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Renard ha insegnato all’Arabia a giocare in trenta metri e a far male col fuorigioco

Preparatissimo nella preparazione fisica dei calciatori, è ben più delle immancabili camicie bianche Dolce&Gabbana e del fisico da dio greco

Renard ha insegnato all’Arabia a giocare in trenta metri e a far male col fuorigioco
Saudi Arabia's French coach Herve Renard gestures during the Qatar 2022 World Cup Group C football match between Argentina and Saudi Arabia at the Lusail Stadium in Lusail, north of Doha on November 22, 2022. (Photo by Khaled DESOUKI / AFP)

Cambridge, dicembre 2004. È una giornata uggiosa e il club ha appena comunicato un cambio di allenatore allenatore. All’epoca, il Cambridge United gioca in League Two ed è in fondo alla classifica. Solitamente i divorzi sono per lo meno dolorosi, ma il presidente Gary Harwood ha parole al miele per l’ormai ex tecnico: “È stata una separazione amichevole, qualcosa che non volevamo fare… non abbiamo purtroppo tempo per assorbire la sua filosofia, vista la posizione di classifica”.

Quel qualcuno è il francese Hervé Renard. Ha preso il posto del santone del calcio africano Claude Le Roy, che gli ha lasciato il timone l’estate precedente. Questo sembra essere una sorta di tema nella carriera di Renard, che ha allenato pochi club, per lo più all’inizio della sua carriera. E a guardare la sua traiettoria nei club francesi – un anno al Sochaux nel 2013-14, pochi mesi al Lille nel 2015 – i risultati non sono incoraggianti.

Questo perché il vero giardino di casa di Renard sono le nazionali. Dopo aver girato per i club di Inghilterra, Francia, Vietnam e Cina, gli viene affidata la prima: è lo Zambia. Lo porta ai quarti di finale di Coppa d’Africa e poi lo lascia. Poi l’Angola, dove l’avventura è breve. Infine, torna nuovamente allo Zambia, dove vince la Coppa d’Africa 2012 ai rigori, togliendo a Drogba la possibilità di vincere il Pallone d’Oro. E poi, in una sorta di giravolta, viene assunto dalla Costa d’Avorio e vince la Coppa d’Africa 2015, spezzando la maledizione per il paese dell’Africa Occidentale.

In quel momento, Renard si è creato il personaggio a lui più confacente. Nel “Nazional- verso”, non ci sono limiti per lui. Il Marocco – che l’aveva già cercato prima che accettasse il Sochaux – ci riprova e lo mette sulla panchina per tornare al Mondiale. E lui ci riesce, facendosi persino passare il re al telefono dopo essersi qualificati; il Mondiale di Russia – dove fece faticare Spagna e Portogallo – era un altro mattoncino.

Ma qual è il segreto di Hervé Renard? Forse ce ne sono tre. Primo: capacità di creare un gruppo dove non c’era. Renard è un selezionatore che si immerge nella realtà che vive. Secondo: Renard sembra in grado di capire ogni situazione meglio dei suoi avversari. Non possiamo vincere contro la Costa d’Avorio? Barrichiamoci, potremmo avere fortuna. Spagna e Portogallo sono più forti di noi? E chi ha detto che il Marocco debba serrarsi in difesa? Ha perso due gare per 1-0 e stava vincendo con la Spagna fino al 91’.

Ma la parte finale, quella cruciale, sta nella preparazione fisica. In un articolo del Guardian, ex giocatori del Cambridge ricordano qual era il regime di Renard: “Il pre-stagione con lui è stato uno dei più duri della mia carriera. Era in forma più di noi”, dice John Ruddy, ex portiere del Norwich. “Poteva correre sette-otto miglia al giorno, senza problemi: aveva il corpo di un dio greco”, ribadisce Shane Tudor, capocannoniere di quella stagione al Cambridge. E sempre impeccabile con le sue camicie bianche di Dolce e Gabbana.

È la stessa che abbiamo visto nel “Miracolo di Lusail”, come sarebbe giusto chiamarlo. L’Arabia Saudita – con l’inesperienza che accompagna alcuni, altrimenti non avrebbero concesso un rigore tanto ingenuo – mitigata dalla continua trappola del fuorigioco, resa efficace dall’avanzamento tecnologico. ha iti, sempre pronti. Un’Argentina troppo tranquilla dopo il vantaggio… e 10’ di grande flusso offensivo, che sono bastati per due gol.
E l’Arabia Saudita non è una sorpresa, mostra che due cose possono coesistere. Una nazionale può essere asiatica e capace di stare sul palcoscenico mondiale. L’Arabia Saudita è il regime di Khashoggi assassinato, del Newcastle United in zona Champions e di una inquietante candidatura al Mondiale 2030, però è anche un gigante asiatico del calcio. Tre volte campione continentale, con l’Al-Hilal che è campione in carica in Champions League asiatica, reduce da una discreta figura a Russia 2018. Renard ha messo tutto assieme. L’Arabia Saudita ha finito il girone di qualificazione davanti al Giappone, meritatamente.
Non è un caso che Renard abbia già rinnovato il contratto fino al 2027, anno in cui l’Arabia Saudita spera di ospitare (e vincere) la Coppa d’Asia. Ma l’aveva detto: “Obiettivi per il Mondiale? Non ci sono limiti nel calcio. Devi creare la tua fortuna, dare tutto sul campo e prepararti per eradicare ogni possibile errore”. Facciamo attenzione, perché il risultato di oggi sblocca delle conseguenze inattese. Abbiamo visto la Cina invadere il mercato europeo e non ottenere nulla a livello di risultati per la sua nazionale. Il Qatar, vista la grandezza del paese, ha fatto forse anche troppo, vincendo la Coppa d’Asia nel 2019 e sembra aver toccato il suo limite. Per l’Arabia Saudita – tra soldi, squadra in Premier e la voglia di ospitare un Mondiale – potrebbe essere solo l’inizio.
Per Renard, invece, è l’ascesa alla gloria. In fondo, quel pomeriggio che lo esonerarono a Cambridge, il presidente fu chiaro: “Chi sostituirà Renard? Non lo so… al momento, sono solo terribilmente dispiaciuto per questa situazione, perché Hervé è una delle migliori persone che ho mai incontrato nel mondo del calcio e rimarrà un mio amico”. Oggi, quegli amici sono diventati molti di più.
(a cura di Gabriele Anello)
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