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L’unico portone chiuso è quello di Palazzo Serra di Cassano

Ci dispiace per gli ex campioni del Napoli vittime della burocrazia e di ex capipopolo, ma noi ci indigniamo per altre vicende e ricordiamo l’importanza della storia.

L’unico portone chiuso è quello di Palazzo Serra di Cassano
Palazzo Serra di Cassano

Indifferenti

Come regola di vita abbiamo scelto di stare sempre fuori dal coro, ma questa volta, consentitecelo, lo facciamo ancora con più convinzione. Alle corte: il portone chiuso dello stadio San Paolo nel giorno del trentennale del primo scudetto del Napoli che andava celebrato con ben altro stile non ci ha provocato né indignazione né, tanto meno, compiacimento. Semplicemente, ci ha lasciato indifferenti.
Nel giorno in cui a giusta ragione ci indigniamo perché il Comune non garantisce l’assistenza a Salvatore, un bambino di nove anni autistico, non è lecito farsi megafono acritico della voglia di protagonismo di ex campioni che, evidentemente, volevano solo fare festa ma si sono lasciati trascinare nel vortice della protesta e di presunti capipopolo che, al contrario, erano, come sempre, in cerca di una legittimazione. Che, per quanto ci riguarda, non avranno mai.

Inefficienza della burocrazia

Lasciamo a chi se l’è assunta la responsabilità di definire “vergognoso” l’episodio di ieri pomeriggio. Per i ben pensanti – che sono in larghissima maggioranza rispetto a quanti si ergono a paladini di “cause perse” – è quello che è: una ennesima, grave, dimostrazione di inefficienza della burocrazia, in questo caso sportiva, e di mancanza di dialogo tra base e vertice. Altro non vediamo e, per questo, prendiamo le distanze da quanto è successo, lasciando agli ex campioni e ai loro paladini, con il solo beneficio della provocazione, tutto lo spazio di cui dispongono.
Rimettiamo, però, le cose a posto e ricordiamo, con tutta la forza a nostra disposizione, che l’unico portone chiuso che conosciamo e riconosciamo è quello di palazzo Serra di Cassano che alle spalle non ha uno sgangherato campo di calcio ed una spelacchiata pista di atletica, ma custodisce l’onore della città offesa dalle orde sanfediste e protegge il ricordo del prezzo atroce pagato dagli eroi della Repubblica napoletana.

Gerardo Marotta

“Quel” portone, ricordiamo anche questo, venne aperto da Gerardo Marotta solo in pieno “rinascimento napoletano” per incoraggiare l’azione di buon governo del sindaco Bassolino e della giunta, ma l’avvocato non esitò un attimo a richiuderlo quando le cose presero di nuovo una china preoccupante. E nessuno osò protestare: non c’era altro da fare. I simboli servono a questo e non vanno barattati con un amarcord che ha altre finalità. Ugualmente importanti, ma non decisive. Come, al contrario, ci è parso che qualcuno ieri abbia pensato.
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