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I meriti, le ragioni e gli alibi di Sarri (e De Laurentiis)

L’allenatore e il presidente del Napoli non sono così dissimili. Hanno raggiunto risultati molto importanti. Solo loro possono decidere di mettersi in gioco per migliorarsi

I meriti, le ragioni e gli alibi di Sarri (e De Laurentiis)
Sarri in un’illustrazione di Fubi

L’uomo copertina

Maurizio Sarri. È lui il simbolo del Napoli, di questo Napoli. È lui l’uomo copertina. Sarri ha tutti gli elementi del personaggio. L’uomo che si è fatto da sé, la gavetta, l’abbandono del posto fisso per inseguire un sogno e una passione. Il padre operaio, nato a Napoli, la passione per il ciclismo sport emblema della fatica.

Sarebbe un secondo posto da record

Sarri gode di grande popolarità tra i tifosi del Napoli. È molto amato. Ha regalato alla squadra un gioco apprezzato in modo pressoché unanime. Ha portato la squadra al secondo posto e ha aiutato Higuain a credere in sé stesso e a segnare 36 gol. Ha giocato la sua prima Champions League e ha vinto il girone eliminatorio. Per poi essere eliminato dal Real Madrid campione d’Europa e del mondo. A quattro giornate dalla fine del campionato, il suo Napoli ha un punto di svantaggio dalla Roma. Se dovesse scavalcarla, il Napoli finirebbe secondo per due anni consecutivi. Era capitato solo un’altra volta. C’era Maradona, il Napoli finì prima dietro al Milan e poi alle spalle dell’Inter. Il suo Napoli, il Napoli di Sarri, ha collezionato record su record. Anche due Champions consecutive sarebbero un record. Mai accaduto nella storia del Napoli.

Il tiki taka vertical

L’Equipe ha piazzato Sarri al 23esimo posto nella classifica mondiale degli allenatori, gli ha attribuito la paternità di un modello di gioco: il tiki taka verticale. Il suo Napoli è un passo dai cento gol segnati in stagione. Ha trasformato Mertens in un centravanti e lo ha condotto a segnare quasi trenta gol. Ha completato la maturazione di Lorenzo Insigne. Ha trasformato Marek Hamsik in un calciatore universale, sempre al centro del gioco. Ha riportato l’armonia tra città e squadra.

La puzza della strada

È profondamente amato perché il suo Napoli gioca benissimo. E perché è rimasto un anti-sistema. È un ruvido. Un uomo di campo, la tuta è la sua coperta di Linus. Nessuno vorrebbe vederlo in giacca a bordo campo. A ogni suo passo, a ogni sua esternazione, è come se ripetesse la frase che Noodles rivolge a Max in “C’era una volta in America”: «Mi piace moltissimo la puzza della strada, mi fa sentire bene, mi si aprono i polmoni e mi tira anche di più”. È il momento in cui Max concepisce il tradimento.

Il rapporto con De Laurentiis

Sarri è amato, a Napoli, anche perché non nasconde o comunque gioca di continuo col suo essere anti De Laurentiis il presidente che in città è considerato più il responsabile della mancata vittoria dello scudetto che il fautore del Napoli più forte di tutti i tempi dopo quello di Maradona. È difficile a Napoli criticare Sarri. Ci ha provato il professor Trombetti. Qualche volta il Napolista ne ha scritto. C’è un napolista che da tempo vorrebbe scrivere che il gioco di Sarri lo annoia. Il direttore lo ha fermato, non ci sono i soldi per pagare la vigilanza privata.

Le polemiche di Sarri

Insomma, non è ammesso il giudizio difforme su Sarri. Che ha vinto la panchina d’oro e anche il Premio Bearzot. E che è stato protagonista di svariate polemiche quest’anno. Da De Laurentiis agli arbitri, dal circo con Allegri al fatturato. Sarri porta avanti la sua idea di calcio. Fondamentalmente, il suo mondo ideale è composto di un pallone, un campo di calcio, i suoi appunti, i video. Ama questo sport. È parte integrante della sua vita. Qua e là ha distribuito frasi che fanno pensare e che meriterebbero un approfondimento.

“Il calcio non è solo uno sport, è anche un gioco”

Una l’ha detta qualche settimana fa. «Il calcio non è solo uno sport, è anche un gioco». E nel gioco – questo in sintesi – dev’esserci anche la componente ludica. Il calcio è un gioco, ci si deve divertire. Se ci si diverte, si rende di più. Ergo, se si rende di più si hanno più possibilità di vincere. La sua via al risultato passa per il gioco. Ha più volte detto, con quel linguaggio colorito che probabilmente tradisce un suo disagio per il palcosenico, che gli risulta inspiegabile come possa essere più semplice vincere giocando male. Ha più volte opposto, a chi gli muovesse obiezioni, che nella storia del calcio si entra anche senza vincere, vedi l’Olanda di Cruyff.

Soffrire la tensione

Sarri non ne parla come la volpe che non riesce a raggiungere l’uva, anche se il sospetto rimane. Chi scrive non ha mai avuto l’ossessione della vittoria, ha sempre detestato il coro “devi vincere” ed è grato a Sarri per aver contribuito a farlo ascoltare di meno al San Paolo. Il punto non è la vittoria. Il punto è l’abitudine alla tensione agonistica, alla tensione nervosa. Il Napoli è una società, un ambiente, che soffre maledettamente la tensione. La soffre il presidente De Laurentiis. La soffrono i tifosi. La soffre Maurizio Sarri.

Gli alibi e le ragioni

È vero che i giornali – in realtà la Gazzetta – quest’estate hanno piazzato il Napoli in terza fila in griglia. È altrettanto vero che è stato lo stesso Sarri, a inizio stagione, più volte a respingere nettamente coloro i quali sostenevano la possibilità di competere con la Juventus. Ha sempre ribattuto ricordando la campagna acquisti basata sui giovani. Quello dei giovani è diventato un mantra di Sarri. Così come la partenza di Higuain. Ha ragione a ricordare le differenze di fatturato. Ha tante ragioni. Solo lui può scegliere se farlo diventare un alibi cronico. In fondo al Napoli due secondi posti consecutivi possono stare bene. Sarri a Napoli ha fatto e sta facendo qualcosa di molto importante. Ciascuno, però, ha il diritto di crescere. Anche lui. E il limite del Napoli, a un livello molto alto, è nella forza mentale.

La mancanza di spirito critico

Purtroppo la mancanza di spirito critico nei confronti di Sarri non aiuta l’ambiente nel suo complesso a crescere. Come scrivemmo dopo Juventus-Napoli di Coppa Italia, quando passò la retorica (ahinoi molto lontana dal vero) del Napoli che aveva sfiorato la qualificazione. Ci si è fermati a una dialettica binaria. La colpa è del pappone che comprò Grassi e Regini e che ha venduto Higuain. E che, chissà, quest’estate potrebbe vendere Koulibaly. È praticamente impossibile parlare d’altro. E non è un bene.

Lui e De Laurentiis sono simili

In fin dei conti, De Laurentiis e Sarri non sono così dissimili. A entrambi non si può dire granché. Uno ha costruito una squadra fortissima in Italia e forte in Europa, che ha avuto e ha calciatori straordinari. L’altro in soli due anni di grande calcio è diventato uno dei tecnici più innovativi d’Europa, fa parlare di sé in Francia come in Inghilterra. Per entrambi il bilancio è ampiamente positivo, si potrebbe azzardare persino esaltante. Nessuno dei due potrà essere convinto da qualcun altro a migliorare e a migliorarsi. E nessuno, per quel che ci riguarda, potrà contestare loro qualcosa. Sta a loro decidere se rifugiarsi dietro le loro ragioni e i loro alibi, oppure provare a far saltare il tavolo. Che poi vuol dire esporsi anche a una figuraccia. Oppure metterci la faccia nei momenti di difficoltà.

Il Napoli è arrivato talmente in alto che per migliorarsi c’è bisogno di tantissima determinazione. In fondo, ciascuno dentro di sé sente se la forza per fare un passo avanti ce l’ha o no. Tutto il resto è contorno, sono dichiarazioni mediatiche più o meno riuscite. Ciascuno conosce i propri limiti. Che sono lì, ben visibili. Decisamente meno evidenti dei meriti. Ma ci sono.

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