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Tanto rumore per Pecoraro, un diversivo mediatico montato ad arte

Tutti i media sapevano che le carte erano della Procura della Repubblica (che non ha indagato la Juventus), ma ha fatto comodo. Sugli striscioni per Superga, invece, silenzio.

Tanto rumore per Pecoraro, un diversivo mediatico montato ad arte
Andrea Agnelli

La caccia alle streghe

E adesso hanno preso di mira il prefetto Giuseppe Pecoraro, il procuratore federale, ritenendolo “colpevole” di aver istigato alla caccia alle streghe, di aver voluto “criminalizzare” il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, insinuando che delle intercettazioni telefoniche comproverebbero la consapevolezza del numero uno della Juventus che i dirigenti ultras della curva erano uomini di ‘Ndrangheta. Salvo poi fare, l’altro giorno in Antimafia, una imbarazzata retromarcia.

L’errore c’è stato ma Pecoraro conosceva le carte

Forse ci può essere stato un equivoco, un lapsus, un errore nella comunicazione. Al massimo un peccato veniale, per il semplice fatto che lo stesso procuratore federale era ben consapevole che tutto il materiale investigativo, intercettazioni telefoniche e ambientali, erano state curate dalla polizia giudiziaria di Torino, della Procura di Armando Spataro. E, dunque, anche Pecoraro conosceva le “carte” e non avrebbe avuto senso inventarsi conversazioni inesistenti.
Dunque, perché tanto rumore per nulla?

Il disperato tentativo di delegittimare Pecoraro

L’inchiesta penale torinese accenna alle vicenda della curva juventina solo per dimostrare la potenza, il potere della ‘Ndrangheta. È ciò che ha provato a spiegare anche il presidente dell’antimafia, Rosy Bindi, quando allarmata dai giochi a delegittimare il prefetto Pecoraro, ha riaffermato con chiarezza che la ‘Ndrangheta è arrivata fino alla Juve.
Ma questo “nero di seppia”. Questo tentativo disperato di delegittimare il procuratore federale, è stato rilanciato negli abissi dei rapporti tra potere e informazione per creare un diversivo.

Il silenzio su Superga

Per rasserenare i compagni di merendina della dirigenza Juve, i capi bastoni dei veri gruppi ultras e di Ndrangheta, furono fatti arrivare alla curva fuochi pirotecnici e striscioni che inneggiavano alla tragedia di Superga in occasione del derby Juve-Torino.
È una infamità pari alle scritte razziste, sessuofobe, antisemite. E Andrea Agnelli, secondo l’ «accusa», era consapevole di questa infamità. Ma i media e gli stessi difensori della Juve si soffermano su altro per la vergogna, evidentemente.

Ora dobbiamo solo aspettare il 26 maggio, l’inizio del processo sportivo. Augurandoci che anche la commissione di lavoro dell’Antimafia, guidata da Marco Di Lello, faccia accendere i riflettori non solo sulle curve, ma sui rapporti tra mafia e calcio. Che sono antichi e purtroppo ancora attuali.

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