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Atene, 1969: l’incubo greco della Fides Partenope

La folle trasferta greca di Napoli nella Coppa delle Coppe di basket del 1969: il racconto è frutto di una chiacchierata con Manfredo Fucile.

Atene, 1969: l’incubo greco della Fides Partenope
La Fides Partenope vincitrice della Coppa delle Coppe nel 1970

Pubblichiamo un pezzo che è un resoconto di una chiacchierata con Manfredo Fucile, uomo simbolo della Fides Partenope vincitrice della Coppa delle Coppe di basket del 1970. Il racconto di Fucile riguarda l’edizione precedente della manifestazione: Napoli fu eliminata ai quarti di finale dal Panathinaikos, a tavolino. Leggendo il pezzo, si conoscerà la verità sulle due partite.

La vittoria dell’andata

La Napoli della pallacanestro ha tante storie nascoste tra gli anfratti della memoria. Tanti aneddoti conservati, asciugati dagli anni ma mai impolverati, come quella volta che la Fides Partenope affrontò i temibili greci del Panathinaikos in Coppa delle Coppe.

C’era Paolo Vittori, un tiratore eccezionale, uno dei giocatori più forti mai transitati da queste parti, c’era Manfredo Fucile, e c’era il “fenicottero” Joe Franklin. Un giocatore per l’epoca immarcabile, un saltatore unico. Davanti ad un pubblico spettacolare, condito anche dalla forte presenza di tifosi greci, per lo più studenti fuori sede, i partenopei schiantarono i biancoverdi 98-61 e ovviamente il fenicottero Franklin realizzò trentasei punti.

Il prepartita

Sembrava fatta, la gita ad Atene doveva solo rivelarsi per le statistiche, per l’abbraccio al Partenone, un giro all’Acropoli, o un bagno al Pireo. Ed invece, appena giunti nella capitale ellenica, i ragazzi di Coach Zorzi si ritrovarono a vivere un incubo. Il coach volle fare allenamento allo stadio olimpico, che a terra aveva l’asfalto ed era all’aperto. Era lo stadio che aveva sancito l’inizio delle Olimpiadi moderne del 1896 con una capienza di settantamila persone. Una follia pensare che uno stadio potesse mai riempirsi per una partita di pallacanestro.

Una follia che cominciò a prendere forme reali quando, una volta in albergo, si ritrovarono accerchiati da tifosi del Pana che per tutta la notte disturbarono il sonno dei cestisti partenopei. Non credevano ai propri occhi. Una città intera li stava aspettando per intimorirli. La saggia Atene, divenne un dito puntato contro una squadra. Dovettero chiamare la polizia per riposare appena due ore. Poco grave, alla fine il vantaggio era di trentasette punti, per cui pure perdere nettamente non sarebbe stato un dramma. Il giorno della partita invece il dramma fu dipinto in maniera evidente sulla faccia dei giocatori di Zorzi. Per accedere al campo li fecero passare per un sottopassaggio che transitava sotto le tribune dei tifosi di casa. Come gladiatori prima di scontrarsi con i leoni. Sputi, oggetti, minacce per intimorire i fenomeni azzurri.

La partita

Le cronache del tempo riportano la presenza di venticinquemila paganti, ma secondo i giocatori di Napoli era tutto esaurito: vale a dire settantamile anime verdi!. I fotografi si posizionarono sotto al canestro dove attaccava la squadra di Zorzi e ogni volta che c’era un tiro partiva una raffica di flash per innervosire e far sbagliare gli ospiti. Dietro alla panchina del coach napoletano c’erano i militari (allora in Grecia c’era un regime militare) che proibiva a chiunque di protestare o alzarsi dalla panca. All’intervallo il tabellone segnava 51-16 per i locali ma gli statistici napoletani a seguito, riportavano 39-28. Provarono a protestare con il delegato Fiba, il quale sostenne che non vi fossero irregolarità.

Rientrando negli spogliatoi ci fu la consueta raccolta di oggetti e sputi e maturarono l’idea di abbandonare la partita. Questo scatenò maggiormente gli ateniesi, addirittura Williams ruppe con una sedia il vetro dello spogliatoio e si procurò così una scheggia da usare contro chi avesse intenzione di non farli uscire dallo stadio. Napoli perse due a zero a tavolino e quella partita fu ricordata come una delle pagine più brutte di sport internazionale. Organizzarono poi un’amichevole “della pace” l’anno dopo, ma il segno è rimasto indelebile nei ricordi dei protagonisti in campo.

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