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Sulley Muntari, l’uomo che ha attraversato la storia del calcio italiano

Come un Forrest Gump del pallone, Muntari è sempre stato lì dove si faceva la storia, dove nasceva la notizia. Oggi è di nuovo al centro della scena.

Sulley Muntari, l’uomo che ha attraversato la storia del calcio italiano

Una lettera immaginaria scritta da Sulley Muntari sulla sua carriera.

Una volta partecipavo

Il mio nome è Forrest, Forrest Muntari. In realtà ho un nome di battesimo che non so se è più suggestivo o no, Sulley Ali. Se lo leggi insieme, tutto d’un fiato, ti sembra di volare. E volare è di gran lunga meglio che stare nella foresta.

Io ci sono sempre stato, in tutti i momenti topici, anche se non tutti se ne sono accorti. Nel 2002, avevo 18 anni e già giocavo con l’Udinese. Anzi, no. In pratica ero l’Udinese. Proprio perché avevo 18 anni ed ero stato preso di peso e portato in Friuli dal Liberty, una squadra di Accra, casa mia, la capitale del Ghana. Il classico calciatore dell’Udinese, un adolescente-nessuno che va in campo e in realtà è un mostro.

Partecipavo, allora. Cioè, ero importante nell’Udinese, per l’Udinese. Quella di Spalletti, mica una squadra così. 12 presenze nel primo campionato in Serie A, 23 nel secondo. Poi 33 nel terzo, quello della qualificazione Champions. Ecco, quello è il mio turning point. Nessuno se ne accorgeva, ma intanto segnavo la storia del calcio italiano. La mia Udinese è stata una delle poche squadre italiane a superare i preliminari di Champions, a giocarsi i gironi. Ci sarebbero riuscite, dopo, Milan, Lazio e Fiorentina. Cioè, per dire: ho giocato da titolare al Camp Nou, con la maglia dell’Udinese. Il Barcellona avrebbe vinto la Champions, quell’anno, ma intanto aveva giocato contro di me. E contro Vidigal che fa un salvataggio incredibile sulla linea di porta.

 

Dopo quella volta, l’Udinese avrebbe perso due volte i preliminari. Io non c’ero, ero impegnato a fare la storia altrove. Tipo anche la nazionale del Ghana, con cui ho giocato da titolare i primi Mondiali di sempre (per il Ghana). Ero in campo in Italia-Ghana 2-0, gli azzurri avrebbero vinto il titolo. Ho segnato un’epoca, anche indirettamente.

L’Inghilterra e il Triplete

Un’altra stagione, quattro gol e quattro assist, e mi chiamano dalla Premier League. Non è un club d’éliteil Portsmouth, ma vuole diventarlo. Con me in campo, vinceranno la Fa Cup. Non vincevano un trofeo da 58 anni, oggi hanno colto la promozione dalla quarta alla terza serie. Inutile aggiungere che sono retrocessi due anni dopo, senza di me. Io ero già all’Inter.

Mi ha voluto Mourinho, ho vinto uno scudetto e sono stato un protagonista del Triplete. Prima, però, si sono fatte un po’ di polemiche sul mio nome e sulla mia religione. Dopo un Inter-Bari 1-1, ad agosto, mister Mourinho disse che il Ramadan e il digiuno conseguente mi avevano creato dei problemi. La comunità islamica prese le mie difese, finimmo addirittura sui giornali stranieri, il Daily Mail ad esempio. Probabilmente, la prima diatriba religiosa nella storia del calcio italiano.

Ho anche un record di cui non vado fiero. A Catania, nel marzo del 2010, sono stato espulso dopo un minuto e dieci secondi dal mio ingresso in campo. Doppia ammonizione, è qui che casca l’asino. Fallo da dietro, mani in barriera e rigore procurato. Giallo automatico, il secondo. E buonanotte.

C’ero a Barcellona, la sera della semifinale. Entrai a un quarto d’ora dalla fine. C’ero a Madrid, entrai anche quella sera, ho sollevato la Champions League con l’Inter, 45 anni dopo l’ultima volta. Il primo Triplete nella storia del calcio italiano, forse non partecipavo come a Udine (davanti alla difesa c’erano Thiago Motta, Stankovic, Cambiasso), ma comunque c’ero. Io c’ero sempre.

Milan-Juve

Sono andato via, sono ritornato. A Milano, ancora. Finii a giocare per il Milan, c’ero in quella sera di febbraio, per il match scudetto contro la Juventus. Segnai, feci gol. Lo videro tutti, tranne l’arbitro. Dopo Turone e Iuliano/Ronaldo, ci sono io. Sulley Ali Muntari, un Forrest Gump del pallone. Il gol fantasma più famoso nella storia del calcio italiano l’ho segnato io, che nessuno si ricorda di me.

In realtà ho segnato un bel po’ con il Milan, io medianaccio non proprio bello a vedersi. 13 gol, di cui 5 nella sola stagione 2013/2014. L’anno prima, siccome so come si fa, segnai anche contro il Barcellona in un incredibile 2-0 a San Siro. Noi, il Milan, eravamo diventati Davide; loro erano Golia. Vincemmo noi, poi perdemmo in Catalunya. 4-0 per loro. Io non ero in campo da titolare, ovviamente.

L’altro ieri

Fino all’altro ieri vi eravate un po’ dimenticati di me. Ci sono abituato. Poi la storia è tornata da me in un modo un po’ strano, in un modo di cui avrei fatto volentieri a meno. Percé il razzismo è davvero una brutta storia. Ho fatto come Zoro in un vecchio Messina-Inter, solo che lui si fermò e bloccò il pallone, non se la prese con l’arbitro. Io sono stato ammonito dal signor Minelli, poi ho detto cose brutte di lui nel dopopartita. Ho segnato un’epoca, stavolta disciplinare e non con il gioco. Sarò squalificato, qualcuno ha spiegato perché. Intanto, però, qualcuno dice che addirittura l’Onu si sia schierata dalla mia parte. Insieme a tanti commentatori, a tanti tifosi, la parte sana e col buon senso del calcio. Della vita.

Ecco, io sono Sulley Muntari e ho segnato la storia senza che voi ve ne accorgeste. Accorgetevene, questa volta. Che forse è quella più importante, perché potrebbe servire a fare un po’ di pulizia. A buttare fuori un po’ di imbecilli dagli stadi.

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