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Il fatturato: le constatazioni di Ancelotti e Sarri, le (tante) ragioni di Agnelli

Andrea Agnelli ha “difeso” il lavoro della Juventus, fatto nei modi e nei tempi giusti. Il fatturato è sì determinante, ma loro sono stati bravi a farlo crescere.

Il fatturato: le constatazioni di Ancelotti e Sarri, le (tante) ragioni di Agnelli
Andrea Agnelli

La grande forza della Juventus

Quella sul fatturato è una polemica strana. Anzi, una non-polemica. Perché tutto è leggibile nei numeri, come accade quasi sempre. E tutto rimanda alla grande forza e qualità gestionale della Juventus. Il club bianconero è un esempio da seguire da tanti punti di vista: oggettiva capacità di migliorare la situazione, sfruttamento di una certa posizione (garantita dalla proprietà), continuità nell’applicazione di un modello vincente. E fortuna, certo. Mai come in questo caso, però, la fortuna aiuta gli audaci. Agnelli ha le sue ragioni. Ieri ha definito «pretestuose» le critiche sul fatturato, ricordando a tutti «cos’era la Juventus nel 2010». Ha perfettamente ragione, soprattutto sull’excursus storico (sul concetto di «critiche pretestuose ci torneremo dopo): la Juventus, al termine della stagione 2010/2011, aveva un fatturato di soli 172 milioni di euro, addirittura meno di quanto la società avesse incassato nella stagione 2006-2007 in Serie B (182 milioni di euro).

In seguito a una ricapitalizzazione di da 120 milioni di euro, 80 dei quali in capo alla Exor, la società recupera solidità economica e intanto costruisce la squadra del primo scudetto di Conte. Una squadra che (fonte Gazzetta) vince pur avendo il terzo monte ingaggi d’Italia (Milan 160, Inter 145 e Juventus 100). Da lì in poi, è un’escalation: il monte ingaggi diventa il secondo nell’anno 2012/2013, il fatturato cresce e si arriva allo strapotere economico dei giorni nostri. Direttamente proporzionale. Lineare, semplice.

Perché Agnelli ha ragione

Per questo le parole di Agnelli sono giuste. Perché la Juventus, pur partendo da una posizione di base sempre e comunque forte (la multinazionale Exor), ha saputo fare quello che doveva fare quando doveva farlo. Il primo scudetto è stato un capolavoro di sagacia di mercato, bravura (di Conte) e fortuna: basti pensare al successo, colto contro il Milan di Ibrahimovic, di una squadra che ha letteralmente riciclato Barzagli e Pirlo, che ha fatto crescere Bonucci e Chiellini; che nel frattempo giocava con Pepe, Estigarribia, Matri e Vucinic; che ha preso Vidal e Lichtsteiner, ha valorizzato Marchisio e Quagliarella. E così via.

Tante scelte di mercato giuste (Pogba, su tutte), alcune scelte meno riuscite (Isla, Giovinco, Ogbonna, Hernanes) che però non hanno inficiato sul raggiungimento dei risultati sportivi. Una squadra sempre più forte, che cresceva in campo, nei risultati europei e nel fatturato. Fino a diventare economicamente e sportivamente inavvicinabile sul fronte interno. Fino a potersi permettere di pagare le clausole rescissorie dei due calciatori più forti delle prime inseguitrici. Come dire: non è un caso.

Sarri, Ancelotti, gli alibi e le constatazioni

In questo modo, Agnelli ha già risposto a Sarri, Ancelotti e a tutti quelli che parlano di fatturato. Il lavoro paga. E paga ad altissimi livelli quando parte da una posizione certamente forte, come quella di Exor. Ma quella non può essere una colpa, è semplicemente un punto di partenza più avanzato rispetto ad altri. Agnelli esagera a definire «critiche pretestuose» le parole di chi, come Ancelotti e Sarri, chiama in causa il discorso fatturato. Sono delle constatazioni storiche, e storicamente verificate: di solito vince chi ha il fatturato più alto. Questo è vero, assolutamente. La Juventus in Italia, il Bayern Monaco in Germania, Real Madrid o Barcellona in Spagna (e in Europa). Insomma, è il mondo per come va. Anzi, per dirla meglio: è la strutturazione del calcio europeo, che non può andare che in questa direzione.

Quindi, in conclusione: Agnelli ha difeso a spada tratta un lavoro bellissimo, fatto nei modi e nei tempi giusti per la Juventus. Ancelotti e Sarri – che ovviamente abbiamo preso come simboli ma non sono stati e non sono i soli a parlare di fatturato – fanno un’analisi economica giusta, ma che nello sport non può bastare. Nel senso: la prima Juve del 2012 ha vinto con un fatturato bassissimo, con un monte ingaggi ridimensionato rispetto alle concorrenti. Eppure ce l’ha fatta. Come il Leicester, il Monaco, l’Atletico Madrid. Eccezioni, certo. Che però possono esistere, che sono esistite. Che esiteranno, per sempre. E per fortuna.

Da qui, l’ultima considerazione: tra “motivazione ragionevole e oggettiva” e “alibi” il passo è breve. Per chi lo dice, magari no. Per chi lo legge, lo commenta e lo assimila (e a volte interpreta) magari sì. Se ti chiami Ancelotti, se ti chiami Sarri: la sostanza non cambia. Agnelli ha ragione, anche se non è stato davvero criticato. Ancelotti e Sarri raccontano la storia, ma solo la parte più convenzionale. Anche questo è semplice, e lineare.

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