ilNapolista

Dialogo tra due tifosi del Napoli sulla 10 a Tonelli

La fantasia dei napoletani e un dialogo surreale, d’estate, mentre si beve: c’è chi accetterebbe Tonelli con la dieci, ma non di tornare all’università.

Dialogo tra due tifosi del Napoli sulla 10 a Tonelli

La realtà

Gianni Montieri: Vorrei immaginarlo su una sedia di plastica, fuori da un chioschetto, mentre beve una birra chiara e bestemmia contro La Gazzetta, Il Corriere dello Sport, e sfotte Tuttosport; intanto che aspetta l’amico per fare due chiacchiere e brontolare sul mancato acquisto, sulla presunta cessione, su questo non va bene, su ci vuole un attaccante, su ci manca un terzino, sul retropassaggio sbagliato contro il Sassuolo. Vorrei tanto immaginarlo così, ma neppure con la mia grande fantasia ci riesco. Perché nell’immaginazione costui dovrebbe chiudere il giornale e occuparsi d’altro a un certo punto, ma la realtà è altra cosa.

La realtà è un uomo imbruttito (o ragazzo, o ragazza, o donna, o nonna, o nonno ma comunque imbruttito) che purtroppo ha uno smartphone, ha un pc, ha un tablet e – sfortuna vuole – un collegamento internet eccellente. La realtà è il nostro imbruttito che entra su Twitter che, nonostante il caldo, passa due ore a litigare con Bargiggia o crea fotomontaggi con dichiarazioni di Sergio Ramos, o scrive saggi in 140 caratteri sulla lucidità sottoporta di Callejón (scusa Saramago), e questo è solo l’inizio, giusto qualche frammento, capisci perché io voglio che passi l’estate, voglio le partite, ma mica per me, per questi qua.

L’estate

Raniero Virgilio: È invece proprio l’estate il luogo principe del tifoso – come spiegò benissimo uno dei maggiori preparatori atletici della storia, ovviamente campano, il grande Tito Lucrezio Caro: “Suave, mari magno turbantibus aequora ventis/e terra magnum alterius spectare laborem;” – è dolce, mentre sul vasto mare i venti turbano le acque, osservare da terra il gran travaglio altrui. Cosa c’è di meglio che non faticare e mirare gli altri esservi costretti? Il calciomercato è di tutti gli altri, degli scaltri Raiola che ricaricano tutto il ricaricabile sui prezzi e tagliano gli sconti. Perché faticare per appropriarcene mentre ci ripariamo dalla canicola sotto il chioschetto? Godiamo del travaglio altrui, una volta tanto, dei centrali da confermare, dei laterali da trovare, delle mezzali da sostituire, tutto lavoro che altri e non noi sono tenuti a fare.

“Sed nihil dulcius est – gridava il nostro Lucrezio dalla panchina del Pompei ai suoi undici – despicere unde queas alios passimque videre/errare atque viam palantis quaerere vitae”, niente è più dolce che trovare spazi dai quali vedere gli altri errare e cercare smarriti la via della vita. E quegli spazi lui, nel chiuso degli spogliatoi, li chiamava edita templa serena, alti templi sereni. Gli altri si scannano per capire se Donnarumma sia o meno una bandiera, mentre noi, in dolce compagnia del campano Lucrezio, sorseggiamo lo spritz in riva al mare.

Zoccole, mariuoli e diciottenni

G: Chissà se a Lucrezio lo caccerebbero di questi tempi. È probabile che scambierebbero la sua capacità di osservazione per pigrizia, sbagliando due volte. Dapprima perché la capacità di osservazione è tutto, e poi perché la pigrizia è caratteristica essenziale dell’osservatore. La pigrizia precede sempre l’azione, ed è compagna del genio. Beviamoci lo spritz, anche se io preferisco la birra, non me ne vogliano i miei amici veneziani, che sono i miei pigri preferiti avendo pure lo stadio sull’acqua, perfino uno scatto sulla fascia è minimamente cullato come una barca attraccata.

Hai ragione tu dovremmo goderci quest’estate tranquilla, col senno di poi credo che ci siamo goduti anche la scorsa estate tra incazzature, ragionamenti ed emozioni, basti pensare solo ai bellissimi articoli che ne abbiamo tirato fuori. Abbiamo messo il punto al posto giusto, noi le finali le sappiamo chiudere. L’estate scorsa ci ha ricordato che le zoccole e i mariuoli scappano di notte e che sempre vengono scoperti, questa ci insegna che un ragazzo di 18 anni può (e deve) sognare di giocare al Real Madrid, c’entreranno pure i soldi, ma io a fare il portiere del Real ci andrei a piedi. Che birra preferisci?

Il sogno

R: D’estate i tedeschi meno puristi mi hanno ormai iniziato al miscuglio stagionale del radler, quindi ne prendo uno, grazie. Che poi il succo della questione è sul dove le cose accadano. Ad esempio se anziché capitare nelle santissime lande di Palestina, dove si spacca il capello pure sulla lista della spesa, il Figlio dell’Uomo fosse nato in qualcuno dei palazzi attigui a Porta Capuana, nei pressi di una zuppa di polpo, la parabola del figliol prodigo avrebbe avuto tutt’altra storia e fortuna.

Invece di pesanti esegesi millenarie a tessere gli elogi del padre benevolo, della misericordia e della correttezza del figlio fedele (cose che un Lucrezio, pigro tifoso campano com’era, non avrebbe mai fatto), ci saremmo da subito focalizzati sul vero cuore della storia, ossia che il figlio prodigo fa solo il suo dovere, si becca una fetta di danari immeritati come ogni quattrino ereditato da qualunque figlio di nobile schiatta che si conta gli scudetti sul campo, se li mangia a sbafo ed impara la strada del pane guadagnato.

È lui il vero erede, che farà quadrare i conti, mentre quello fedele è un annoiato impiegato imbolsito dall’abitudine o, come direbbero a Porta Capuana, è il figlio fesso. Di fronte a questo radler, caro Gianni, metà weiss e metà limonata, ibrido e bastarduccio come ogni figlio di brodo di polpo, io dico che noi azzurri siamo di certo una comunità più povera, ma almeno dovremmo tornare alla nostra reale missione, quella di non ammirare i fessi solo per pigrizia, ma sostenere gli scafati industriosi. Distinguere i tradimenti prolifici e necessari da quelli sfigati, quelli donnarummici da quelli higuanici. Ma beviamo. A proposito, ieri ho sognato Tonelli con la 10.

Tifo per Donnarumma e gioco a FIFA

G: Beviamo, sì. Mi ricordo il miscuglio tedesco e mi ricordo che è tempo di tornare a Berlino. Hai ragione il punto è dove accadano le cose e dopo conta il quando e quest’estate a me pare arrivi prima di un quando fondamentale, il quando che è adesso. E adesso è tempo di eliminare la parola figlio dal mondo del pallone; ovvero è figlio solo quello che accompagno alla partita il giovedì e mi rompo un po’ le scatole ad aspettarlo, il resto è professione. Chi resta e chi va compie una scelta che non è mai separata dal denaro, nemmeno Hamisk me lo immagino a giocare gratis.

Tifo per Donnarumma in questi giorni, durante il campionato mi stava pure un po’ sulle palle, ma adesso no, spero che vada al Real e che vinca tutto il possibile, da subito e per sempre, che poi sono una ventina d’anni tutte cos’. Quando giochiamo il preliminare che mi scoccio? Il sogno che hai fatto su Tonelli mi fa venire in mente (e bada non importa se tu lo abbia sognato davvero o no) un’idea che mi è venuta in quest’estate pigra, cioè fare come mio nipote a FIFA: cambiare le facce ai giocatori, cambiare i numeri di maglia in continuazione, con quella leggerezza, quella voglia di fuggire la noia, quell’allegria. Nella fata Morgana delle 13,00 a Piazza del Duomo ho visto Rog con la 10, ma subito si scocciava e si metteva una 5 + 5.

Addio ai numeri naturali

R: È l’indole slava, indisciplinata e sognante, che mostra il nostro Marko. Mi viene in mente che, in questi giorni in cui sono tutti alla ricerca delle radici – tanto che pare che se uno ha l’avventura di nascere in un luogo, di nuovo il dove, si debba costruire un’istruttoria che stabilisca da che pizzo provengano i genitori affinché si possa stabilire se sia o meno cittadino di quel posto, una roba che nessun pigro tifoso napoletano potrebbe preferire a una impepata di cozze agostana – dicevo di questi tempi attenti alle radici, si dovrebbe ricordare che l’unica radice esistente è quella quadrata. Per cui la si pianti con queste maglie con soli numeri naturali.

La natura è troppo noiosa, non ci procura il radler, ce lo dobbiamo forgiare noi. Io propongo divise con numeri immaginari, radice quadrata di -1. Il sublime i. Per esempio a Rafael darei la formula di Eulero. Ad Hamsik un i17. Pensa Rocchi, a iscrivere tra i diffidati giocatori con numeri immaginari. E quei poveri studenti, che preparano Metodi Matematici nella sessione di luglio, troverebbero un senso calcistico al loro penare – a proposito, io accetterei Tonelli col 10, ma mai di tornare all’università. Sarebbe come tornare al maggio 1987. Io bevo.

Il simbolo dell’infinito

G: La matematica è la risposta a tutto, io a Insigne gli metterei il simbolo dell’infinito, come auspicio e come garanzia. La maglia di Hamisk così come l’hai concepita sarebbe straordinaria. Per Mertens prevederei il teorema di Pitagora. E poi dalla matematica alla poesia è un attimo, io al posto dei numeri metterei dei versi. Un settenario per Calle, un endecasillabo per Diawara, un doppio settenario per Mertens, e distici per i terzini, e poi un’elegia per la sola fascia sinistra (prendendo in prestito il DeLillo di Underworld), i guardalinee non capirebbero niente, mai più fuorigioco, ma senso del ritmo. L’arbitro fischierebbe: “Ue ma tu sei fuori metrica”, oppure: “Non è un centrocampo, è un esametro”. Si pensa alla sostanza ma poi ci si dimentica dell’essenza. Si pretende di mantenere un numero dicendo cose tipo: “ma non è importante”, rendendolo invece ancora più importante.

L’essenza va invece cercata nell’assenza, dateci Insigne senza maglia ma che fa due gol a partita, dateci Callejón col sette disegnato al contrario, mettiamogli sulla maglia il disegno del suo taglio alle spalle del difensore, così che un Barzagli lo guardi come una mappa e come qualunque turista si perda. Siamo fissati con la fantasia noi napoletani e poi ci dimentichiamo di usarla. Buona questa roba che mi hai offerto, bevo ancora un po’. Guarda se ne vuole un bicchiere pure Tonelli.

ilnapolista © riproduzione riservata