Simeone: «A volte chiamo i miei amici che ho ancora a Napoli solo per sentirli parlare in dialetto»
A Dazn: «L'amore per il Napoli e per i tifosi è cresciuto col tempo. Io volevo andare lì da subito, lo sentivo dentro. Da quel momento è nato un legame fortissimo»

As Roma 14/09/2025 - campionato di calcio serie A / Roma-Torino / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: esultanza gol Giovanni Simeone
L’attaccante del Torino, Giovanni Simeone, ha rilasciato alcune dichiarazioni a Dazn. Il giocatore si troverà di fronte il “suo” Napoli proprio domani, club col quale ha vinto due scudetti.
Le parole di Simeone
Quando chiudi gli occhi, in questi giorni, prima di dormire, a quale momento ripensi più spesso?
«All’emozione che ho vissuto quando sono arrivato a Napoli. Alla gioia, alla felicità di indossare anche solo la tuta del Napoli. È stato uno dei momenti più emozionanti per me, perché lo volevo a tutti i costi. Mi ricordo che non avevo ancora indossato la maglietta, solo la tuta. Mia moglie mi fece una foto e le dissi: “Questa foto è bellissima, guarda che colore!”».
A distanza di qualche mese, c’è qualcosa che vorresti aggiungere?
«Il giorno che stavo partendo per Torino, sul treno pensavo: “Come faccio a scrivere un messaggio d’addio al Napoli?” Non l’ho mai sentito come un addio vero, ma volevo dire qualcosa alla gente. Il viaggio durava cinque ore, e credo di aver pianto per quattro ore e mezza. Non riuscivo a scrivere. Poi, la sera, più tranquillo, ho buttato giù quel messaggio. A Napoli piangi due volte, davvero: quando arrivi e quando te ne vai. È dura»
Hai pianto più per l’amore ricevuto o per quello che ti mancherà?
«Tutti e due. L’amore per il Napoli e per i tifosi è cresciuto col tempo. Io volevo andare lì da subito, lo sentivo dentro. Da quel momento è nato un legame fortissimo: con il club, con la città, con la gente. Ho amici lì, li sento ancora. A volte li chiamo solo per sentire il dialetto napoletano, mi manca tantissimo. Mi piace la loro energia. Mi sento un po’ come loro: argentino e napoletano, a Napoli si respira tutto questo, insieme a Maradona».
Con quali ex compagni ti senti ancora?
«Con tanti. Con Jack Raspadori, con Amir Rrahmani, con Elmas e anche con i magazzinieri. L’altro giorno gli ho chiesto quale caffè prendono, così l’ho comprato e portato qui a Torino. Mi piace mantenere quei piccoli riti».
È stato naturale il passaggio da Napoli al Torino? Ti senti di aver dato tutto?
«Sì, ho dato tutto quello che avevo. Quando a 26-27 anni decisi di andare in una squadra come il Napoli, sapendo che davanti avevo Osimhen, tanti mi dicevano: “Ma sei matto?” Io però, lo volevo. Certo, magari avrei voluto più minuti, ma abbiamo vinto due scudetti e ne sono fiero»
Nel decidere di venire a Torino ti sei confrontato con qualcuno? Penso a Buongiorno, Elmas, Conte, o Juric, che è stato il tuo primo allenatore in Europa.
«Si, ho sentito qualcuno. Anche Conte, l’ho visto e abbiamo parlato. Ma sapevo che dovevo prendere io la decisione. Non è stato facile lasciare Napoli, però sentivo che era il momento. Dopo lo scudetto, dissi anche a mia moglie: “È il momento di cambiare”».
Presto sarai papà. Maschio o femmina?
«Maschio. Continua la dinastia Simeone. Il primo regalo sarà un pallone, anche se mia moglie non sarà contenta. Non avrà un nome con la G, però».
Ti fa più effetto papà Cholito o nonno Cholo?
«Papà Cholito prima o poi doveva arrivare. Ma mio padre non accetterà mai di essere nonno. Dice: “Io sono il Cholo, non il nonno”. Ma prima o poi dovrà rassegnarsi».
Anche tuo fratello sta per diventare papà
«Sì, anche lui. Maschio pure lui. Papà avrà la sua squadra completa presto. Tra l’altro quest’anno ha deciso di passare il compleanno con me a Napoli: lo vedo poco, quindi l’ho apprezzato tantissimo. Lui è venuto pure a vedermi in Coppa Italia contro il Modena, anche se la partita non era andata bene».
Hai detto che ti ricorda un po’ Conte
«Conte è come mio padre: quando perde, è meglio stargli lontano. Una volta, durante un allenamento, è iniziata la grandine ma grossa. Noi ci coprivamo la testa, e lui: “Che fate? Continuate!”. Il campo era bianco, il pallone non rimbalzava, ma lui andava avanti come niente. Un pazzo (ride, ndr)».
Hai parlato di Raspadori: lo stai sentendo?
«L’ho sentito prima del suo gol. Gli ho chiesto come va la squadra, com’è la città. Lui è un ragazzo d’oro, super umile. Farà benissimo ovunque».
Hai avuto voce nel suo passaggio all’Atletico?
«No, mio padre quando decide, decide. Ma gli ho detto quello che penso: Jack è forte, umile, disponibile. Un giocatore completo».
Cosa ti sei portato da Napoli a Torino?
«La mentalità positiva, al 100%. Ho imparato a guardare oltre le difficoltà, e ora cerco di trasmetterlo ai ragazzi qui. Ci sono tanti giovani forti che devono imparare a non mollare mai, perché si cresce nella sofferenza».
Tu e mister Baroni sembrate molto allineati su questa filosofia.
«Mi piace la sua mentalità , la sua cattiveria agonistica. Uno che trasmette, che ti fa sentire pronto alla battaglia. Con lui vado in guerra. E questo spirito, da Toro è quello che mi ha spinto a venire qui».
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Guardando la tua carriera in Serie A, sei soddisfatto?
«Sì, ma so che posso dare ancora di più. Ho 300 presenze, tanti gol, due scudetti, ma ci penserò quando smetterò. Ora voglio continuare a migliorare».











