Il fotografo napoletano colpito dal Covid-19, racconta l’ospedale di Lodi: «Scene di guerra, malati negli stanzini»

Risiede a Casalpusterlengo. Al Corsera: «Ho avuto febbre a 39 per sei giorni, non riuscivo a respirare e mi hanno ricoverato. Personale commovente»

Il fotografo napoletano colpito dal Covid-19

«Guarire si può, ma ho visto un inferno». Comincia così sul Corriere della Sera di oggi il racconto di Luigi Tommasini, 59 anni, fotografo, “napoletano di origine ma residente a Casalpusterlengo” che “ha quasi sconfitto il Covid-19”.

Ha fatto sei giorni di ospedale – non in terapia intensiva – e oggi tornerà a casa. Comunica via Whatsapp.

«Dopo sette giorni di febbre altissima a casa non ce l’ho fatta più: non riuscivo a respirare. Il 24 febbraio ho iniziato a sentirmi male, avevo tosse e una febbre che non voleva saperne di andarsene. Sono arrivato fino a 39, ho resistito quasi una settimana cercando di curarmi da solo. Alla fine stavo così male che il 2 marzo mi hanno preso in carico. E mi hanno mandato a Lodi».

«Come fotografo di cronaca sono abituato alle scene peggiori, ma ciò che ho visto all’Ospedale Maggiore è da avamposto di guerra. Malati stesi in barella ovunque, perfino negli stanzini. Ho atteso l’esito in una cameretta secondaria con altri due ammalati. Il personale a Lodi sta realmente combattendo una guerra, il modo in cui si prendono cura di noi è commovente».

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