ilNapolista

Benitez e De Laurentiis rinnovano fino al 2037 (Popolo di Napoli, imparerai a vivere)

Roma (Ansa) – Aurelio De Laurentiis e Rafa Benitez si sono incontrati negli uffici della FilmAuro questa mattina alle 9,30. Sul tavolo il nuovo contratto per il tecnico del Napoli. Ciò che colpisce l’attenzione del lettore è il termine di scadenza del nuovo accordo. Nessuno. Il contratto non scade e prevede una ammenda fino a 12 milioni di euro per quella delle parti che dovesse rescinderlo prima dei 12 anni a partire da oggi, 25 novembre 2013. Poi, a scalare, un milione di euro all’anno in meno di ammenda per ogni anno in più di permanenza. Dal 25esimo anno in poi nessuna sanzione: le parti potranno separarsi anche non consensualmente.

Avvolto nel suo saio tibetano, il presidente De Laurentiis era in collegamento via Skype col suo maestro spirituale, quello che gli ha ispirato questa scelta, il cui nome è impronunciabile, che ha tenuto una breve orazione dal suo monastero posto a cinquemila metri sulle montagne dell’Himalaya

Popolo di Napoli,
è ora che tu abbandoni il Samsara di sofferenza e di bassi sentimenti che da secoli ti avvolge. Come il lottatore nel fango di una fiera di paese, come la prostituta nel suo letto di immondi piaceri (altrui), tu da secoli lasci andare ogni tua sofferenza come se fosse una scarica del tuo intestino. E però tu dovresti sapere che la sofferenza non crea abitudine, ma solo scomposto desiderio di fuga. Tu sei ineducato a stare al tuo posto, tu non sai guardare né nelle nebbie delle azioni umani né nei semi del tempo per comprendere non ciò che avverrà fra un tempo ridicolmente breve, come, diciamo, 500 anni. Tu non sai vedere il domani perché sei schiavo delle aspettative dei falsi sapienti.
E proprio come chi continuamente si agita nell’attesa di ciò che avverrà, per trarne un piacere immediato e di breve durata, tu non comprendi ciò che ti avviene. L’impazienza ti rende anche violento. Tu mordi il tuo vicino di scodella, perché ti lasci più cibo. Tu odi chi potrebbe sottrarti al tuo fango, ne sei nemico giurato. Tu non vuoi uscire dall’inferno (mi pare che così si chiami dalle vostre parti, dov’è quello stagista occidentale che deve suggerirmi? quando servono non ci sono mai, gli occidentali), tu vuoi allungare la tua sofferenza. E dunque ad ogni scacco di un buon disegno, di un tentativo di riabilitazione, tu urli come la plebe inferocita urlò a Gesù Cristo (si chiamava così? Lo stagista occidentale, dov’è? Non è che starà mangiando carne in qualche taverna del centro? e sì che gli avevo dato per dieta solo radici amare…) e insomma mi pare così si chiamasse Gesù e la gente gli urlava, mentre subiva il martirio, se per caso non potesse liberarsi lui che diceva di essere il figlio di Dio…Una storia da ripensare quella, potrebbe tornare utile.
Sempre così, la plebe, uccide chi vuole liberarla. La plebe è archetipo, e tu, Napoletano, la incarni al meglio sulla terra. Ma noi abbiamo ritenuto che oggi il piano del mondo e il senso della sua marcia negli abissi celesti prevedesse un mutamento abissale (l’ho già detto?) del tuo destino. Ciò sarà possibile attraverso l’esercizio spirituale “britannico”, altrimenti detto “business as usual”.

Eccolo:
Una goccia di cera bollente cadrà sulla tua mano. Tu dirai: “oh, guarda”. E attenderai che la cera sia fredda per rimuoverla
Pagherai le tasse, parcheggerai solo negli spazi consentiti, a Capodanno non farai rumore ma dirai: che bello, comincia l’anno nuovo.
Ma è nel calcio che ti sarà chiesta virtù: la tua squadra perde. Tu ti dirai che forse qualcosa nei professionisti che la incarnano (ma non si potrebbe trovare un verbo vegetariano?) qualcosa è andato male e dirai: oggi io lavoro, loro lavoreranno, sapranno loro come fare.
Ripeterai a te stesso, ogni giorno, mille volte al giorno, che il calcio è cosa semplice, che lo sport è cosa semplice, espressione della futilità delle cose umane dove non ci sono scienze e particolari cause celesti: le partite si perdono perché gli aerei arrivano tardi, perché Higauin non ha cacato, perché il bambino di Insigne ha pianto tutta la notte, perché gli attaccanti si fanculano fra di loro in favore di telecamera, perché il tuo leader è fatto di carne e sangue (ma un linguaggio vegetariano?) e quindi sbaglia.

E il tuo esercizio sarà sopportare quell’errore come sopporti la goccia di cera sulla tua pelle. Il tuo esercizio sarà allontanare le aspettative. Accettare un dolore per imparare ad allontanarlo. La tua serenità si espanderà nell’atmosfera e raggiungerà Castel Volturno (che nome strano, avevo amici reincarnati come bufali che c’erano stati). Lo farai recitando le preghiera di cui sopra ricordando i momenti in cui hai preferito attendere senza passare a soluzioni precipitose.

Quando hai tentato di fare l’amore per la prima volta in vita tua ed hai fallito, non hai pensato “sono impotente”. Hai detto: la prossima volta andrà bene.
Quando sei andato male a quell’esame all’università, non hai detto: ho studiato poco (e avresti dovuto). Hai pensato: la prossima volta ecc ecc
Quando è finito un amore, hai pensato: ce ne sarà un altro.
Quando hai fallito con quella tua impresa commerciale, hai pensato: Mi rifarò.
Quando sei stato male e tutti credevano che stessi per morire, hai pensato: non ora, mio Dio (dite così, no in Occidente?), non ora, dammi ancora tempo.

E dunque perché non vuoi dare tempo agli altri, il tempo che chiedi per te, napoletano impaziente, diseducato, frustrato? Il tempo è la misura delle azioni umane, ma tu non sai misurarlo. E dunque ti tocca un contrappasso (lo diceva uno di Firenze che si è reincarnato in un maiale dalle parti di Buenos Aires, uno stronzo). Ti tocca avere per i prossimi 24 anni lo stesso allenatore di calcio. Tu lo amerai, tu aspetterai che egli raggiunga i risultati, tu imparerai a chiamarlo “SirAlex”, (uno che si reincarnerà in un bradipo alcolizzato in Africa), tu capirai che il calcio come ogni opera umana ha bisogno del tempo, almeno qui a Napoli dove contro ogni opera umana razionalmente orientata allo scopo (questo lo diceva un tedesco che si reincarna in impiegato comunale ogni 25 anni). Tu farai tutto questo, perché tutto questo non è il calcio. Ma la vita, e tu della vita conosci solo il fondo del bicchiere, l’impazienza del bambino che ha fame e insieme l’intolleranza del decrepito che ha paura della morte. Tu imparerai a respirare col tempo.
Vittorio Zambardino

ilnapolista © riproduzione riservata