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Dieci anni di Hamsik, la bandiera del Napoli che non è Rolando Bianchi

Storia breve di Hamsik a Napoli, del rapporto della città con lui e con gli insegnamenti che ha saputo darci sul calcio e sul calciomercato.

Dieci anni di Hamsik, la bandiera del Napoli che non è Rolando Bianchi

Il tifoso sa essere poco lungimirante

Dieci anni fa, di questi tempi, Simone Cristicchi era il campione in carica del Festival di Sanremo e i tifosi del Napoli contestavano. Sì, perché la promozione in Serie A era vecchia di due settimane e quattro giorni, ma “ci vogliono i campioni”. Non stiamo scherzando, anzi. Riportiamo una verità. Il giorno della presentazione dei due primi acquisti per la stagione 2007/2008, era a metà luglio, i tifosi del Napoli «intonavano cori e brandivano striscioni, basta illusioni fuori i milioni». C’è tutto in questo articolo della Gazzetta.

La goccia che aveva fatto traboccare il vaso della contestazione aveva un nome e un cognome: Rolando Bianchi. Uomo di punta della Reggina di Mazzarri, 18 gol in Serie A e un’estate da promesso sposo. Poi firmò per il Manchester City. Napoli esplose, perché voleva Bianchi accanto a Calaiò. Perché Lavezzi non poteva starci bene. Perché ci volevano i milioni, non un centrocampista sconosciuto del Brescia. Quello con la cresta, ci ha segnato al San Paolo ma vuoi vedere che se era forte veramente nessuno se lo prendeva? Come si chiama, aspè… Ah, si. Hamsik.

Oggi

Sono passati dieci anni, perché Hamsik fu annunciato dal Napoli il 28 giugno. In realtà era come Ounas, un segreto di Pulcinella. Tutti sapevano che Hamsik sarebbe venuto al Napoli, o che comunque il Napoli era sulle sue tracce. Anche e proprio quando segnò al San Paolo, Napoli-Brescia 3-1. Per gli azzurri, gol di Dalla Bona, Bogliacino e Bucchi. I primi due accolsero il giovane slovacco in azzurro, l’attaccante passò prima al Siena e poi al Bologna.

Il tifoso che si incazzò per Rolando Bianchi dovrebbe essere portato oggi in pubblica piazza. Dovrebbero togliergli, davanti alla famiglia e agli amici, la patente di esperto di pallone. Non potrebbe parlarne per un numero di mesi pari ai gol realizzati da Hamsik, oppure potrebbe parlarne ancora, ma solo per un numero di giorni pari ai gol realizzati in carriera da Bianchi dopo il no al Napoli. Dopo, solo silenzio. Difficile scegliere.

Scherzi a parte, oggi si celebra uno degli acquisti più importanti della storia del Napoli. Hamsik dal Brescia al Napoli non avrà mai la portata emozionale e finanche socio-culturale di un Maradona, e non rappresentava un trasferimento epocale per il Napoli – come quello di Careca, il centravanti della nazionale brasiliana, o di Higuain. Forse, però, è quello che insegna più cose sul calcio. Sul Napoli, anche.

Crescere campioni

Hamsik rappresenta il miracolo del calcio che si rinnova. Uno slovacco di una città sconosciuta al pallone dei grandi che diventa grande nel pallone, partendo dal Brescia e mettendo radici a Napoli. Uno dei centrocampisti più forti d’Europa, questo è uno status riconosciuto e universalmente accettato – per Transfermarkt è la sesta mezzala più costosa del Continente -, si è formato a Napoli ed ha formato il Napoli. Non è dovuto passare per il Milan, per il Bayern Monaco o per il Real Madrid per affermarsi a certi livelli. Gli è bastata Napoli, gli è bastato il Napoli.

Perché Hamsik è forte, fortissimo, magari non ai livelli di Gerrard e Lampard – come si diceva dopo che, nel 2007, il tifoso ebbe a ravvedersi e dimenticò Rolando Bianchi nel cassetto “cazzate dell’esistenza – ma ci è andato vicino. Il Napoli ha saputo crescere con lui, ha saputo coccolarlo e coccolarselo anche senza programmarlo, in maniera spontanea. Forse sono proprio questi gli amori migliori.

Anche perché poi il miracolo del calcio che si rinnova, come abbiamo scritto sopra, è bello proprio perché non conosce confini. Non ha geografia prestabilita, né gerarchie che non si possano rovesciare. Hamsik ha abbattuto molti luoghi comuni di questo sport, è un caso raro ma significativo di bandiera forte-e-consapevole in una squadra che studia da grande. Veicola una lunga serie di significati che rappresentano il bello del calcio, della vita.

Tra dieci anni

Napoli, oggi, protesta un po’ di meno per il calciomercato. Forse Hamsik è stato utile anche per questo, per dimostrare che un giocatore che arriva dal Brescia, o dal San Lorenzo (Lavezzi) o dal Palermo (Cavani) o dal Psv (Mertens), o addirittura dal settore giovanile (Insigne), può lasciare ricordi migliori, umanamente e calcisticamente, rispetto a chi arriva dal Real Madrid o dal Bayern Monaco. Ogni riferimento a Gonzalo Higuain e José Sosa non è puramente casuale.

Il sogno è che tra altri dieci anni, quando Marek sarà alla soglia dei 40 e sarà l’allenatore del club della sua vita, qualcuno possa sorridere pensando a quanto ancora siano cresciuti, Hamsik e il Napoli, nei dieci anni appena terminati. Basterebbe meno della metà dell’upgrade verificatosi finora per consegnare questo matrimonio alla storia assoluta e universale dello sport. Per quella interna, piccola e solo nostra, Hamsik è già in primissima fila. Accanto a Maradona, non è più blasfemo pensarlo o scriverlo. Rolando Bianchi, in questa storia, non ci è mai entrato. Amen.

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