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Il processo a Maradona ci lascia una domanda: si può processare la storia?

Un libriccino sugli atti di un processo realmente avvenuto per la mano de dios: Flavio Tranquillo pm, Claudio Botti avvocato difensore, Antonio Salvati giudice

Il processo a Maradona ci lascia una domanda: si può processare la storia?

Il libriccino si intitola “Processo a Diego Armando Maradona” e il sottotitolo non poteva che essere “la Mano de Dios”. Hanno scelto questo titolo perché “Processo alla storia” sarebbe stato troppo pomposo. È un’idea nostra, non di Claudio Botti (noto avvocato, peraltro napolista della primissima ora, fondatore del Te Diegum), né del giornalista Flavio Tranquillo né del giudice Antonio Salvati che hanno reso un originale omaggio al signore del calcio che oggi compie sessant’anni. E hanno dato vita, in Calabria, a un vero e proprio processo i cui atti sono poi diventati un libro edito da “Edizioni Le Lucerne”.

È un processo vero e proprio, un po’ come “La più bella serata della mia vita” di Ettore Scola. Qui il finale è decisamente meno tragico. Ma è tutto fatto a regola d’arte, con i capi d’imputazione. L’imputato Diego Armando Maradona è accusato di:

truffa (articolo 640 del codice penale), abuso della credulità popolare (articolo 661); circonvenzione di incapace (articolo 643); istigazione a disobbedire alle leggi (articolo 415) per avere in data 22 giugno 1986, in Città del Messico, Messico, presso lo stadio Azteca, nel corso dell’incontro di calcio valevole per i quarti di finale del campionato del mondo tra la nazionale dell’Argentina e quella dell’Inghilterra, al sesto minuto della seconda frazione di gioco realizzato la rete dell’1-0 colpendo il pallone con la mano.

Ci sono il pm (Tranquillo), l’avvocato difensore (Botti) e il giudice (Salvati). Tranquillo recita il ruolo più abusato, quella dell’accusa a Maradona. Sulla base dell’antisportività ma anche dell’esempio per i giovani. Commettendo però un errore che a nostro avviso è fondamentale per capire che è arduo processare la storia. Perché la storia, quando si materializza, quando crea, lo fa mettendo tutti i tasselli al suo posto. Tranquillo scrive che il secondo gol di Maradona in quella partita è un’aggravante.

“Perché dimostra l’inutilità di violare la regola nell’azione precedente. Se Maradona non avesse fatto gol con la mano e avesse fatto solo l’altro gol, facendo finire la partita 1-0, oggi parleremmo tutti soltanto di quel secondo bellissimo gol e non saremmo in quest’Aula a valutarne la responsabilità penale. Ogni ragazzo argentino, parlando con un ragazzo inglese, italiano, belga, portoghese, oggi direbbe: «Noi siamo quelli dell’1-0 segnato da Maradona!». Oggi invece deve dire: «Noi siamo quelli del 2-0, abbiamo battuto l’Inghilterra”, con la risposta del belga-portoghese: “Bella forza, con la mano lo sapevo fare anch’io”.

Tralasciamo l’ultima frase – ci torneremo alla fine – Tranquillo commette un notevole errore storico. Quella partita finì 2-1. L’Inghilterra segnò a nove minuti dal termine con Lineker non a caso uno dei pochissimi inglesi a non avercela mai avuta con Maradona, a non aver mai serbato rancore. L’Argentina vinse grazie a quel gol di mano. La storia si fa con quel che è indispensabile. Altrimenti non sarebbe storia.

E la storia si fa anche beffe di te. Nel numero speciale di France Football dedicato a Maradona, c’è una dichiarazione dell’arbitro di quel match: il tunisino Ali Bin Nasser.

«Francamente non vidi nulla. Ero lontano dall’azione e poiché il guardalinee (il bulgaro Dotchev) non mi ha segnalato nulla, ho convalidato il gol. Prima dei Mondiali un inglese, Walton, ci diede come direttiva quella di seguire le indicazioni del guardalinee più vicino all’azione. È quello che ho fatto».

Il processo prosegue. Botti – il cui pensiero è ben noto ai nostri lettori – basa la sua difesa su due capisaldi: il desiderio di vendicare un’ingiustizia – la guerra della Falklands – e sulla bellezza con la splendida citazione di Oscar Wilde da Il ritratto di Dorian Gray:

La bellezza è una forma di Genio – è più alta, invero, del Genio, perché non necessita di alcuna spiegazione. È uno dei grandi elementi del mondo, come i caldi raggi solari, o le giornate di primavera, o il riflesso in acque blu notte dell’argento di quella conchiglia che chiamiamo luna. Non può essere messa in discussione. Ha un diritto divino di sovranità.

E quindi, conclude Botti, “condannare Maradona per quel gol di mano significa negare al mondo il diritto al Genio e alla Bellezza”.

Si arriva alla sentenza che a nostro avviso contiene un elemento importante dell’essere napoletani. Il giudice Salvati sconta l’essere tifoso azzurro, non nasconde – sia pure nella giocosità del rito – la propria difficoltà, il proprio imbarazzo. Siamo molto lontani dall’assoluzione istituzionale, non solo popolare, che ebbe Zidane in Francia dopo la celebre testata. Maradona gode della prescrizione, anche se il giudice Salvati smonta i capi d’accusa tranne uno: l’istigazione a disobbedire alle leggi. Ricorda qualche precedente di Maradona – tra i dubbi include anche il gol di testa rasoterra alla Sampdoria – e chiude con Italo Calvino e il suo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti”.

La lettura è interessante e gradevole. Ci va di aggiungere qualcosa. Maradona è consapevole di aver fatto la storia. Altrimenti oggi, 34 anni dopo, non avrebbe detto a France Football che il suo sogno “è di segnare un altro gol di mano all’Inghilterra, stavolta con la mano destra”. Quel gol fotografa anche un’epoca calcistica e non solo. È il mondo senza il Grande Fratello. In fondo, anche quando ci regala soddisfazioni come i gol annullati allo juventino Morata, il fuorigioco per un naso più prominente è qualcosa di lontano dal calcio che ci ha fatti innamorare.

Oggi quel gol non sarebbe possibile. Neanche pensarlo. Dettaglio tutt’altro che irrilevante. Il che ci porta alla considerazione di Flavio Tranquillo: “Bella forza, con la mano lo sapevo fare anch’io”. E no. Non a caso, recentemente, in una delle interviste concesse, Ottavio Bianchi ha ricordato come Maradona si allenasse anche a segnare con la mano. La grande difficoltà è studiare, lavorare per migliorarsi quando non si ha un obiettivo all’orizzonte. Quel giorno, Maradona mise a frutto anni e anni di studio e applicazione. Per il primo gol e anche per il secondo. Fotocopia di una meravigliosa azione che lo vide protagonista proprio contro l’Inghilterra in un’amichevole del 1980. Simile, anche se più breve. Si liberò della difesa inglese e davanti al portiere tirò di pochissimo a lato. Quando rientrò, il fratello lo rimproverò: dovevi scartare il portiere.

Il 22 giugno se ne ricordò, come gli servirono tutte le prove in allenamento. La maestosità di Maradona è aver sempre saputo che senza l’applicazione il genio non gli sarebbe bastato.

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