ilNapolista

Il primo Napoli al Mapei, nel 1997: era lo stadio Giglio e segnò Alfredo Aglietti

Reggiana-Napoli 1-1, campionato 1996/97: una delle ultime partite giocate bene dalla squadra di Simoni prima di un pessimo finale di stagione.

Il primo Napoli al Mapei, nel 1997: era lo stadio Giglio e segnò Alfredo Aglietti

Aglietti in realtà è un simbolo

Per molti è l’allenatore dell’Ascoli che sta guidando ad una tranquilla salvezza in B, per qualcuno è stato il predecessore di Sarri sulla panchina dell’Empoli, per altri ancora una meteora della nostra serie A quando calcava le verdi praterie degli stadi e ogni tanto faceva gol con la sua tipica andatura ‘caracollante’. Per i tifosi napoletani Alfredo Aglietti è colui che esaltò, con uno splendido e convincente girone d’andata e con l’apporto di Nicola Caccia (attuale secondo di Montella al Milan), il Napoli di Simoni arrivato fino alle soglie del paradiso. Secondo in classifica prima della sosta natalizia, quell’anno le festività furono dolci come non mai.

Chi l’avrebbe detto cosa sarebbe successo dopo, nel girone di ritorno, quando il giocattolo non solo si ruppe ma si frantumò in mille pezzi creando i presupposti di quanto avvenne nel campionato successivo. Un torneo dove, tra folli cambi di allenatori, il Napoli trovò direttamente la strada dell’Inferno. Mutti, Mazzone, Galeone e Montefusco smarrirono la dritta via e persero la trebisonda, i tifosi la fede.

Visioni piacevoli, visioni dantesche, visioni che, al ricordo, danno ancora belle sensazioni ma anche profonde ferite. Splendide ed avvincenti cavalcate nella prima parte del campionato 1996/97, tifosi che intonano ancora appassionati cori sugli spalti ad ogni discesa di Milanese, ad ogni dribbling di Turrini, al tocco felpato di Beto, al dinamismo senza frontiere di Fabio Pecchia, al piede fatato di Andrè Cruz, all’intelligenza calcistica di Boghossian, al testone moro di Ayala che tutto spazzava via, alla strana coppia di attaccanti Caccia-Aglietti, alla grinta di due mastini in difesa come Baldini e Colonnese, alla sicurezza che trasmetteva “Batman” Taglialatela il quale sembrava rinverdire addirittura i fasti di Zoff e Castellini venendo a prendersi gli applausi in curva prima dell’inizio della gara.

Le immagini della decadenza

Il dolore quasi fisico è ovviamente condensato in due immagini. Quelle della finale di Coppa Italia persa col Vicenza per 3 a 0 ( dopo l’1 a 0 dell’andata ) dove tramontarono anche le ultime speranze di dare un senso ad una stagione e quelle del torneo successivo, quando Cannavaro e Taglialatela uscirono dal campo di Parma in lacrime. Con la squadra sembrò retrocedere un’intera città, il Napoli toccò il fondo dopo 33 anni consecutivi in Serie A. Dal finire degli anni ’90 fino alla nuova promozione con De Laurentiis nel 2007 c’è stato il vero Medioevo calcistico partenopeo, il Napoli del primo Simoni fu l’ultima bella squadra ammirata al San Paolo. Notti insonni, notti di dolore, che ne sanno i nati nel 2000, è proprio vero.

Biografia

Anche a 20 anni, nelle serie minori, Alfredo Aglietti aveva la stessa postura di quando lo prese poi il Napoli sei anni più tardi. Appariva sgraziato, goffo, inelegante, non esattamente un fulmine di velocità ma aveva un bel vizio : la metteva quasi sempre dentro. Con la Rondinella aveva segnato diversi gol ma l’esplosione l’ebbe con il Pontedera quando in un campionato fece 34 partite e ben 22 reti e soprattutto quando, in una amichevole della squadra toscana contro l’Italia di Arrigo Sacchi, alla vigilia della partenza per i Mondiali disputati negli Stati Uniti, segnò il gol della vittoria. Il giorno dopo titoli su Gazzetta e Corriere dello Sport. Era nata una stella?

Conoscendo il giovanotto abbiamo l’impressione che questi sia rimasto con i piedi ben piantati per terra ma il boom mediatico ebbe il suo corso, diverse squadre iniziarono ad interessarsi del “giocatore che aveva battuto l’Italia”. In quel mercato la spuntò la Reggina e realizzò l’affare. Aglietti fece sfracelli e grazie ai suoi gol la squadra amaranto fu promossa in Serie B. L’attaccante toscano rimase anche nel primo anno di B e continuò a segnare a raffica.

Alla fine, in due campionati, fece 38 reti in 69 gare, una media eccellente per l’epoca. Arrivò l’estate, l’eco del giocatore che sa fare bene solo nei campionati minori si spense mano a mano, il Napoli stava cercando un ‘puntero’ per rifondare l’attacco dopo l’addio annunciato di Massimo ‘Condor’ Agostini, a cui era venuta la ‘saudade’ di Cesena, che con Boskov non aveva poi fatto male. In organico c’era solo il povero Carmelo Imbriani, poi venduto alla Pistoiese, e l’eterna promessa Arturo Di Napoli, poi all’Inter con le liste del mercato di riparazione.

Dimensione Napoli

Ci voleva un attaccante forte, di peso, con il fiuto del gol. “La grande bellezza” si trasformò nella “grande scommessa” e Ferlaino ne prese tre nuovi. Caccia, Caio e Aglietti. Se non erano azzardi questi poco ci manca. I tempi del grande nome per fare gli abbonamenti sembravano finiti, il giocatore che attira la folla e fa vendere i giornali non è più da Napoli. Il target si era notevolmente abbassato. Toccò a quei tre giocarsi i due posti d titolare. Ci pensò Simoni a completare il puzzle. Il nuovo tecnico, un uomo esperto, compassato, uno che conosceva l’ambiente di Napoli per averci giocato, nelle conferenze stampa della vigilia iniettò fiducia nelle vene dei tifosi partenopei.

Gigi Simoni parlò di una squadra che avrebbe giocato a zona in difesa per esaltare Cruz e Ayala, di un centrocampo che sarebbe stato illuminato dalla classe di Beto, di un attacco dove sembrano partire favoriti Caccia e Massimiliano Esposito con Caio ed Aglietti a fare da rincalzi di lusso. Insomma, fiducia a go-go e la convinzione di assemblare bene un team che aveva messo a segno undici nuovi acquisti.

Aglietti e lo stadio Giglio

Con l’inizio del campionato succede che Aglietti, in cinque partite consecutive, tra la settima e la undicesima di campionato, mette a segno cinque reti, di cui una doppietta col Perugia e conquista definitivamente la fiducia dell’allenatore. Non uscirà più di squadra e la sua sesta rete la mette a segno proprio nel nuovo stadio della Reggiana, l’attuale ‘Mapei Stadium’. Il Napoli giocò, infatti, per la prima volta sul nuovo campo della squadra emiliana, inaugurato il 15 aprile del 1995, che all’epoca si chiamava semplicemente ‘Stadio Giglio’ durante il campionato 1996/97, venti anni fa. Essendo stato costruito sotto l’egida della Reggiana, che iniziava a ‘frequentare’ la Serie A e che non poteva più giocare nel vetusto ‘Mirabello’, lo stadio di Reggio Emilia è stato il primo di proprietà di una società di calcio, prima ancora dello Juventus Stadium.

Costruito in soli otto mesi, con un contributo anche dei tifosi della Reggiana che sottoscrissero degli abbonamenti pluriennali, il nuovo impianto ricalca un po’ il modello inglese, con i sediolini ben ordinati e gli spalti vicinissimi al campo. Prima di diventare ‘Mapei Stadium’ ha avuto per un breve periodo anche il nome di ‘Città del Tricolore’ e ci ha giocato anche il Carpi. Oggi ci gioca il Sassuolo pagando un regolare fitto.

La partita

Il 2 febbraio 1997 il Napoli di Simoni, senza Turrini e Boghossian in formazione, esordisce nel nuovo stadio ‘Giglio’ e impatta per 1 a 1 contro la Reggiana, ultima in classifica. I 20000 spettatori, la capienza massima è poco più di 25000, tra cui tantissimi napoletani residenti al Nord, assistono ad una bella partita, emozionante, con continui capovolgimenti di fronte e con la nebbia a far da spauracchio. I reggiani, dove gioca un De Napoli capellone, non sembrano temere gli azzurri e ribattono colpo su colpo con azioni ficcanti e tiri verso la porta di Taglialatela. E’ il Napoli, però, a sbloccare la partita.

Segna proprio lui, Alfredo Aglietti che, su lancio di Caccia, di destro al volo trafigge Ballotta. Pareggia l’austriaco Beiersdorfer al ’15 della ripresa con un bel colpo di testa sancendo un giusto pareggio. Poi fasi alterne fino alla fine con Caccia che, dopo una torsione di testa, colpisce il palo dopo la ribattuta di Ballotta. La vittoria, onestamente, sarebbe stato premio troppo grande per quel Napoli.

Quella di Reggio Emilia fu probabilmente una delle ultime partite giocate discretamente bene da quel Napoli che, piano piano, perse verve , lucidità e fu dilaniato dalle voci che davano Simoni già contattato dall’Inter. Infatti, da quella gara fino alla fine del campionato la squadra azzurra mise insieme 7 pareggi, 6 sconfitte e solo 2 vittorie facendo magre figure contro provinciali e squadre medio-grandi. Si spensero così, nella foschia finale di Reggio Emilia e nel nuovo stadio, le velleità di grandezza di un Napoli ‘brumoso’, giunto al capolinea di quello che poteva essere e non fu mai.

ilnapolista © riproduzione riservata