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Patrese: «Il giorno in cui ci lasciò Senna capii che dovevo smettere, non era più la mia F1» 

A Libero: «Ai miei tempi eravamo 13 italiani su 32, oggi 0 su 20… La Formula Uno oggi è diversissima, il pilota è nelle mani dei box»

Patrese: «Il giorno in cui ci lasciò Senna capii che dovevo smettere, non era più la mia F1» 

Su Libero un’intervista a Riccardo Patrese. Oggi ha 68 anni, è stato vice-campione del mondo nel 1992. In carriera ha vinto 6 gp e ne ha corsi 256.

«Mi ricordo che un anno, tra i 32 piloti impegnati nel Circus, eravamo in 13 italiani! Ci pensate? Oggi 0 su 20…».

Gli chiedono se gli piace la Formula 1 attuale.

«È diversissima dalla mia. Pensate, io correvo quando non c’era neppure la radio di bordo. Oggi è tutto fantascientifico, il pilota è nelle mani dei box e, se deve cambiare le gomme, glielo impone il muretto».

Nostalgia?

«Non tanta. Sono soddisfatto di quello che ho fatto in 16 anni di Formula 1. Ho iniziato all’epoca di Fittipaldi e ho finito in quella di Schumacher. Ho corso contro Hunt e Lauda, poi mi sono scontrato con Piquet, Senna, Prost, Mansell. Diventare vice-campione del mondo avendo a che fare con questi assi non è stato male».

Il più forte di tutti i tempi?

«Senna e Schumacher sullo stesso piano. Loro due vincevano anche con macchine non al top, in quelle condizioni si vede il campionissimo».

Il suo ricordo più brutto?

«È legato a due incidenti: quello in cui morì il mio grande amico Elio De Angelis nel 1986, e quello di Imola 1994 quando ci lasciò Senna. Quel giorno a Imola ho capito che dovevo smettere, non era più la mia F1».

Qual è il suo ricordo più bello in F1?

«La vittoria a Imola nel 1990, con la Williams».

Il rimpianto?

«Non aver mai corso per la Ferrari. E dire che avevo anche firmato un pre-accordo con il Drake. Ma non c’è stato verso. Peccato davvero».

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