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Come migliorare il Napoli senza avere 120 milioni (ma Sarri ha le sue ragioni)

Il mercato e il campo, i nuovi giocatori e il lavoro dell’allenatore: ipotesi e proposte su come puntare alla perfezione, vale a dire allo scudetto.

Come migliorare il Napoli senza avere 120 milioni (ma Sarri ha le sue ragioni)

Sensazioni

Ci sono partite che ti lasciano giusto il tempo di chiederti: e ora? Cosa serve per migliorare ancora? Inter-Napoli è essenzialmente una di queste, perché se da una parte c’è sempre stata la critica al Napoli “perché non riesce a vincere partite sporche”, oggi c’è “il Napoli non riesce a chiudere le partite”. Che è un po’ un controsenso, soprattutto alla luce delle occasioni concesse all’Inter ieri sera. Due, volendo forzare: il colpo di testa di Icardi, il tiro al volo di Perisic. Lazio-Napoli 0-3, ad esempio, fu una partita in cui gli avversari tirarono molto di più verso la porta di Reina.

Ecco, il punto è questo: Sarri ha ragione quando dice che per migliorare la squadra occorrono calciatori da 80-100 milioni. Perché, come deduciamo da sopra, ogni partita fa storia a sé ed è composta da circa 45 episodi diversi, uno ogni due minuti. Gli episodi li “fanno”, o comunque li orientano, i calciatori più forti. Il Napoli ha tanti ottimi calciatori, effettivamente servirebbe qualche fuoriclasse per salire l’ultimo gradino, quello che conduce alla Juventus. Allo scudetto. Dieci punti, se ci pensi, sono cinque pareggi. Ne prendiamo tre (Sassuolo x2, Palermo), partite dominate, e il Napoli è in piena corsa per il titolo.

Quindi sì, per migliorare – banalmente – servirebbe acquistare Sergio Ramos e Kroos. Gente che ti sposta l’asse perché è decisiva nei momenti che contano. Ma è complesso pensare al Napoli che va dal Real Madrid a prendere i suddetti. Ed è complesso pensare ai suddetti che ricevono le avance del Napoli e le accettano, salutando con un sorriso Cristiano Ronaldo e Benzema.

Realtà

Ecco che, per necessità, bisogna migliorare in un modo aderente con il contesto, con la realtà che ci circonda. Il mercato, il campo. Sono due situazioni parallele, che possono essere investite entrambe da propositi di crescita. Il primo orienta il secondo, il secondo valuta il primo.

C’è stata indignazione – giustamente – ieri sera perché Massimo Mauro ha parlato di Emanuele Giaccherini dopo che il Napoli ha portato a casa l’undicesima vittoria in trasferta in campionato. Sì, effettivamente era una considerazione poco attinente all’attualità. Però, se ci pensiamo, Giaccherini è uno dei pochi slot in cui il Napoli ha bisogno di fare upgrade. La riserva di Callejon – un ruolo che in realtà non esiste nella geografia mondiale del talento – deve essere considerata una priorità. Per una semplice ragione: una squadra che vuole vincere lo scudetto, o sognare di farlo (versione tifoso, versione Sarri), deve avere un’alternativa affidabile. Non Giaccherini (intra)visto quest’anno, pur con tutta la fiducia e la stima per un professionista come l’ex Sunderland.

Stessa situazione per il dodicesimo uomo, il portiere di riserva, e per il terzino destro in seconda. Anche senza voler toccare tutto il resto dell’organico, ecco qui le rotazioni che non si possono fare al Napoli. Reina, Hysaj, Callejon. Titolari per forza, perché Rafael, Maggio e Giaccherini non danno le adeguate garanzie. Ecco, un modo per migliorare: crescere qui, fare in modo che tutti i reparti siano come il centrocampo. Solo dopo questo punto, il discorso sul miglioramento del tronco titolare. Che, riprendiamo il discorso di sopra, è un’operazione piuttosto complessa. I nomi abbiamo già provato a farli, in una serie di articoli di “fantamercato” (difesa, centrocampo, attacco). Kessié, Keita, Grimaldo, Kompany, lo stesso Szczesny che è una pista concreta. Non arriviamo agli 80-100 milioni di Sarri, ma non siamo molto lontani dai 25-30.

Il campo

Non c’è una formula segreta per vincere. Il Napoli ha scelto la strada del gioco, alcuni rimproverano a Sarri un approccio troppo estetico senza rendersi conto che si tratta di una necessità travestita da vezzo. Nel senso: che a Sarri piaccia giocare (solo) in un certo modo è palese. Che questo Napoli possa giocare in modo diverso è tutto da dimostrare.

Cambiare atteggiamento in un eventuale terzo anno di gestione tecnica sarebbe da folli. La Juventus, con la sua profondità d’organico e la forza dei suoi calciatori, può permettersi una rivoluzione in itinere come quella varata da Allegri quest’anno. L’ha fatto, sta funzionando, era l’unico modo per sfruttare il potenziale dell’organico e nascondere certi difetti strutturali. Non fosse andata bene, i punti di vantaggio non sarebbero 9-10 ma 4-5 perché avrebbero perso qualche punto e poi avrebbero gettato l’ancora nel mare della sicurezza. Una differenza non sostanziale.

Il peso degli episodi, come detto sopra, è stato decisivo per la creazione del distacco con la Juventus. Però i gol subiti, tanti, non sono un caso. Come i punti persi allo stesso modo in alcune partite. Ieri sera, nel contesto di una partita dominata, il Napoli ha concesso all’Inter un’occasione pulita (quella di Perisic). In caso di gol (come Nestorovski o Defrel), il punteggio avrebbe detto 1-1 ma la prestazione non sarebbe cambiata. Dominio era e dominio sarebbe rimasto. Con un solo punto in classifica, però.

Crescere nella testa

Il punto, dunque, è crescere nella gestione delle partite. Subire ancora meno, segnare nei momenti che contano. È un’aspirazione alla perfezione, certo, ma è quello che serve a questo Napoli. Che è una squadra bellissima, fantastica, gioca un gran calcio e ha i migliori calciatori possibili nei ruoli chiave. Solo la Juve ne ha di migliori, la Roma (non tutta) è di pari livello. Proprio per questo, il lavoro deve essere finalizzato a rendere non praticamente perfetto, ma perfetto e basta questo progetto tattico e sportivo.

Si può fare, perché un anno in più di lavoro su testa e meccanismi può essere tanta roba. Soprattutto la psicologia, nella comunicazione (società e Sarri) e nell’approccio alle partite e nella loro gestione (squadra), può portare all’ultimo passo. Colpa di chi sta davanti, che va tanto tanto veloce. Ma è anche uno stimolo, può e deve esserlo, a migliorare ancora.

In redazione ci siamo chiesti come vorremmo fosse sempre il Napoli. Come nel primo tempo di Napoli-Torino, ci siamo risposti. Tre a zero, nessuna occasione concessa e bellezza e praticità offensiva. Sarebbero 100 punti l’anno, considerando incidenti di percorso sparsi. Sarebbe quello che serve, oggi, per vincere lo scudetto. Il Napoli ha dimostrato di poter essere e fare tutto questo. Deve e può imparare a esserlo e farlo sempre.

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