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Il calcio italiano regolato dal codice Opti Pobà

Bisognerebbe stampare un volumetto che le regole principali che ormai dettano la linea dell’impunità nel calcio italiano per ogni tipo di razzismo

Il calcio italiano regolato dal codice Opti Pobà

Serve un editore disposto a stamparlo

Prima o poi un editore meridionale che non badi a spese o, meglio ancora, uno stampatore di Pontida, dovrà decidersi a pubblicare una edizione integrale del codice di Opti Pobà. Corredandola, naturalmente, di note a commento e di riferimenti storici non esclusivamente afferenti al calcio. Un codice da consultare e da conservare, insomma. Anche a futura memoria perché, di questo passo, non è dato sapere dove si andrà a parare.

Strootman come Chiarugi

Fuori di metafora, il calcio nuota una bracciata avanti e due indietro. È proprio così anche se fa tristezza ricorrere a questi toni nel giorno in cui il giudice sportivo licenzia una sentenza esemplare di condanna per simulazione contro il truce romanista Strootman, al cui confronto il nostro Chiarugi era poco più di un apprendista stregone. E poi, vivaddio, il buon Luciano cadendo e straziandosi in area quasi si autodenunciava – guardate vi sto prendendo in giro – al contrario di Strootman che ha affinato la tecnica del perfetto simulatore. E più volte l’ha fatta franca.

Serve un’orchestra per parlare di razzismo

Ma torniamo al codice Opti-Pobà che è materia che scotta e accentua il distacco del calcio dalla realtà storica in cui vive. Come se fosse isolato in un recinto nel quale le regole esterne non valgono. C’è una considerazione che lo conferma: prima del comunicato che annunciava il verdetto che ha condannato il calciatore Muntari e ha assolto i tifosi cagliaritani, molti di noi, ad esempio, non sapevano che dieci cori razzisti rappresentano una soglia minima che assolve chi li intona. Per supportare l’accusa di razzismo i coristi devono essere di più, almeno una orchestra tipo Festival di Sanremo.

I cori contro i napoletani

Nel paese di Opti Pobà dovevamo subire anche questo choc ma, nonostante lo sconcerto, è giusto distribuire pillole di pizzichi sulla pancia: non è (solo) questa la sentenza da condannare, ma le altre che l’hanno preceduta, soprattutto le prime che hanno punito con sanzioni blandissime, al limite del ridicolo, i cori orrendi dei tifosi di Verona, Bergamo e Torino (ora si è aggiunta anche Foggia) contro i tifosi napoletani. Mai una condanna esemplare capace davvero di stroncare il fenomeno che si espandeva a macchia d’olio sporcando l’intero Paese, ma al più un buffetto sulla guancia. E così siamo passati da “Vesuvio lavali col fuoco” a Muntari vittima-colpevole: la storia fa il suo corso e l’unico tentativo di rimettere le cose a posto lo hanno tentato i tifosi napoletani utilizzando l’arma potentissima dell’ironia: “Giulietta è ‘na zoccola” rimarrà nella storia.
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