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Andrea Agnelli alla Procura: «Juventus ostaggio degli ultras, i biglietti in cambio della pace»

La memoria difensiva e le dichiarazioni rese al procuratore Pecoraro: «Gli ultras possono condizionare una gara». Lunedì sarà sentito al processo penale ‘ndrangheta

Andrea Agnelli alla Procura: «Juventus ostaggio degli ultras, i biglietti in cambio della pace»
Andrea Agnelli al San Paolo

Il maggio processuale

Comincia lunedì 15 l’intenso maggio processuale di Andrea Agnelli che frequenterà le aule di processi penali per ‘ndrangheta (non da indagato, ma da testimone) processi sportivi (stavolta sì da indagato) e di commissioni antimafia. Qui vi raccontiamo della deposizione che lo scorso 16 febbraio ha rilasciato dichiarazioni al procuratore federale sportivo Giuseppe Pecoraro e della memoria difensiva del presidente della Juventus inviata alla Procura della Repubblica di Torino. È storia nota, il numero uno della Procura sportiva stava indagando su alcuni dirigenti della Juventus – tra cui Agnelli – per i rapporti con gli ultrà cui vendevano biglietti favorendo così il bagarinaggio.

L’accusa della Procura sportiva

Agnelli sarà processato dalla giustizia sportiva. Secondo l’accusa del procuratore federale (il processo sportivo inizierà il 26 maggio prossimo), avrebbe violato «i principi di lealtà, correttezza e probità», e, «con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras”, non impediva ai tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i gruppi ultras, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi di dotazioni di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione di tagliandi favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria ultras.

E assecondando, infine, in occasione della gara Juventus-Torino del 23 febbraio 2014, l’introduzione all’interno dell’impianto sportivo, ad opera dell’addetto alla sicurezza della società, D’Angelo, di materiale pirotecnico vietato e di striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi ultras».

Lunedì testimone al processo ‘ndrangheta

Lunedì mattina, invece, entrerà nell’aula del gip Giacomo Marson per l’udienza preliminare del processo “Alto Piemonte” sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella regione e nella curva della Juventus. A chiamarlo in causa è stato l’avvocato di Saverio e Rocco Dominello, padre e figlio. Il legale Domenico Petrini sostiene che Rocco Dominello non appartiene alla ‘ndrangheta e che ha più volte incontrato Andrea Agnelli, da solo e in compagnia.

Nel processo penale, nessun dirigente della Juventus è indagato. Vedremo se lunedì, sotto giuramento, Agnelli in Aula dirà – come ha fatto col procuratore Pecoraro – «di non aver mai incontrato personalmente il Dominello (Rocco, ndr) se non nell’occasione in cui era presente Germani ed eventualmente in circostanze in cui lo stesso era presente insieme a centinaia di altre persone».

La memoria difensiva di Andrea Agnelli

Le dichiarazioni di Agnelli a Pecoraro

Quel che adesso vi riferiamo, riguarda le dichiarazioni che Agnelli ha rilasciato a Pecoraro il 16 febbraio 2017.

«Negli anni 2009-2010, quando divenni presidente della Juventus, la situazione sportiva e organizzativa della società non era delle più felici. La tifoseria chiedeva spesso chiarimenti con la società, arrivando anche a tenere manifestazioni eclatanti nel corso delle partite. Nell’ambito della mia famiglia decidemmo che sarei stato io personalmente ad occuparmi della società. Cercai di dare una impronta unitaria alla società stessa, per cui decisi di incontrare tutti i gruppi della tifoseria juventina, tra cui anche gli ultras (siamo nell’anno 2010). I vari gruppi pretendevano di incontrarmi separatamente ma optai per un incontro unitario ritenendo che fosse necessario mantenere una certa coesione e unità di intenti».

I cantanti nelle curve

«La stagione sportiva 2011-2012 vede il lancio dello Juventus Stadium. Cercammo, quindi, di fidelizzare i vari gruppi di tifosi. Nell’organizzazione dello stadio si decise di concentrare tutta la tifoseria più accesa in una sola curva e non come era stato fino ad allora dove le cosiddette tifoserie “cantanti” si dividevano tra la curva Nord e quella Sud».

Agnelli racconta di aver affidato la sicurezza ad Alessandro D’Angelo. Dice che la Juventus ha creato un team Slo, per i rapporti con i tifosi, coordinato da Alberto Pairetto. «Il mio dialogo con il D’Angelo – verbalizza il presidente Agnelli – riguardava anche gli umori della curva (il c.d. termometro dei “cantanti”)».

Bagarinaggio

A proposito dell’accusa di aver favorito il bagarinaggio, dice: «Le mie direttive a Francesco Calvo erano le seguenti: no omaggi e tessere del tifoso nominati e per tutti. Tutti i biglietti, per quello che io sapevo, uscivano sempre a fronte della presentazione del documento di identità e del pagamento del corrispettivo. Quello che effettivamente succedeva in biglietteria non era di mia conoscenza e neanche di mia competenza. Quando il preventivo coincideva con il consuntivo e la cassa era in regola per me tutto era in ordine. Venni a conoscenza di tutto quanto era accaduto soltanto nel luglio del 2016 quando tutta la vicenda è finita sugli organi di stampa e un nostro collaboratore, Bucci, si è suicidato. Chiamai quindi Merulla e D’Angelo per chiedere conto e ragione  di tutto quanto successo, data la delicatezza della vicenda».

«La direttiva che sin da subito ho dato è stata quella di ridurre al minimo i biglietti omaggio, lasciando una piccola dotazione alle singole direzioni, e due biglietti per ogni dipendente. Anche nel caso dei biglietti omaggio la Juventus rispetta la normativa che prevede l’integrazione nominativa del tagliando».

Agnelli non rinnega l’operato dei suoi collaboratori ma salva se stesso: «I miei collaboratori ritengo che abbiano operato interpretando le mie direttive nel modo che hanno ritenuto più adeguati al fine di realizzare il nostro obiettivo. Tutto ciò che avveniva a livello operativo, ad esempio la vendita dei tagliandi, non rientrava tra le mie competenze».

Obiettivo fidelizzare i tifosi

«L’obiettivo di tutti era fidelizzare i tifosi e collocarli nei rispettivi settori e la partita in casa doveva essere gestita come fosse una trasferta, dato che il 60% della nostra tifoseria casalinga viene, comunque, da fuori Torino. Il rapporto di fiducia con il D’Angelo era totale. Quando lui cominciò a essere preoccupato per le pressioni che riceveva da alcuni esponenti della curva, mi manifestò la volontà di occuparsi di altre cose, rappresentandomi soltanto di essersi stancato di gestire i rapporti con le tifoserie, senza però prospettarmi particolari timori o paure. Gli dissi però che, nel corso della stagione sportiva, non era possibile eseguire il cambio di incarico che mi veniva richiesto».

«Gli ultras possono condizionare l’evento di una gara»

«I gruppi ultras allo stato sono quattro. I loro soggetti apicali hanno la forza e la credibilità di condizione il contegno del gruppo medesimo. Pertanto la richiesta di acquisto di tagliandi da parte degli ultras, pur normalmente espressa, è spesso caratterizzata da una silente pressione dovuta alla capacità ampiamente dimostrata in passato di porre in essere comportamenti violenti o anche solo verbalmente censurabili. In altre parole gli ultras possono sicuramente condizionare l’evento gara.

È ovvio che, tornando al contesto Juve, quando si è avuta la percezione di essere di fronte di una condotta illecita, qualunque essa fosse, la stessa è stata denunciata. Nel caso delle richieste di biglietti, la vendita è stata fatta avendo in mente esclusivamente l’obiettivo di disinnescare potenziali tensioni create dagli ultras sull’evento gara, sulla squadra o, ultimo ma non da ultimo, più in generale sull’ordine pubblico».

Per Agnelli, i biglietti agli ultras sono stati dati nel «rispetto delle procedure interne Juventus, a fronte del regolare pagamento degli st sei e soprattutto senza sconti né omaggi».

L’articolo 12 della giustizia sportiva

È importante ricordare un passaggio del regolamento sportivo che per la Procura federale è stato violato da Agnelli e dagli altri dirigenti, l’articolo 12: «Alle società è fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari e cin altre utilità, alla costituzione e al mantenimento di gruppi organizzati e non, di propri sostenitori, salvo quanto previsto dalla legislazione statale vigente».

I pm torinesi all’Antimafia

Nella loro audizione all’Antimafia, i Pm torinesi titolari della inchiesta “Alto Piemonte”, Paolo Tosi e Monica Abbatecola hanno ricostruito il traffico di abbonamenti e  biglietti tra la Juventus e gli ultras. Cominciando dalla riunione per la spartizione degli stessi tra i diversi gruppi ultras, a casa del padre di Rocco Dominello, Saverio, ndranghetista, ex autista del boss di Rosarno, Antonino Pesce. Rocco Dominello pur non guidando un gruppo ultras, anzi assistendo alle partite dalla tribuna, «era diventato referente di tutti i gruppi per la spartizione delle quote di biglietti e viene abitualmente ricevuto negli uffici della Juve come interlocutore, mediatore, cerniera tra il settore vendita biglietti e abbonamenti della società e i gruppi di tifosi».

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