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Posta Napolista – Un racconto del 10 maggio 1987, Napoli (e Frattamaggiore) in festa

Un nostro lettore ricorda il giorno del primo scudetto, la festa al San Paolo, sul treno del ritorno, per le strade di Napoli e della sua città.

Posta Napolista – Un racconto del 10 maggio 1987, Napoli (e Frattamaggiore) in festa

È con tanta passione e nostalgia (da ormai “vecchio” tifoso del Napoli) che voglio testimoniare soprattutto ai più giovani il mio personalissimo 10 maggio 1987. E non posso non “dedicarla”, con grande affetto e gratitudine, alla memoria dei miei due inseparabili accompagnatori in quell’indimenticabile avventura: papà Benito e zio Attilio. Col cuore e con la mente, provo perciò a ritornare a quel giorno memorabile.

Quattro ore prima

Eccoci qua, finalmente siamo arrivati allo stadio San Paolo! Stanotte è stata un po’ movimentata, sarà stata l’emozione della vigilia, della prima volta, dello speciale sul calcio Napoli trasmesso dalle TV locali ma di fatto ho dormito pochissimo. Finalmente è “passata ‘a nuttata” e stamani, subito dopo colazione, io ed i miei inseparabili accompagnatori (papà Benito e zio Attilio) siamo partiti dalla stazione di Frattamaggiore e prima di mezzogiorno ci siamo già sistemati in Curva A.

E pensare che la partita inizierà soltanto tra quattro ore ma lo stadio è già pieno perché oggi è una giornata “speciale”, che tante generazioni di tifosi azzurri hanno solo sognato: al Napoli potrebbe bastare anche un pareggio per la matematica conquista dello scudetto, perché abbiamo 3 punti di vantaggio sull’Inter e 4 sulla Juventus e mancano solo due giornate alla fine! L’avversario di turno è la Fiorentina, comunque la “viola” mi è sempre stata simpatica, sarà il fatto che è una squadra con una maglietta “non strisciata” ed è l’unica che rappresenta la bella città di Firenze.

Il San Paolo è un mare d’azzurro infinito: tutti hanno portato qualcosa, magliette, sciarpe, striscioni ma soprattutto tantissime bandiere, di cui la maggior parte stampate con quel “coso” che è stato sempre un tabù. Le ore sembrano non passare mai. E mentre nella nostra Curva A si fanno le “prove” di una grandiosa coreografia organizzata (un grande striscione azzurro calato dall’alto, un gigantesco tricolore formato con dei pannelli colorati da alzare) ripenso alla prima volta che mio padre mi aveva portato da bambino (quasi in fasce) allo stadio.

Il passato

Allora in campo c’erano Cané e Juliano, Clerici e Braglia, allenati dal mitico “o Lione” Vinicio. Ricordo vagamente che un anno ci eravamo andati proprio vicino, se non fosse stato per Josè Altafini “core ‘ngrato”… Nemmeno il successivo arrivo del grande bomber Beppe Savoldi aveva cambiato le cose. Dopo quel ciclo, erano passati un paio di anni interlocutori fino alla venuta di Castellini e del fuoriclasse Krol (che giocatore!), di Pellegrini e del nostro Musella. Purtroppo, nonostante l’impegno, anche loro ci avevano fatto solo accarezzare quel “sogno impossibile”.

Dopo erano ritornati gli anni bui, forse i peggiori della nostra storia. Il Napoli arrancava sempre più nei bassifondi della classifica e si gioiva per poco, magari per una salvezza raggiunta in extremis. Nonostante l’amarezza di quegli anni, si continuava ad andare regolarmente allo stadio, non potevamo abbandonare quella squadra che rappresentava la nostra origine, la nostra terra, il nostro popolo, insomma tutto!

Maradona

E dopo aver toccato il fondo, il buio più profondo era stato squarciato da una luce splendente, che aveva fatto gridare al miracolo. Dall’altro sud del mondo, era arrivato in mezzo a noi colui che avrebbe cambiato la storia del calcio: era iniziata una “nuova era” e non lo sapevamo ancora. Eravamo partiti da zero ma in due anni eravamo cresciuti molto. Nella successiva terza stagione era accaduto qualcosa d’impensabile solo qualche anno prima: gli “eterni perdenti” si erano trasformati in vincenti e gli “eterni vincenti” in perdenti, c’era un “uomo solo al comando” e la sua maglia era meravigliosamente azzurra: Diego Armando Maradona! Da subito, era diventato il simbolo del nostro riscatto, della nostra voglia di emergere.

Il cammino non era stato facile: in Europa, eravamo stati eliminati al primo turno di Coppa UEFA dal modesto Tolosa ma ci eravamo subito ripresi in Campionato. Dopo la vittoria d’esordio in trasferta a Brescia, la squadra aveva acquisito una “mentalità vincente” anche in trasferta: splendide le vittorie a Genova contro i blucerchiati ed a Roma contro i giallorossi (con gol di Diego) ma soprattutto a Torino, a seguito dello scontro al vertice con la vecchia signora. Avevamo superato a pieni voti il nostro “esame di maturità”: quella storica vittoria per 3-1, attesa da tanti anni, ci aveva fatto balzare prepotentemente al comando solitario della classifica!

La marcia

Nel girone di ritorno, peccando sicuramente d’inesperienza, qualche passo falso l’avevamo fatto ma non era successo niente di irreparabile, avevamo continuato la nostra marcia trionfale e le avversarie erano state sempre tenute a debita distanza. La certezza di farcela l’avevamo però conquistata un po’ alla volta, con le vittorie su campi tradizionalmente ostici come Bergamo ed (ancora) a Torino contro i granata. Qui avevo vissuto dagli spalti la gioia infinita di Bruno Giordano che, dopo il magnifico gol vincente fatto a 10 minuti dalla fine, con una folle corsa era venuto idealmente ad abbracciarci sotto la “nostra” curva, occupata da 20mila napoletani arrivati da ogni parte d’Italia!

Mi vengono i brividi solo a ripensarci! Infine, dopo aver battuto la Juve anche al San Paolo (che soddisfazione: due volte in una stagione!), era arrivata la splendida e decisiva vittoria col Milan con una prodezza del solito Diego. Essendo abbonati in Curva A da tanti anni, non ci eravamo perso niente!

Tutti questi pensieri svanirono all’improvviso con l’annuncio delle formazioni ufficiali: un Alé ad ogni chiamata fino all’ovazione finale per il numero 10: come sempre, il numero 11 non lo sapremo finché non lo vedremo in campo!

La partita

Le squadre finalmente entrano in campo. C’è un’atmosfera incredibile, non ho mai visto uno stadio così pieno! Nella nostra gradinata si è creata una doppia fila, ossia quelli arrivati prima (come noi) stanno davanti mentre quelli arrivati dopo stanno dietro. I dati ufficiali dicono 85mila ma di fatto siamo sicuramente almeno 100mila (fortunati) spettatori! Mentre facciamo la nostra coreografia disegnando il grande tricolore, non posso che rimanere a bocca aperta guardando di fronte l’altrettanto grandiosa coreografia della Curva B: un gigantesco striscione azzurro copre tutto l’anello della Curva. Sotto c’è una scritta emozionante: “La storia ha voluto una data: 10.5.87”.

Inizia la partita, il Napoli impone subito un grande ritmo e fa la partita. Alla mezzora circa c’è un geniale passaggio filtrante di Diego per Carnevale che, dopo un triangolo in velocità con Giordano, fa gol facendo passare la palla in mezzo alle gambe del portiere viola. Un boato immenso, sembra una scossa di terremoto, da brividi! La festa è già iniziata sugli spalti! Sul campo però il Napoli abbassa il ritmo, cercando di addormentare la partita. Il pareggio viola avviene quasi per caso: verso fine del primo tempo, c’è una punizione fuori area per la Fiorentina. La tira un giovane calciatore di belle speranze, si chiama Roberto Baggio. Buca la barriera e segna il suo primo gol in serie A. C’è un po’ di disappunto ma niente più. Si chiude così il primo tempo sul risultato di 1-1.

Nel secondo tempo non succede praticamente niente, si gioca per inerzia perché se l’Inter non vince, matematicamente basta anche un punto. Nel frattempo, dalle radioline sintonizzate sul “Calcio minuto per minuto” apprendiamo che l’Inter addirittura perde a Bergamo per cui non si aspetta altro che il fischio finale!

17.47

Finalmente, l’arbitro Pairetto ferma il cronometro alle ore 17.47. Il NAPOLI È CAMPIONE D’ITALIA per la prima volta nella sua storia! Il “sogno impossibile” agognato da tante generazioni di tifosi si è trasformato in una stupenda realtà!! La folla è in delirio, c’è uno sventolio infinito di sciarpe e bandiere, c’è un rumore assordante di trombette di ogni tipo, la gente si abbraccia, canta, manifesta una gioia irrefrenabile: uno spettacolo così l’avevamo solo immaginato nei nostri sogni più belli! Intorno a me assisto ad altre scene emozionanti: alcuni tifosi più anziani piangono di gioia per la fortissima emozione, dopo tanti anni di amarezze non hanno resistito ed ora si lasciano andare a lacrime liberatorie. Noi tifosi più giovani quasi li consoliamo con la nostra voglia spensierata di fare festa. Non ci eravamo ancora resi conto di vivere un momento storico.

Nel frattempo i calciatori si avvicinano alle curve, stanno facendo il “giro di campo” con un grande tricolore. Non c’è stata la paventata “invasione di campo” che tutti i giornali (soprattutto al Nord) avevano profetizzato. Il pubblico del San Paolo ha dato un’ulteriore dimostrazione di civiltà, restando ordinatamente sugli spalti, acclamando i suoi eroi. Il più osannato è naturalmente Maradona, senza di lui tutto questo non sarebbe mai successo! Ma anche ai vari Giordano, Carnevale, Bagni, De Napoli, Garella, Bruscolotti, Caffarelli, Ferrario, Renica, Romano, Ferrara, Volpecina ed agli altri si riservano applausi e cori entusiastici. Restiamo sugli spalti a festeggiare ancora per tanto tempo. Ma ora c’è il problema di ritornare a casa. Le radio riferiscono che tutta la città è “bloccata”, più di un milione di persone si sono riversate in strada per i festeggiamenti! Ci si sposta solo a piedi e con la metropolitana!

La festa, con chiunque

Con una certa fatica, usciamo dallo stadio e raggiungiamo la stazione metropolitana di Fuorigrotta e, dopo l’ennesimo treno perso perché troppo pieno, riusciamo ad infilarci in un vagone affollato, che impiega il doppio del tempo per arrivare a Piazza Garibaldi. Anche sul treno è tutto un coro ed uno sventolio di bandiere: “Oh mamma mamma mamma…ho visto Maradona”, ormai è diventata la nostra colonna sonora vincente!

Alla stazione Centrale troviamo una folla incredibile in festa, che coinvolge anche i viaggiatori che arrivano da fuori, storditi e stupiti da quell’enorme manifestazione popolare che coinvolge tutto e tutti, senza distinzione di età, di sesso, di condizione sociale! Siamo una cosa sola, siamo fieri di essere napoletani, si cantano e si ballano anche le canzoni della nostra grande tradizione musicale, da “O surdate ‘nnammurato” fino a “Maria Marì”. Del resto, in tante strade cittadine (ormai dipinte d’azzurro) ci sono striscioni con frasi ad effetto, ispirati proprio da queste immortali melodie: “E me diciste sì na sera ‘e maggio”, “Chiste è ‘o scudetto nuosto napulitano”, persino qualcuno ispirato al noto film di Troisi: “Scusate il ritardo” o al ricordo del mito: “Totò, finalmente Napoli è degna di te”.

La festa, ovunque

Dopo più di un’ora, prendiamo il treno locale di ritorno. Anche qui nei vagoni si canta, si sventola, si festeggia. Arriviamo a casa ormai che è sera e troviamo un’incredibile sorpresa! Avevamo lasciato la nostra stradina pitturata d’azzurro e di tricolore ma stasera in strada ci sono anche i tavoli e le sedie! Le donne si sono messe d’accordo ed hanno deciso di festeggiare con un’immensa tavolata all’aperto! È tutto imbandito ed arrivano profumi di manicaretti d’ogni tipo, come nelle migliori saghe paesane.

Si mangia a volontà, si brinda, si balla, si sventolano bandiere, si suonano le trombette, ci sono persino alcuni fuochi d’artificio, si cantano i cori da stadio con quel poco di voce che ancora ci è rimasta. La gioia è indescrivibile, magari domani sarà un altro giorno ma adesso è sempre qui la festa, ed è ancora più bella perché la fai con la tua gente, in una simbiosi collettiva unica.

Quel giorno, 10 maggio 1987, sarebbe così passato alla storia anche come la “più grande festa popolare” celebrata in Italia nell’occasione della vittoria di uno scudetto!

Grazie di cuore NAPOLI, per le stupende emozioni che ci hai dato, anche quelle fuori dal campo!

Grazie ancora NAPOLI, anche trent’anni dopo!

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