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Raiz e il Napoli: «Sarri è hard rock, un Deep Purple. Insigne hip hop. Koulibaly è pal’e bronzo»

INTERVISTA / Il leader degli Almamegretta, ora anche attore. «Guardo le partite in giro per il mondo, incontro sempre un altro tifoso azzurro. La mia “prima” a otto anni a San Siro».

Raiz e il Napoli: «Sarri è hard rock, un Deep Purple. Insigne hip hop. Koulibaly è pal’e bronzo»

“Anche in Africa ho incontrato tifosi del Napoli”

Un disco e un film in uscita. Tra pochissimo lo ascolteremo nell’Ennenne Dub Tour e in autunno lo vedremo al cinema nell’ultimo lavoro dei Manetti Bros.

Raiz, al secolo Gennaro Della Volpe, leader degli Almamegretta, è un personaggio poliedrico, carismatico, con una straordinaria voglia di crescere e di conoscersi. Ed è un grande tifoso del Napoli. Vive con sua moglie Daniela, italo-israeliana, a Tel Aviv, ma trascorre parte dell’anno in Italia o in giro per il mondo, per lavoro.

Come riesce a seguire il Napoli quando non è in Italia? In tutti i modi possibili: internet, maxischermi, televisioni nei locali. «La cosa più bella è che anche nel posto più remoto del mondo ho incontrato tifosi del Napoli – racconta -. Mi è capitato a New York, dove ho visto le partite di notte ed ero insieme ad americani di origine partenopea, ma è successo anche in Africa. Almeno un tifoso esce sempre. Proprio per stare in compagnia, preferisco cercare un pub che trasmetta la partita. Basta uno sguardo e tra tifosi ci riconosciamo. Puoi beccare il napoletano che lavora fuori, il figlio del napoletano che magari a Napoli non ci ha mai messo piede ma che è stato educato al tifo per il Napoli. L’incontro con il Real Madrid l’ho visto a Tel Aviv: c’erano molti tifosi del Real e due napoletani. Bellissimo. Quel primo tempo tutto nostro… il Napoli è stato poetico. Non abbiamo vinto, ok. Alla fine il tifo è tutto lì, in quei momenti poetici».

La hit parade di Raiz

Gennaro, nell’attesa del secondo round di Napoli-Juve, facciamo un gioco, stemperiamo la tensione. Proviamo a musicalizzare la squadra. Ti dico un nome e tu mi rispondi con un genere.

Reina: «Pop, tipo Iglesias padre, Julio non Enrique, molto maschio latino, romantico, capace di prodezze assurde o equivoci imbarazzanti».

Albiol: «Dance, semplice»

Ghoulam: «Musica araba. Quello che sembra irregolare all’orecchio occidentale e che invece è tipico della musica orientale. Aggiungo che io amo la musica orientale e Ghoulam è uno dei miei preferiti».

Koulibaly: «Musica africana. È Fela Kuti, una session di lunghissima durata. Lui è sempre presente, invece di “palo ‘e fierro”, lui è “palo ‘e bronzo”».

Hamsik: «Anche lui Rock, un po’ velato di elettronica, tipo The Prodigy. Diciamo un rock con modernità».

Zielinski: «Musica classica, potente, elegante. Wagner, insomma».

Callejon: «Pop italiano, tipo Eros Ramazzotti. Vigoroso, a volte geniale, ma tradizionale».

Insigne: «Hip Hop napoletano, tipo Co’ Sang. Ritmico, deciso, cattivo ma anche romantico, a tratti malinconico e un poco lamentoso».

Mertens: «Funky americano. Quello happy, veloce, tecnicamente molto bello».

Sarri: «Hard Rock, proprio Anni ’70, un Deep Purple».

Raiz

Raiz al San Paolo

Ci racconti la tua prima partita?

«Avevo circa otto anni, mi ci ha portato un mio zio, mio padre non era tifoso. All’epoca eravamo a Milano, perciò il mio battesimo con lo stadio è stato al Meazza per un Milan-Napoli. Finita bene per fortuna: 1 a 2. Mi ricordo che lo stadio era scoperto e che non c’erano i sediolini. Mio zio aveva con sé un cuscinetto con schienale richiudibile, credo di gommapiuma, rivestito con la bandiera del Napoli».

Una partita che non dimenticherai?

«Ce ne sono tante, ma mi è rimasto impresso un Brescia-Napoli dell’era Mazzarri. Ero l’inviato di “Quelli che il Calcio”. Il tempo era bruttissimo, tirava un vento micidiale. Al 31° segnò il Pocho Lavezzi e io non mi trattenni e… esultai. Mi volevano ammazzare. Mi riempirono di male parole, fui “salvato” dai poliziotti».

Scommetto che avrai i tuoi riti, qualche superstizione legata alla visione della partita…

«Ho le mie abitudini. Quando guardo il Napoli in televisione, per esempio, mi siedo sempre vicinissimo allo schermo (anche se ci vedo bene!). E mi piacerebbe tanto che i nostri stadi fossero come quelli inglesi, con gli spalti che arrivano fino al campo. No, superstizioni non ne ho. Certo, se qualcuno dei presenti cambia all’improvviso posto durante la partita…»

A parte la musica e il calcio, hai un’altra passione?

«Le mie passioni sono tutte legate a quello che faccio. Alla musica e all’acting. In particolare, negli ultimi tempi mi sto dedicando di più alla recitazione. Fare l’attore è in fondo quello che ho sempre voluto fare. Anche il fatto di non usare il mio nome anagrafico risponde alla mia esigenza di mettere sul palco un personaggio, un me stesso esaltato, romantico. La mia prima esperienza come attore è avvenuta con una compagnia di Lecce dal 2001 al 2005: sono stato in tour con Cantieri Teatrali Koreja nel loro spettacolo “Brecht’s Dance” – musica originale di Kurt Weill rivisitata da me e da Pier Paolo Polcari».

Poi hai interpretato te stesso nel film di John Turturro sulla canzone napoletana “Passione”. Un grande successo, immagino un’esperienza significativa per te…

«“Passione” è stata una bella esperienza e con Turturro prosegue il rapporto anche oggi. Ho fatto anche altre cose. Sono stato Salvatore Vitiello nel “Tatanka scatenato” di Giuseppe Gagliardi, un film non molto noto, ma che ha avuto un buon riscontro nei festival di genere».

Dove ti vedremo prossimamente?

«Ora sono a Bologna e sto registrando con Antonia Truppo una puntata della serie televisiva “L’Ispettore Coliandro”, di cui è protagonista Giampaolo Morelli. Faccio parte di una squadra di polizia un po’… speciale, in cui si imbatte Coliandro. Sempre con Giampaolo ho appena finito di girare il nuovo film dei fratelli Manetti Bros».

L’attesissimo Nun è Napule”, ci sarà anche Serena Rossi, ci dai qualche anticipazione?

«È una sorta di sceneggiata, anzi per meglio dire, un noir con il canone della sceneggiata, quasi un musical. Uscirà in autunno».

Sicuramente ci riservi altre novità…

«Sì… ho un disco in uscita con gli Almamegretta, “Ennenne Dub”, a fine aprile e quest’estate faremo un tour in giro per l’Italia».

Finora hai realizzato tanto, c’è qualcosa che ti piacerebbe fare? Raiz ha il famoso “sogno nel cassetto”?

«Se parliamo di sogni, penso alle diversità di cui si arricchisce il mondo. Ma ciò non serve a nulla se le diversità non dialogano tra di loro. Oggi viviamo tempi neri da questo punto di vista. Vale anche se parliamo di calcio. Spesso in questo sport ci sono situazioni troppo pesanti. Dobbiamo ricordarci che si tratta di un gioco, che la Juve non è il nemico e che se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo farlo in un altro modo. Per quanto mi riguarda, continuare a sviluppare la mia artisticità, che per me è sempre un modo per guardarmi dentro, vuol dire provare a favorire appunto quel dialogo».

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