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Il Chelsea campione: Conte, la rosa forte e una grande cessione (Oscar)

La Premier incorona il Chelsea, una grande squadra (che si autofinanzia, sul mercato e grazie agli introiti strutturali) rigenerata dal tecnico salentino.

Il Chelsea campione: Conte, la rosa forte e una grande cessione (Oscar)

Un successo indiscutibile

Un anno per la Premier. Come alla Juventus, nel 2012. Antonio Conte re d’Inghilterra, dopo Ranieri (e Mancini, e Ancelotti). The Italian Job for Chelsea. Tanti titoli possibili per la grande vittoria del club londinese, che torna in cima alla Premier per la sesta volta (la quinta negli ultimi 12 anni). Il trionfo di Antonio Conte è legittimo, meritato, costruito durante l’anno con grande costanza e continuità di rendimento. Tanto che, il Napolistai, aveva definito il salentino come “il miglior allenatore del mondo”. L’articolo (qui) è di qualche tempo fa.

Conte ha avuto l’impatto perfetto sulla Premier League: ha vinto e ha segnato una rivoluzione tattica. Non tanto di forma o contenuti, quanto di applicazione di concetti nuovi. La difesa a tre, come detto anche dallo stesso allenatore; ma anche, e soprattutto, la capacità di adattare perfettamente i principi di gioco al contesto tecnico ed emotivo del campionato. Questa è stata la grande virtù dei Blues: giocare un calcio strutturato senza dimenticare l’intensità che serve per vincere le partite in Inghilterra. O meglio: che serve al primo anno per vincere le partite in Inghilterra. Difficile pensare che Guardiola non riuscità mai a vincere col suo City. Intanto, però, non ci è riuscito. Proprio perché, a differenza di Conte, ha deciso di stravolgere forme e contenuto. E di costruire fin da subito su scala pluriennale.

Un mercato immediato (ma autofinanziato)

È bene chiarire, a uso e consumo di tutti: tra Chelsea e Leicester c’è un abisso. Forza, fatturato, appeal. E, soprattutto, un organico di altissimo livello. Se il Chelsea oggi è 10, le Foxes dello scorso anno oscillavano tra 4 e 5. Sì perché lo stesso Chelsea, proprio nel senso letterale del termine, aveva vinto il titolo nel 2015 con Mourinho. Due anni fa, non tantissimo. E, su quel telaio, ha innestato un numero esiguo di calciatori: Pedro, David Luiz, Kanté, Batshuayi, Alonso. Nessuna rivoluzione, solo i giusti puntelli nei ruoli scoperti. È bastato questo, a Conte, per risistemare la squadra di cui Mourinho aveva perso il controllo. Nell’ultima sessione estiva, sono arrivati gli ultimi quattro calciatori (Pedro è stato acquistato nel 2015). Anzi, qualcuno scriveva di come il tecnico salentino non fosse proprio soddisfatto del mercato. Si sbagliava: era una campagna perfetta per vincere subito. Batshuayi è l’unico “giovane”.

In effetti, non è che Conte avesse proprio tutti i torti. Il Chelsea, dopo l’iniziale endovena di rubli di Abramovich, ha oggi una struttura finanziaria in grado di autofinanziarsi. Anzi, genera profitti. Il calciomercato si è chiuso con un disavanzo “normale”, 24 milioni di euro. A bilanciare gli investimenti, l’incasso-monstre per Oscar (60 milioni dai cinesi dello Shangai). E un anno prima, 28 milioni per Ramires (sempre dalla Cina) e 16 per Filipe Luis (ritorno all’Atletico). Come dire: anche il Chelsea cede, quando può. Nessuna vergogna. Poi, ovviamente, ci sono gli introiti strutturali. Il petroliere russo non fa più da mecenate, ma ha costruito un modello economico che funziona in modalità autoplay.

Il futuro

La Prmier che verrà, con l’aggiunta della Champions, non sarà un esame per Conte. Sarà la discussione della tesi sperimentale di un master ad Harvard, perché nel frattempo l’ex tecnico della Juventus si è diplomato, laureato, laureato di nuovo con lode. Cioè, al di là delle suggestioni: è davvero uno dei migliori allenatori del mondo. Non c’è più dubbio. L’impresa compiuta non ha la portata epica di Ranieri, come potrebbe, ma vincere nel campionato in cui allenano Mourinho, Guardiola, Klopp e Wenger non è proprio da tutti.

Poi c’è questa storia dell’Inter. Nel senso: Conte ha dichiarato il suo amore per il Chelsea, la sua fedeltà. Però «Sabatini non molla», stando a quanto si legge. La tentazione potrebbe essere rappresentata dalla disponibilità economica, potenzialmente infinita, di Suning. Risorse che, ovviamente, sarebbero tutte da destinare al mercato. Come dire: il sogno di Conte, da sempre. Ci sarà un faccia a faccia con Abramovich, un altro che da questo punto di vista non scherza. Sarà curioso capire come andrà. E sarà curioso verificare di nuovo Conte alla prova europea, dopo le esperienze non proprio brillantissime con la Juventus. Intanto, è trionfo assoluto. Con la possibilità di coronare il tutto con la ciliegina della Fa Cup, da giocarsi contro l’Arsenal. Il famoso double. Che a Conte non è mai riuscito. Ad Ancelotti sì. Col Chelsea. Non è un caso. 

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