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Panenka, gli stereotipi su Napoli e una conclusione: meglio il mandolino

Panenka, gli stereotipi su Napoli e una conclusione: meglio il mandolino

Qualche giorno fa ho visto su Facebook lanteprima della copertina del numero di maggio della rivista spagnola Panenka, un mensile specializzato in approfondimenti calcistici, che ritraeva Maradona con la maglietta del Napoli. Dato che vivo a Barcellona e conosco la rivista per gli interessanti articoli mai banali o superficiali, mi sono ripromesso di comprare il nuovo numero.

Mi ha incuriosito molto la descrizione dello speciale su Napoli perchémi ha dato limpressione di essere un articolo con un taglio diverso che si allontanava dagli stereotipi della città: El dossier de este número estádedicado a esta ciudad del sur de Italia, a su día a día, su complejidad social, sus conflictos, su belleza y, sobre todo, su fútbol, ese deporte que un día le devolvióel orgullo perdido ante las potencias del norte. (Lo speciale di questo numero èdedicato a questa cittàdel sud Italia, alla sua quotidianità, alla sua complessitàsociale, i suoi conflitti, la sua bellezza, e, soprattutto, il suo calcio, uno sport che tempo fa le restituìlorgoglio perso davanti alle potenze del nord). Maradona in copertina, questo tipo di introduzione e il riferimento allorgoglio perduto, lasciava presagire un buon articolo sul calcio a Napoli o quantomeno differente rispetto ai tanti letti e riletti. 

Prima di avere la possibilitàdi comprarlo ho letto un articolo apparso su Il Napolista” firmato da Alfonso Noël Angrisani (https://www.ilnapolista.it/2015/05/panenka-napoli-camorra-rifiuti-albiol/) che, pur essendo un appassionato della rivista Panenka, si era meravigliato del contenuto dello speciale su Napoli ed era rimasto molto deluso. Dalle parole dellautore si evidenziava ancora una volta laccostamento Napoli camorra per parlare della città.

Non ho perso tempo e ho comprato la versione digitale per leggere con i miei occhi quanto riportato dalla rivista spagnola. Ho quindi iniziato la lettura con un forte pregiudizio subito confermato dalla foto di apertura dello speciale. Una turista con una cartina della cittàa piazza Gerolomini e un cumulo di spazzatura alle sue spalle. Fortunatamente la lettura mi ha sorpreso in positivo. Nellarticolo si fa un parallelismo tra la storia del Napoli e la tragica vicenda di Ciro Esposito con unintervista a Vincenzo, lo zio del giovane tifoso napoletano scomparso lo scorso anno. Purtroppo non ho avuto il tempo di godermi la lettura che, girata pagina, ho trovato una foto del capo ultrànapoletano Genny la Carogna con una didascalia tutta da ridere, o da piangere “…se lo incontri per strada cambia marciapiede. Imperterrito ho continuato la lettura, ma ho provato un senso di rabbia misto a delusione a causa dei continui riferimenti alla camorra anche quando, a mio parere, non aveva senso farli. Limpressione che ho avuto e che si stesse utilizzando come linea narrativa il piùclassico degli stereotipi usati per dipingere Napoli: la criminalitàorganizzata. E anche per chiudere linteressante e ben realizzata intervista a Raúl Albiol, gli autori non hanno trovato di meglio che concludere con no quería acabar sin preguntarte por la camorra…”(non volevo terminare senza chiederti della camorra). Dalla lettura èsembrato che gli autori cercassero in tutti i modi quegli elementi negativi preconcetti per confermare gli stereotipi sulla cittàdi Napoli. 

Per citare ancora Angrisani mi èrimasto lamaro in bocca perchélo speciale di 26 pagine dedicato a Napoli èricco di momenti brillanti, originali e profondi soprattutto per quanto riguarda la storia di Vincenzo Esposito che per Panenka rappresenta un simbolo positivo di lotta e ritrovata dignitàcontro gli stereotipi su Napoli e Scampia. Alla fine mi sono ritrovato di fronte a un articolo contraddittorio: da un lato si sono affermati ancora una volta i luoghi comuni – monnezza e camorra – e dallaltro sembrava che volessero romperli raccontando, tra i pochi in Europa, la vicenda di Ciro Esposito e la forza di volontàe di unione di Scampia per affermare la sua dignità.

Perché, mi chiedo, bisogna sempre accostare Napoli alla camorra anche quando si scrive di calcio o di qualunque altro aspetto che si riferisce alla cittàpartenopea?

Nessuno vuole nascondere lesistenza del fenomeno camorra, ma credo sia giusto parlare della criminalitàorganizzata nel suo contesto e non come una semplice e poco originale linea narrativa per raccontare altri aspetti di Napoli. In questo modo si rischia di identificare unintera città, una popolazione e qualunque tipo di attivitàsvolta a Napoli con la camorra.

Ho inviato una mail di protesta alla redazione di Panenka spiegando limpressione che mi aveva causato larticolo. Inaspettatamente mi ha risposto il direttore Aitor Lagunas che èanche lautore dello speciale incriminato, che mi ha invitato in redazione per un video dibattito in modo da poterci confrontare ed esprimere i nostri divergenti punti di vista. Ho accettato volentieri contento di avere questa possibilità, conscio della raritàdel gesto.

Lincontro è stato molto amichevole e da subito si ècreata tra di noi una buona sintonia e abbiamo discusso e dialogato in modo costruttivo. Aitor voleva capire il perchédella mia e di tante altre proteste arrivate via email. Ho cercato di far capire le mie ragioni con un esempio. Ècome se parlando del Paese Basco si facesse sempre riferimento al tragico problema del terrorismo di ETA anche se stiamo parlando della deliziosa cucina basca o delle meravigliose spiagge oceaniche che bagnano le sue coste.

Abbiamo parlato anche dei Napoletani che vivono a Barcellona, del sentimento che ci lega alla squadra, della sua esperienza a Napoli e soprattuto di Ciro Esposito. Aitor èrimasto sorpreso dalla reazione di molti napoletani che, secondo lui, si sono soffermati su un aspetto secondario invece di dare importanza allelemento centrale di tutto il racconto: Vincenzo Esposito e Scampia. Secondo Aitor dalla tragedia di Ciro puònascere un nuovo mito tutto partenopeo che puòscalzare quello di Maradona, un grande calciatore venuto da fuori che poi èandato via. Aitor afferma che la tragedia di Ciro ha permesso a un intero quartiere di unirsi e di urlare al mondo la sua dignitàe la sua voglia di cambiamento. Da qui può nascere un nuovo simbolo di rinascita non legato esclusivamente alle gesta di un campione. 

Onestamente gli ho detto che il risultato, almeno per i napoletani, non èstato raggiunto e credo sia dovuto alla scelta delle fotografie. Da sociologo visuale quale sono, le fotografie che accompagnano un testo sono importantissime. Credo che questo sia stato lerrore dello speciale: aprire con la foto a due pagine della turista con dietro limmondizia e poi continuare con la foto di Genny la Carogna mentre il testo parlava della vicenda di Ciro Esposito. Alle immagini si sono aggiunti i continui riferimenti alla camorra dando limpressione di utilizzare, ancora una volta, gli stereotipi di cui molti napoletani sono stanchi. Le immagini usate contrastano con il testo scritto e condizionano il lettore. Peccato davvero perchési èpersa loccasione di raccontare in modo originale e profondo una cittàricca di storie, bellezze e contraddizioni. Aitor dopo aver riflettuto un attimo mi ha dato ragione. Probabilmente hanno sbagliato a scegliere quelle foto.

Credo alle parole di Aitor e alla sua versione dei fatti. Perchédovrebbe mentire? Una spiegazione me la sono data. Purtroppo limmagine di Napoli e dei napoletani che il paese Italia, e i suoi mezzi di comunicazione, esporta allestero èormai questa: immondizia e criminalitàorganizzata. Immagini che hanno fatto, e fanno, il giro del mondo e che rimangono dentro le persone alimentando il pregiudizio. Una volta a Napoli chiunque cercheràla conferma di ciòche gli èstato inculcato sia in positivo che in negativo. Come tanti anni fa quando i turisti cercavano a Napoli gli elementi caratteristici dello stereotipo napoletano: lallegria, il pino, la pizza, il sole, il mare e il mandolino. Che posso dire? Ridatemi il mandolino.
Marco Rossano

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