelli del Napoli lanciandosi alla rincorsa delle milanesi. Insigne sarebbe rimasto inchiodato ai maledetti 99 gol in maglia azzurra, con una crosta di rimorso sempre più velenosa.
Ora, chi bazzica la cinematografia di genere sa che spesso il dettaglio nasconde il trucco. Se devi raccontare due dimensioni parallele fai in modo da rendere percepibili, riconoscibili i protagonisti: tagli di capelli diversi, un paio d’occhiali in più o in meno, l’acqua del water che scarica in senso antiorario, cose così. Ecco, Napoli-Juve 1-0 è un universo disseminato di indizi. Il Gattuso che batte Pirlo ha i baffi, non la barba incolta. Meret gioca titolare al posto di Ospina. Rrahmani che demolisce Ronaldo, lo bullizza, senza ritegno. Il vento alpino che soffia su Fuorigrotta. Sono solo i più evidenti, per quanto anche un po’ stralunati: va bene tutto, eh, ma addirittura Mario Draghi a capo di un governo Pd-M5S-Forza Italia-Lega? E’ chiaro che in un posto così le regole della fisica non valgono più.
Ed ecco allora che, a cascata, Napoli-Juventus si svela per quel che è: una crepa nello spaziotempo. Chiellini sbraccia in area di rigore e la Var richiama l’arbitro ai suoi doveri, rigore. Per giunta Insigne lo tira e non lo sbaglia! Da lì in poi tutto è possibile. L’arbitro non abbocca al triplo carpiato di Chiesa sfiorato da Di Lorenzo già ammonito e non assegna manco la punizione (Chiesa e Pirlo restano, diciamo così, interdetti). La difesa azzurra, quella di riserva (Maksimovic-Rrahmani), regge al finale in arrembaggio della Juve. Ronaldo da due passi tira un paio di volte tra le braccia accoglienti di Meret. Il quale a sua volta para di tutto, e per di più gioca la palla coi piedi come solo i migliori portieri colombiani. Per finire con l’allenatore della Juventus che si lamenta della direzione dell’arbitro. Distopia pura.
Con un andazzo del genere conviene far finta di niente e seguire il fluire degli eventi, fischiettando pure un po’. Il paradosso va sfruttato, come fu lo scorso anno proprio di sti tempi, quando il Napoli vinse 2-1 sulla Juve e sulla scia dell’euforia mise in fila un 4-2 alla Samp, uno stop col Lecce, e ulteriori quattro vittorie in campionato (Inter, Cagliari, Brescia, Torino), inframmezzate dall’1-1 col Barcellona. Quella dimensione si ruppe nella pandemia.
Questa serata un po’ magica pare spuntata all’improvviso da quel febbraio 2020, come se avesse saltato tutto un’anno infame. Seguita poco dopo da altre incongruenze antiscientifiche: lo Spezia che batte il Milan capolista 2-0. E’ una contorsione: il Napoli più vilipeso degli ultimi 10 anni è paradossalmente a -9 dalla capolista, con una partita in meno.
Era tutto scritto nel rigore di Insigne, riavvolto al contrario. Il gol non è la fine. E’ l’inizio.