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Agnelli all’Antimafia: «La polizia non vuole gli steward in curva. Ho 4 figli, avrei problemi con i biglietti»

Domani il processo sportivo ad Agnelli e alla Juventus. Pubblichiamo il testo dell’audizione del presidente bianconero alla commissione Antimafia

Agnelli all’Antimafia: «La polizia non vuole gli steward in curva. Ho 4 figli, avrei problemi con i biglietti»

Domani comincia il processo sportivo ad Andrea Agnelli e altri dirigenti della Juventus. Processo che potrebbe chiudersi lunedì con la sentenza. Oggi pubblichiamo l’audizione di Andrea Agnelli alla commissione parlamentare antimafia e ampi stralci delle risposte alle domande dei parlamentari membri della commissione.

La Juventus ha 700 dipendenti

Signor presidente, intanto la ringrazio per i complimenti che ci ha fatto e che mi permetta però di trasferire non solo al mister e ai giocatori, ma a tutte le donne e a tutti gli uomini che lavorano per la Juventus, che è ormai una realtà da 700 dipendenti, quindi una realtà sicuramente affermata, e il percorso della Juventus dal 2010 ad oggi ci ha reso estremamente orgogliosi dei risultati che abbiamo raggiunto sia sul campo che fuori dal campo.

Colgo subito il suo spunto su questa che deve essere una riflessione generale – in questa Commissione lo sguardo è più ampio – quindi non posso che iniziare con il ringraziarvi per l’opportunità che oggi mi offrite. Penso che questo genere di audizioni faciliti e debba facilitare il dialogo tra il legislatore e le componenti della società civile e sia determinante per offrire un punto di vista differente al dibattito politico, il punto di vista di chi opera sul campo, con le sue complessità, con i suoi problemi e con le sue difficoltà.

Prima di entrare nel cuore della tematica che è stata oggetto dei lavori della Commissione sia in seduta plenaria, sia del comitato mafia e manifestazioni sportive, tenterò di descrivere le problematiche che accompagnano una partita di calcio. Alcuni passaggi potranno sembrare scontati, ma il mio desiderio è rappresentarvi uno scenario completo.

Allo Juventus Stadium il 60% viene da fuori

La partita di calcio è l’evento centrale dello spettacolo calcistico, quello che genera tutte le attenzioni del pubblico e dei media e quello che nel caso dello Juventus Stadium, in virtù anche dei buoni risultati della squadra, richiama i tifosi nella struttura con un tasso di riempimento vicino al 95 per cento. Conoscere la composizione demografica dello Stadium è per voi importante, poiché la Juventus attira a ogni partita circa il 60 per cento di appassionati provenienti da fuori città, quindi da altre regioni e dall’estero. È del tutto comprensibile che queste persone debbano organizzarsi spesso in gruppi per affrontare in modo logisticamente efficiente un viaggio che li porterà a entrare nello Juventus Stadium, spesso per partite notturne, e poi di nuovo a casa.

Si tratta di un caso unico nel nostro Paese e rispecchia in pieno due elementi che rappresentano da sempre la Juventus: gli oltre 10 milioni di tifosi in tutta la penisola e i grandi successi sportivi, quindi il grande desiderio di assistere di persona allo spettacolo calcistico. Da qui una prima riflessione: siamo sicuri che la legge Pisanu, che permette la vendita a una singola persona di 4 biglietti al massimo, risponda alle esigenze sociali del pubblico che per spostarsi deve organizzarsi in gruppi? Posso anche fare il mio caso, che con 4 figli avrei estrema difficoltà ad andare allo stadio. Ovviamente, laddove si procedesse a una deroga o a una modifica della normativa, essa dovrebbe comunque prevenire le truffe e l’accaparramento a fini speculativi dei tagliandi, ma è comunque una riflessione che va fatta.

Che questa mia prima riflessione non suoni come un alibi rispetto al procedimento attualmente in corso presso la Figc nei confronti della Juventus. Se ci sono state irregolarità, esse dovranno essere sanzionate in modo adeguato e definendo con precisione le singole responsabilità, auspicabilmente in un processo giusto ed equilibrato tra accusa e difesa.

I cosiddetti “gruppi ultras”

Tra i tanti gruppi organizzati di tifosi ve ne sono alcuni più attivi di altri, più coreografici e rumorosi di altri, più visibili di altri, sono i cosiddetti «gruppi ultras», che esistono da almeno 50 anni nel nostro Paese in tutte le realtà, dalle grandi città ai piccoli paesi. Tali gruppi, in quanto autorizzati esclusivamente dalle questure, sono leciti, partecipano alla vita dello stadio e alle trasferte incluse, ne fanno parte persone che hanno il diritto di entrare negli stadi al pari di ogni altro cittadino, a meno che essi non vengano colpiti dal provvedimento di Daspo.

Gli ultras sono un problema di ordine pubblico? Lo possono certamente essere. Proprio in una delle vostre ultime riunioni il dottor Gabrielli, capo della Polizia, vi ha detto che l’incidenza percentuale di personaggi con precedenti penali nelle curve italiane è molto alta, se non ricordo male in certi casi raggiunge il 25 per cento. Ecco quindi che si delinea un quadro più preciso: da un lato i tifosi sono patrimonio essenziale per il calcio e gli ultras ne fanno parte, dall’altro essi possono rappresentare un problema di ordine pubblico e le forze dell’ordine ne sono perfettamente conosce.

Quindi, da un lato una società, come è previsto anche dalle normative Uefa recepite dalla Figc, deve dialogare con tutti i tifosi, ultras compresi, dall’altro deve cooperare con le forze dell’ordine perché essi non costituiscano un problema di ordine pubblico. Si tratta di una minoranza, certo, in termini quantitativi, i cui comportamenti possono avere ripercussioni sul resto dello stadio o fuori dallo stadio.

I rapporti tra club e forze dell’ordine

I poli di questo rapporto, tutti dialoganti congiuntamente tra loro, sono quindi tre e non due, come spesso si è voluto far credere in questi mesi: gli ultras parlano con il club e con le forze dell’ordine, il club parla con gli ultras e le forze dell’ordine, le forze dell’ordine parlano con gli ultras e con il club. La sicurezza delle persone e l’ordine pubblico devono essere e sono una priorità tassativa. Ecco perché Juventus, che è una delle poche società proprietaria del proprio impianto, ha fin da subito investito molte risorse in tecnologie che permettono alle forze dell’ordine di individuare in tempi rapidissimi gli autori di fatti illeciti e di bloccarli sul posto.

Si tratta di un caso raro in Italia, come ci è stato riconosciuto pubblicamente anche dall’osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, costituito dal Ministero dell’interno. Tali tecnologie sono consegnate a ogni gara alle forze di polizia, che decidono come operare al meglio. Nei giorni che precedono una partita si riunisce il gruppo operativo di sicurezza (GOS), in tale consesso vengono affrontati tutti i problemi che possono sorgere prima, durante e dopo la partita. L’intera attività viene svolta sotto la vigilanza del gruppo operativo di sicurezza, che opera in permanenza presso ogni impianto sportivo ed è presieduto da un funzionario di polizia, nominato dal questore. Del GOS fanno inoltre parte i funzionari dei vigili del fuoco, del servizio sanitario, della polizia municipale, nonché il delegato per la sicurezza, chiamato a garantire la direzione e il coordinamento operativo degli steward, e il responsabile del pronto intervento strutturale e impiantistico.

Come agisce il Gos

Il giorno in cui si disputa l’incontro, tale organismo assume la funzione di centro per la gestione della sicurezza della manifestazione, ricomprendendo al suo interno anche il dirigente del servizio di ordine pubblico. Tale centro, riunito per tutta la durata dell’evento calcistico, ha i seguenti compiti: stabilisce gli orari di apertura dei cancelli, avuto riguardo ai tempi necessari per eseguire pre-filtraggi e filtraggi; verifica che il numero di steward adibiti per una determinata gara sia congruo rispetto alle caratteristiche e alla criticità che la gara medesima può presentare (ad esempio rivalità fra le tifoserie).

Coordina gli interventi per la gestione della sicurezza e gestisce le eventuali emergenze. Accanto a questa attività, quella istituzionale, esistono poi una serie di relazioni di collaborazione con le forze dell’ordine, che passano attraverso il dialogo quotidiano, il controllo quotidiano e il riscontro costante delle azioni che la società mette in atto per affrontare le problematiche legate al tifo.

La vendita dei biglietti

Qui ci avviciniamo al tema di vostro maggiore interesse, la vendita dei biglietti. Ricordo che le normative vigenti prevedono la nominatività del tagliando. Ogni acquirente, ogni possessore è censito, e la sua identità è sottoposta a controlli stringenti sia da parte del personale delle forze dell’ordine, sia da parte degli steward. Non esistono vendite indiscriminate in Italia, almeno da quando queste leggi sono entrate in vigore.

Esiste il bagarinaggio? Certamente sì e deve essere contrastato, anche se la cessione di un bene mobile quale il biglietto di una partita da una persona a un’altra non penso possa essere criminalizzata. Discorso diverso è fare incetta di tagliandi a fini puramente speculativi. Questo fenomeno va combattuto e sul digitale sta, invece, dilagando grazie all’uso dei cosiddetti BOT, i software, gli algoritmi che permettono in pochi secondi di concludere un alto numero di transazioni.

Come vedete, i livelli sono diversi e nella mia analisi ho tentato di descriverlo. Esiste il tifoso, esiste il tifoso appartenente a un gruppo ultras, esiste il tifoso appartenente a un gruppo ultras che può cedere alla tentazione di speculare e fare operazioni di bagarinaggio, e infine il livello che qui a voi interessa, il tifoso ultras bagarino che subisce infiltrazioni da parte della criminalità organizzata o che addirittura ne fa parte. Come vedete, tutte queste categorie non coincidono sempre e non sono sempre di facile riconoscimento.

Rocco Dominello

Ho potuto apprendere, anche e soprattutto per il tramite della stampa, i quesiti che i membri di questa Commissione hanno posto alle persone che prima di me sono state ascoltate e che si sono spesso concentrate sul procedimento in corso di svolgimento a Torino, che riguarda le presunte infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo mafioso nel tifo organizzato della Juventus. In particolare, le domande più frequenti sono state nel senso di capire se i dirigenti e i dipendenti Juventus – ed anche io – fossimo a conoscenza dell’eventuale appartenenza a un’associazione di stampo ’ndranghetista di Rocco Dominello, unico soggetto oggi sotto processo che ha avuto contatti con esponenti della Juventus.

Voglio ribadire sin da subito che i miei dipendenti Alessandro D’Angelo, Stefano Merulla e l’allora dirigente Francesco Calvo hanno sempre ritenuto di rapportarsi solo ed esclusivamente con soggetti facenti parte del tifo organizzato, mai nessuno ha avuto il dubbio, prima dell’indagine torinese, che lo stesso potesse essere qualcosa di diverso da un semplice ultras. Prima di rispondere alle vostre domande voglio ancora ribadire che come presidente ho sempre ritenuto mio dovere, in talune occasioni, rapportarmi con tutti i tifosi, quindi anche quelli appartenenti ai cosiddetti «gruppi ultras».

Perché incontravo gli ultras

Come avrete potuto vedere leggendo gli atti del procedimento penale e in particolare le telefonate del 4 e del 5 agosto 2016 – dove rispondevo alle domande che mi venivano poste da Alessandro D’Angelo e dai miei avvocati – che io ho sempre inteso non sottrarmi alla richiesta di incontri di tutti i nostri tifosi, ivi compresi quelli più attivi come gli ultras.

È per questa ragione che avevo deciso, in genere all’inizio di ogni annata calcistica, di incontrare i rappresentanti di questi gruppi, in modo da raccogliere le istanze che da quel settore dello stadio provenivano, in modo che anche questa parte della tifoseria particolarmente calda non si sentisse discriminata, con il rischio che creasse problemi di ordine pubblico all’interno degli stadi.

Incontri di 30-40 minuti

La durata di questo incontro era piuttosto breve – 30-40 minuti – nel corso dei quali io ascoltavo quelle che per loro potevano essere ritenute delle problematiche legate al tifo e anche alla gestione sportiva per dare loro importanza, per poi allontanarmi e lasciare Alessandro D’Angelo, persona di fiducia a cui avevo delegato, proprio per la peculiarità degli interlocutori, la gestione dei rapporti con gli ultras.

Quanto all’incontro che Rocco Dominello dice in un interrogatorio di aver avuto con me, è chiaro come dalle telefonate che voi avete a vostre mani emerga un mio tentativo di cercare di ricordare una circostanza che neanche Alessandro D’Angelo rammentava, facendo uno sforzo di memoria e ponendoci degli interrogativi solo al fine di verificare la possibilità che quanto il Dominello aveva raccontato circa le modalità e i tempi dell’incontro potesse corrispondere a verità.

Come ho dichiarato anche in udienza quale testimone, non ho mai incontrato Rocco Dominello da solo, a memoria ho ricordato 3-4 incontri, una volta a una cena ad Asti presenti centinaia di tifosi, un’altra volta è venuto con Germani in sede per gli auguri natalizi e una volta presso i miei uffici in Lamse con Alessandro D’Angelo, in una delle occasioni in cui ho incontrato tutti i tifosi. Ribadisco che, se ho incontrato Dominello, può essere stato nell’ambito di un consesso di tifosi, ed è pacifico che, se non solo io ma tutti i miei dipendenti avessero saputo quello che è emerso oggi, mai avremmo avuto rapporti con lui.

La biglietteria

Ho avuto modo di ascoltare che nel corso delle precedenti riunioni alcuni dei componenti di questa Commissione hanno espresso il desiderio di conoscere quanto la dirigenza Juventus e in particolare la mia persona sapesse o conoscesse degli accordi che intercorrevano fra Merulla, D’Angelo e la tifoseria. Il grado di autonomia operativa di D’Angelo e Merulla e del loro dirigente Calvo era totale, avendo io a suo tempo impartito le linee generali, vale a dire che Juventus emettesse abbonamenti e biglietti solo a pagamento, annullando tutti gli omaggi e previa regolare presentazione di documenti necessari per l’emissione dei tagliandi stessi. Francesco Calvo, seguendo le direttive societarie, ha sempre operato con delega piena e nel rispetto delle procedure.

L’operatività della biglietteria, così come è strutturata, non doveva investire livelli più alti, né quelli degli amministratori delegati, a cui Calvo rispondeva funzionalmente, né il mio, a cui Calvo rispondeva gerarchicamente. Tale organizzazione comportava che non mi dovessi occupare nello specifico di questioni legate alla cessione di abbonamenti e biglietti.

Purtroppo quanto emerso nell’estate dello scorso anno, quando questa vicenda è stata evidenziata dall’indagine della procura della Repubblica di Torino, ha fatto sì che mi interessassi direttamente al fenomeno, alle problematiche e alle possibilità di dare a questi temi una soluzione. Anche il mio essere qui oggi si colloca nella prospettiva di contribuire al miglioramento della situazione, nella speranza, che è sempre stata di tutti i miei dirigenti e mia, che le partite possano essere un momento di festa sportiva, alla quale possano partecipare senza rischio tutti i tifosi. Sono quindi a vostra disposizione per rispondere alle domande che vorrete pormi. Grazie.

Agnelli risponde alle domande dei componenti della commissione parlamentare antimafia

Il Gos e gli steward

(…) Un elemento che noi riscontriamo a Torino, ma che vediamo in tutti gli stadi d’Italia è quello che dal GOS normalmente parte la direttiva di non avere steward nelle curve con i tifosi più accesi. Io spesso mi lamento con i miei collaboratori, con l’avvocato qui presente, perché i vomitori in determinati punti non sono liberi, e questo è frutto di sanzioni a livello internazionale a ogni partita internazionale, perché non riusciamo a far sedere la gente. Nel contesto delle curve, della parte più calda dello stadio, il GOS chiede di non avere steward, di non avere rappresentanza, per motivi di ordine pubblico si preferisce lasciare maggiore libertà in questo settore.

La responsabilità iniziale che ci ha portato in questa situazione è sicuramente uno stadio troppo piccolo, quindi probabilmente siamo stati colti di sorpresa con i collaboratori delle forze dell’ordine a gestire uno stadio da sold out tutte le domeniche. La complessità delle dinamiche dei tifosi della Juventus, come accennavo prima – un 60 per cento che viene da fuori, altre regioni ed estero – ha fatto sì che nella volontà di cercare di organizzare il tifo in maniera socio-demografica corretta venisse lasciato uno spazio per inserirsi a quello che in questa Commissione interessa, cioè a persone che possono avere interessi a lucrare sulla rivendita dei tagliandi.

La finale di Champions

Se penso alla partita che andremo a giocare con orgoglio il 3 giugno a Cardiff, vado on line e trovo biglietti a 3-5 mila euro, biglietti emessi in vendita dalla Uefa in tempi non sospetti, secondo procedure di vendita corrette, che oggi troviamo a prezzi che sono assurdi, 5 mila euro. È quindi ben possibile che laddove un’organizzazione con finalità criminali voglia individuare una possibilità di fonti di guadagno, eventi come la finale di Champions con l’acquisto di biglietti, tramite software a cui facevo riferimento prima, siano di grande interesse. Quali sono gli eventi di grande interesse per queste categorie di persone? Sono quegli eventi dove l’offerta è molto inferiore alla domanda e questo è il caso dello Juventus Stadium. È un motivo di orgoglio da una parte ed è un problema dall’altra.

Le vicende che sono emerse e come sono emerse dall’estate scorsa, quando le indagini della procura di Torino hanno svolto il loro corso, ci hanno fatto analizzare questo fenomeno. Ora, senza entrare nella autorevolezza delle fonti citate dall’onorevole Di Lello, perché uno può prendere la moglie di uno, la cugina di un’altra o il PM.

Sono atti giudiziari, sì, ma la persona è la moglie di uno di questi tifosi, ognuno di noi dà l’autorevolezza che meglio crede a una fonte piuttosto che a un’altra. Quindi, senza andare in quel tipo di dettaglio, quello che le garantisco e di cui posso far trasmettere alla Commissione tutti gli atti è il livello di omaggi che vengono ceduti per singola partita da quando sono presidente, l’utilizzo degli stessi e vedrà che ogni singolo biglietto omaggio non corrisponde a queste categorie.

Se lei vuole, a questa Commissione posso trasmettere tutti gli atti di ogni singola partita giocata allo Juventus Stadium dal 2011-12 fino a Juventus-Crotone, che giochiamo dopodomani. Questo per chiarezza, di modo che, a qualsiasi fonte possa far riferimento, la Commissione possa trovare negli atti societari un riscontro e ogni commissario della Commissione possa farsi la sua opinione dagli atti e non dalle opinioni di terze persone. Dal mio punto di vista credo che la proposta del senatore Lumia sia quella che dobbiamo cogliere.

Il rinnovamento degli impianti

Lo sforzo deve essere quello di avere impianti in tutta Italia, che io ho sempre richiamato. Il rinnovamento degli impianti è necessario in tutta Italia. Noi abbiamo tre stadi di proprietà in questo momento nella massima serie e il mio auspicio è che molti seguano questo esempio, che molti altri stadi d’Italia possano avere un problema di sold out ogni domenica per avere uno spettacolo che sia degno della qualità di questo Paese e quindi che il calcio italiano torni ad essere il primo in Europa, di modo che possa essere trasmesso e possa tornare a competere con quelli che sono i nostri competitor, la Premier League, la Bundesliga e la Liga. Oggi, data l’età media degli stadi, il tasso di riempimento degli stadi e lo stato in cui versano i nostri impianti sportivi, non è così.

  A questo punto il problema va gestito con la Federazione e con le leghe, individuando quella che possa essere una soluzione condivisa da tutti, ma su questo pregherei il Ministero dell’interno di portare il suo contributo. Aprire un tavolo di dialogo per noi è fondamentale.

  Siamo stati una volta di più precursori, abbiamo gestito uno stadio sold out, avremo sicuramente commesso, come ho detto prima, alcuni errori, ma errori che non hanno mai avuto – mai avuto, mai avuto – la consapevolezza di avere un dialogo con persone del calibro di associati a criminalità organizzata. Questo ci tengo a sottolinearlo e vorrei ringraziare l’onorevole Di Lello per questa sua posizione differente che ha avuto con me, per questo dibattito anche mediatico, che ha trovato terreno fertile su alcuni media nazionali e che ha portato alla ribalta «Agnelli dialoga con i mafiosi». Questo mi ha permesso una buona educazione civica in famiglia. Mia figlia grande, infatti, a un certo punto si è spaventata di quelle che potevano essere le conseguenze di questi dialoghi che io avevo; questo mi ha permesso di intavolare, all’età di 12 anni, un dialogo di educazione civica con mia figlia. Quindi, da questo punto di vista la ringrazio perché sono momenti importanti, anche se spaventano i bambini.

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