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Maradona, i conti in rosso, la programmazione, la politica: il primo scudetto del Napoli

Il convegno alla Federico II, in un’aula piena di ragazzi, sul tricolore di trent’anni fa. Un confronto a più voci, mai nostalgico. E con più riferimenti a Bassolino

Maradona, i conti in rosso, la programmazione, la politica: il primo scudetto del Napoli
Napoli-Fiorentina del 10 maggio 1987

Nessuna operazione nostalgia

Si può parlare del primo scudetto del Napoli, celebrandone il trentennale, senza finire coi lacrimoni e dar vita a una mera operazione di nostalgia? La risposta è sì. E ne è stata data prova oggi al Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II (un tempo nota come Sociologia). In un’aula piena di studenti si è svolto il convegno “L’eredità di una vittoria storica” organizzato dai docenti Luca Bifulco e Francesco Pirone. Col saluto iniziale del pro-rettore Arturo De Vivo e quelli finali della direttrice del Dipartimento Enrica Amaturo e di Oscar Nicolaus.

Tanti gli spunti interessanti. Francesco Pirone si è soffermato sulle due direttrici lungo cui si è mosso quel Napoli. Un’elevata competenza tecnico sportiva (con Ferlaino, Allodi, Marino) e una capacità politico-economica. Pirone ha ricordato che nel cda del Napoli ci sono stati esponenti del potere politico di quegli anni che ha definito “blocco di potere politico-affaristico”: Clemente Mastella, Guido D’Angelo, Alfredo Vito. Per poi ricordare come quello stesso Napoli sia successivamente rimasto al palo quando è apparso il nuovo calcio basato sui soldi degli sponsor e delle tv».

I bilanci precari del Napoli di Ferlaino

Proprio l’aspetto economico è stato sviscerato dal professor Nicola De Ianni che è partito dall’intervista concessa l’altro giorno da Corrado Ferlaino al Mattino. L’ingegnere ha ricordato gli otto miliardi netti di premi scudetto (quindi sedici lordi). De Ianni ha suffragato con dati il cambiamento del sistema calcio attraverso due fattori: l’incidenza degli incassi sui ricavi di una società di calcio dal 1980 ad oggi e quella di sponsor e diritti tv sui ricavi.

Incidenza incassi         Incidenza sponsor sui ricavi            Incidenza diritti tv sui ricavi

1980-81                           60%                                                       8%                                                           8%

1990-91                           39%                                                       5,5%                                                       35%

2000-2001                    18%                                                       21%                                                         60%

oggi                                  11%

De Ianni ha ricordato come i bilanci del Napoli dal 1980 al 1995 fossero messi malissimo. «Era una situazione palesemente insostenibile» che Ferlaino gestiva attraverso quelli che De Ianni definisce mezzucci peraltro previsti dalla legge. Ossia con una finanziaria, la Gis, che si indebitava con le banche ma che non possedeva alcun patrimonio. In più, il Napoli subì il trauma dell’uscita forzata di Maradona dalla cui cessione non ricavò nulla.

Il contenzioso con Bassolino sindaco

De Ianni si sofferma su un aspetto dimenticato. Il caos finanziario del Napoli scoppiò nel 1994, con Bassolino appena eletto sindaco. Il Comune era tra i principali creditori del Napoli che in quegli anni era stato diciamo allegro nei pagamenti al fisco e ai fornitori. «Ferlaino – dice De Ianni – aveva fatto delle scelte. Bassolino – ricorda – non era sensibile all’importanza culturale e politica del Calcio Napoli». Affidò la pratica a Guido D’Agostino e a Roberto Barbieri e alla fine scelse Barbieri che gestì la vicenda in un’ottica di responsabilizzazione di Ferlaino che invece la portò per le lunghe. De Ianni riassume così quegli anni d’oro dal punto di vista calcistico per il Napoli: «Una vittoria sportiva, una sconfitta economica».

Panico e il diritto alla felicità

Guido Panico, storico e autore tra l’altro – con Antonio Papa – del libro “Storia sociale del calcio in Italia” si sofferma sul concetto di memoria e nostalgia. Non prima di aver ricordato un aneddoto che riguarda ancora una volta Antonio Bassolino. «All’epoca – ricorda Panico – eravamo vicini di casa e lui non riusciva a capire il mio entusiasmo per lo scudetto del Napoli, per dei signori coi mutandoni che correvano dietro a una palla. Il tifo – prosegue Panico – è una malattia benefica. Mi fa ridere il tifo razionale. Il tifoso è smodato, sregolato, è un porto franco dei sentimenti, quella del tifoso è una nazionalità temporaneamente sospesa. È un consapevole infantilismo».

Panico si sofferma sulla gioia di quelle giornate, sul diritto alla felicità («Essere contenti è giusto»), sulle domande retoriche che accompagnarono quei giorni. «Può una città afflitta da tanti problemi avere una grande squadra? Sì, certo che sì». Concetto che attualizza: «Napoli per me oggi ha una pessima amministrazione eppure una bella squadra». E non rinuncia, il professore, a un accenno all’attualità: «Questo Napoli di Sarri non ha nulla del circo. Il circo è pura destrezza, il gioco del Napoli è di una bellezza cartesiana». Infine, sulla memoria. «La storia è una, la memoria è molteplice. E la memoria non è mai condivisa».

La mentalità vincente di Maradona

Francesco De Luca, capo dei servizi sportivi del Mattino, ricorda come lui quel giorno, il 10 maggio del 1987, per lavoro – era al Corriere dello Sport – fosse praticamente da solo in una città deserta. Sottolinea l’organizzazione di quel Napoli, sia a livello societario sia a livello calcistico. «Quel Napoli era Maradona, certo, ma non solo. Come ha spesso ricordato Ferlaino, Maradona portò soprattutto il valore aggiunto della mentalità vincente. Quella era una squadra razionale, che sapeva cosa voleva e come raggiungerlo. E amo ricordare come in quel Napoli ci fossero ben dodici calciatori campani».

Napoli era un architrave della Prima Repubblica

Il direttore del Napolista Massimiliano Gallo ha sottolineato come quel Napoli fosse figlio di un progetto imprenditoriale, al punto che Oreste Del Buono, probabilmente viziato da antiberlusconismo, nel 1987 su Repubblica prese Napoli a modello di programmazione per una decadente Milano. «Il Napoli fece il passo più lungo della gamba quando acquistò Maradona. Poi, però, Ferlaino lavorò ad allungare la gamba». Italo Allodi il più grande dirigente calcistico di quei tempi, Pier Paolo Marino. E tanti calciatori forti, su tutti un centrocampista di cui si è perso lo stampino: Salvatore Bagni. «Quel Napoli fu figlio anche di un contesto politico.

L’Italia si reggeva sul pentapartito, sull’asse Dc-Psi e Napoli era un architrave di quel modello, come lo stesso Ferlaino ha riconosciuto in diverse interviste». Dal ruolo della Dc e del Banco di Napoli per l’acquisto di Maradona a quella che oggi definiremmo lobby mediatica con, ad esempio, Biagio Agnes alla Rai.

Maradona era esagerato come Napoli

Di Maradona, del ruolo e dell’importanza di Maradona ha parlato il professore Guido Trombetti che ha confessato una sua idiosincrasia per gli esteti del calcio: «Mi diverto solo se il Napoli vince. Sono un matematico e se mi chiedono chi gioca meglio io rispondo che gioca meglio chi vince. Adoro Sarri eppure, chissà, forse con questa squadra Pesaola avrebbe vinto lo scudetto. La verità è che lo scudetto fu un evento straordinario di cui è giusto che si discuta in una università. Lo scudetto unì ancora una volta la Napoli plebea e la Napoli aristocratica. E il trait d’union fu Maradona. Che, vale la pena ricordarlo, venne portato a Napoli da Antonio Juliano. Maradona ha rappresentato Napoli in tutto, nell’esagerazione. Perché Maradona era esagerato, nel bene e nel male. Proprio come Napoli». E infine una provocazione: «Quel Napoli ha vinto meno di quanto avrebbe potuto».

Il video del convegno

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