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LIBERATO è Napoli oggi, anche se non ci piace ammetterlo

Un prodotto musicale, trasversale. Con l”anonimato, c’è dentro il Napoli, ed interpreta al meglio criteri estetici e narrativi della Napoli di oggi.

LIBERATO è Napoli oggi, anche se non ci piace ammetterlo

Ho deciso che avrei scritto qualcosa su LIBERATO, che forse ne potesse valere la pena, dopo aver letto un po’ di cose in giro. Dopo averlo ascoltato, ovvio, che tanto non ci metti molto. Due canzoni, NOVE MAGGIO e TU T’È SCURDATO ‘E ME, per due video su Youtube. Poi un’intervista (anonima, perché LIBERATO è anonimo) a Rolling Stone, poi un articolo di una persona che conosco e stimo, Cristiano De Majo, su Rivista Studio. Insomma, avevo notato che intorno a questa cosa si era mossa un po’ di gente; avevo visto e capito un paio di cose e mi sembrava che fossero pregnanti per un pezzo sul Napolista. In LIBERATO, poi, il calcio è un’entità sempre presente. La percepisci, a volte direttamente e a volte indirettamente. L’upgrade: l’argomento, da pregnante, diventa perfetto.

Io, però, riconosco di essere una football victim. Uno cui piace informarsi di tutto o quasi, ma che alla fine è realmente informato solo di calcio. Che, ripetiamo, in questa storia occupa un posto importante. Però c’è altro, tanto altro. C’è tutto un racconto, dietro e attorno a LIBERATO. E allora mi sono fatto aiutare. Da un’altra persona che conosco e stimo, Francesco Abazia, un amico che ha scritto e scrive per tante testate importanti: Rivista Studio, Red Bull e Rolling Stone. Ed è head of content di nss sports. Insomma, ha gli strumenti per farmi capire di cosa parliamo.

Progetto

Francesco ed io conversiamo con i messaggi vocali, quindi lo sento parlare e il termine che ripete più spesso è “progetto”. Progetto, progetto, progetto. L’idea che LIBERATO sia una costruzione studiata a tavolino, in realtà, è abbastanza visibile. Però, quando Francesco mi spiega le cose, questa strategia iniziale fa la differenza rispetto a tante altre esperienze. Cioè, sembra farla per lui. Che ne è rimasto folgorato, almeno mi pare di capire: «Tutto il progetto di LIBERATO è legato all’anonimato. Non si sa il perché, ma in realtà non è una cosa importante». E qui non si può non pensare a un altro anonimato contemporaneo celebre a Napoli: Elena Ferrante.

«La cosa più banale da dire è che vorrebbe lasciar parlare la sua musica, ma è ovvio che bisogna andare oltre. La sua potrebbe essere una storia di rivincita alla napoletana, magari qualcuno che non ce l’ha fatta in passato e quindi “ritorna” con un progetto organico per dimostrare al mondo che si è sbagliato. Proprio attraverso il napoletano, la lingua che usa per cantare».

È lo stesso LIBERATO, a confermare quello che dice Francesco. Nell’intervista a Rolling Stone, in cui decide di essere banale, nel senso che lo è volutamente nelle sue risposte, spiega che «vuole fare solo musica, non vuole etichette addosso, non è rapper, neomelodico o null’altro». Lo dice, anzi lo scrive, in napoletano e con la CAPS LOCK inserita. Tutto è in CAPS LOCK nel mondo di LIBERATO. Dice che gli piace.

Cantare

L’ultima parola del primo messaggio di Francesco mi colpisce. “Cantare”. Sì, perché LIBERATO canta anche se non sembra. Nel senso: i pezzi hanno una struttura e un beat che potrebbe essere riferito al rap, ma non sono propriamente rap. Non sono come quelli di Enzo Dong, giusto per capirci. Mi spiega anche questo, Francesco. Da un punto di vista tecnico: «La novità sta nell’uso moderno del dialetto, che non ha niente a che vedere con il neomelodico perché non ne riprende i timbri. Però nel venir fuori in città tipo Milano, è stato associato ad un moderno neomelodico, ma non lo è. Per spiegare la differenza in maniera esaustiva da un neomelodico: in LIBERATO non c’è il vibrato, la fronna di limone in bocca come quella di *omissis». E la differenza col rap? Il canto, appunto: «Non è un rapper. Anche se potrebbe venire da quella tradizione. Però LIBERATO nei due pezzi che ha fatto, canta». Puramente. Semplicemente.

Napoli

Il tema principale. Me lo dice anche Francesco – unisco pezzi di vari messaggi vocali: «LIBERATO racconta una storia d’amore, le prime due canzone sono collegate, consequenziali. Le scelte stilistiche – dei luoghi, dei termini e della simbologia – sono fatte tutte per raccontare Napoli. E i video, girati da un maestro dei videoclip indie come Francesco Lettieri, non sono altro che l’espressione contenutistica del progetto. Non puoi slegare quello che ascolti da quello che vedi, anzi direi che l’intero concept è un visual concept».

«Le immagini sono forti, le parole pure. Napoli è una città romantica, è facile ma anche estremamente difficile cadere nel luogo comune. Ecco, i video di Lettieri sono girati benissimo dal punto di vista tecnico e riescono a non cadere in questo trabocchetto. Che poi è una narrazione simile a quella che il cinema sta facendo di Napoli negli ultimi anni, penso al film Indivisibili. Allo squallore che diventa bellezza e si mischia con le bellezze della città. LIBERATO è Napoli».

Oleografia moderna

A questa frase rispondo, ci aggiungo le mie impressioni personali. LIBERATO è Napoli di oggi. È quello che la città è diventata, è il modo per raccontarla. Esaltare le cose belle e mostrare le cose brutte che sono – a volte, e in certi luoghi – così vicini allo stereotipo. Il secondo video, quello che mi ha colpito di più, racconta la storia di un ragazzo di Piazza Mercato che “conquista” e poi fa entrare nella sua vita una ragazzina bene, di estrazione alto borghese. Ecco, questa storia è piena di luoghi comuni. La cosa che cerchiamo di combattere continuamente con e nel Napolista. Ma che, in alcuni casi, è vera.

A casa mia, periferia est, ci sono i gruppetti di ragazzini che fumano erba seduti sui marciapiedi, bambini o poco più sui motorini senza casco. Una ragazzina di un quartiere più ricco non potrebbe mai fidanzarsi con uno così. Succede nel video, questa è la storia. È una Napoli che sopravvive, che si differenzia da altri quartieri della città. Che LIBERATO racconta, e centra perfettamente. Anche se non ci piace. È oleografia moderna. Almeno è più realistica di pizza e mandolino. Forse fa più male, a vederla. Ma fa meno male alla città, in prospettiva. Riconoscere i propri errori è il primo passo per non commetterli.

Il Napoli

A questo punto, iniziamo a parlare di calcio. LIBERATO lo inquadra costantemente nei suoi video, nel suo Tumblr, è parte integrante delle sue narrazione e autonarrazione. Nei credits di TU T’È SCURDATO ‘E ME, c’è un ringraziamento diretto a Mertens, Insigne e Callejon. Francesco spiega che questo richiamo è «parte inestirpabile dai video perché il Napoli è talmente radicato nell’identità della città che non puoi ignorarlo se parli di Napoli». Ha ragione.

Però io ci vedo anche altro. Una paraculata, in senso assolutamente positivo. Una paraculata nobile. Mi spiego: secondo me LIBERATO ama visceralmente il Napoli. Sente questa passione, la vuole trasmettere. Non riesce a non farlo. Però è anche un modo per attirare ulteriori fan, follower, views, like, chiamateli come volete. Per garantirsi un crossover di contenuti, potenzialmente infinito, con il calcio. Anche perché testi e storia raccontata, col Napoli, c’entrano poco (per fortuna).

IL SENSO DI TUTTO

SONO PARTITO DALL’IDEA CHE LIBERATO FOSSE PERFETTO PER IL NAPOLISTA, NE SONO CONVINTO – TANTO DA SCRIVERE QUESTA PARTE DEL TESTO IN CAPS LOCK – ANCHE ALLA FINE.

Ne sono ancora più convinto, anzi, alla fine. Nonostante ci sia una differenza su certe vedute, tra il sito, me e lui. Il confronto, che cosa bella. La perfetta aderenza delle due situazioni, però, sta nel senso del tutto. Che capisco anche grazie a un contenuto in extremis di Francesco: «Che poi hai visto, lui ha pubblicato la prima canzone a febbraio. Si intitolava NOVE MAGGIO. Il 9 maggio, poi, ha pubblicato il secondo pezzo. La sera, a poche ore di distanza dalla mezzanotte. Il 10 maggio, trentennale del primo scudetto del Napoli. Il suo logo è una rosa. Maggio, il mese delle rose. Tutto torna, tutto perfetto. Una strategia, anzi una serie di strategie, assolutamente perfetta».

Il logo

A questo punto, secondo me è tutto chiaro. LIBERATO è un meraviglioso esempio di prodotto. Di prodotto del nostro tempo, calato dal e nel nostro tempo. E in tutte le sue declinazioni. Nessuna poesia, nessuna rinascita della Napoli che si riprende il primato della cultura e della musica. Cioè, queste sono cose laterali. Ognuno può decidere se si avvereranno o no, e come si avvereranno. La realtà è estremamente semplice: LIBERATO è un prodotto commerciale. Come La Grande Bellezza e The Young Pope come Quel ragazzo della Curva B. Solo che c’è un target diverso, un modo di fare le cose diverso, migliore. Questo è il bello, “commercialismo fatto bene”.

LIBERATO è fare le cose bene, a Napoli, oggi. Anche creando una nuova oleografia, magari. Ma intanto faccio qualcosa di nuovo, senza ristagni. Interpretando il presente. Con un prodotto esteticamente valido, ricercato. Pure commerciale, e VAFFANCULO ai benpensanti. Anche con l’anonimato. Me lo spiega Francesco, con l’ultimissimo messaggio vocale. Mi è arrivato proprio pochi minuti fa: «Non sprechiamo inutili energie a cercare LIBERATO, a capire chi è. Non serve, è ininfluente. LIBERATO è Napoli. O tutto quello che dovrebbe essere». Napoli di oggi, aggiungo io. Mi pare cosa buona, e giusta.

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