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“La parrucchiera”, un’altra Napoli fatta di sogni, colori, donne capaci (e qualche luogo comune)

Debutta oggi, nei cinema, “La Parrucchiera”. Cosa ci è piaciuto e cosa no dell’opera di Incerti. Molto belli i ruoli delle donne (e anche della trans).

“La parrucchiera”, un’altra Napoli fatta di sogni, colori, donne capaci (e qualche luogo comune)
Da oggi al cinema il nuovo film di Stefano Incerti “La Parrucchiera”, il Napolista lo ha visto in anteprima alla conferenza stampa di presentazione al cinema Hart.

La trama

La pellicola, prodotta dalla Good Films, racconta la storia della bellissima Rosa, una ragazza dei Quartieri Spagnoli che lavora nel negozio di parrucchiere di Lello e Patrizia. Per le continue avances di Lello decide di andar via e di mettersi in proprio. Nell’impresa viene aiutata da Salvatore, suo vecchio amore, e da due amiche, Micaela, donna passionale e intraprendente e Carla, transessuale sensibile e materna. Il suo sogno diventa realtà e Rosa arriva a rivaleggiare con il salone dei suoi vecchi datori di lavoro. Quando però le cose sembrano andare per il meglio, un evento imprevisto arriva a cambiare le sorti della parrucchiera. È a questo punto Rosa, le sue amiche e Patrizia mostrano davvero di cosa sono capaci le donne di Napoli e che cuore hanno.
La Parrucchiera

Un nuovo linguaggio pop per Incerti

Stefano Incerti si sperimenta in un territorio lontano dal suo, indirizzato ad un pubblico meno d’essai, utilizzando un linguaggio pop e musicale. «Volevo raccontare questa storia, Napoli, la città in cui vivo, che è ancora più vivace e articolata di come è descritta nel film. Per me è quasi come un nuovo esordio, adesso sono curioso di capire come reagirà il pubblico». Il regista si è soffermato sul periodo di grande vivacità che sta vivendo Napoli: «Esistono dei cicli nella vita e questo è un ciclo importante per la città e anche la politica deve saper sfruttare il fermento che c’è a Napoli in questo momento, le potenzialità e le occasioni. Ognuno deve fare la sua parte».

L’altra Napoli: quella dei sogni (o delle zizze grandi?)

Ma qual è quest’altra Napoli che La Parrucchiera intende raccontare? Quella delle “zizze grandi”, come ha ironizzato Il Fatto quotidiano?

La Parrucchiera. Il Fatto

Forse questo è solo l’aspetto colorito con cui viene rappresentata, ma, in realtà, la Napoli che vuole essere raccontata da questo film è la Napoli dei sogni, come ha detto lo stesso regista: «Io credo nei sogni». L’altra Napoli è proprio quella che sa sognare, che non vede la camorra e la città con le tinte grigie di Scampia in Gomorra, che in tanti hanno criticato, ma che la vede a colori. Una Napoli che non nasconde i transessuali, i “femminielli”, gli immigrati, le difficoltà a mangiare ogni giorno, a portare avanti un’attività commerciale, perfino gli strozzini, ma che colora tutto con quella forza e quella positività che solo il sogno può avere, come da bambini ci ha insegnato Peter Pan: “Solo chi sogna può volare”.

Non sono la crisi o le difficoltà di tutti i giorni a mettere realmente in difficoltà Rosa, la protagonista del film interpretata da Pina Turco, e nemmeno lo strozzinaggio cui deve ricorrere, ma l’invidia, la gelosia di chi, pur definendosi “il top” (Kevin, interpretato splendidamente da Arturo Muselli) sa di non esserlo davvero, perché non sta realizzando il suo sogno, che è invece quello che insegue Rosa.

Rosa e Patrizia: le donne di Napoli

Alla fine, ne La Parrucchiera vince il sogno, che redime e unisce i due personaggi di Rosa e Patrizia interpretata, quest’ultima, da Cristina Donadio: «Sono due donne simili e forti, determinate, che devono indossare una corazza per difendersi da quello che hanno intorno» ha dichiarato la Donadio. Patrizia non soffre per amore ma perché vede sgretolarsi l’impero che è riuscita a mettere su, perché viene tradita: quando Rosa va via per aprire un suo negozio è come se fosse andata via una parte di lei, quasi una figlia. È questo il tradimento che la fa vacillare.

Patrizia abbandona il rancore solo quando, finalmente, vede quanto sono brutti e squallidi tutti quelli che le sono intorno, quanto sono falsi. È a quel punto che si redime tendendo la mano a Rosa perché capisce il valore del sogno.

La Parrucchiera

Le cose che ci sono piaciute

I colori sgargianti, bellissimi. L’ottima fotografia a cura di Cesare Accetta. I siparietti di vita reale anche un po’ romanzata, eccessiva, forse, come le prime esperienze di Rosa che si improvvisa parrucchiera in proprio agghindando i morti con delle parrucche che sistema con la lacca. Il cattivo Tony Tammaro, che realizza finalmente, nel film, il sogno di sposare la sua “Patrizia”: «Tanti anni fa interpretai il mio stesso personaggio in un film – ha detto il cantante – Oggi sono stato diretto in un personaggio che mi è stato dedicato. Giro un film ogni 25 anni, insomma, nel prossimo farò il cattivo sulla sedia a rotelle».

Il melting pot alla napoletana

La Parrucchiera riesce nell’intento di descrivere una Napoli metropolitana e vivace, un melting pot di culture diverse. «Tutti i personaggi di colore del film parlano davvero napoletano – ha sottolineato Luciano Stella – Sono figli di altri mondi che abbiamo accolto e che sono diventati napoletani come noi, anche nel carattere. Conviviamo con loro senza perdere la nostra identità. È questa la bellezza di Napoli e il dato più simbolico del film».

Azzeccatissima anche la colonna sonora firmata Foja, un mix di sonorità napoletane e africane che si fondono in un’armonia perfetta. Degni di nota alcuni dei luoghi ripresi, come il locale di parrucchiera di Rosa o quello – splendido – in cui l’usuraia presta il denaro, che ci domandiamo se esista davvero o se sia un allestimento scenico.

Una trans che interpreta (meravigliosamente) una mamma

Meravigliose le interpretazioni femminili, non solo quelle della protagonista e della Donadio, ma anche quella di Stefania Zambrano il trans che rappresenta un ruolo profondo e amaro e che mette in scena il suo desiderio incolmabile di essere mamma. «Stefania non doveva avere un ruolo nel film – ha raccontato Incerti – In qualità di segretaria dell’Associazione Transessuale Napoli, era quella addetta a portare sul set le persone da provinare. Poi un giorno le ho chiesto di provarci e mi ha travolto talmente da decidere di far recitare lei».

E Stefania Zambrano, visibilmente emozionata e schiva, ringrazia: «Un ruolo bellissimo, il mio – ha dichiarato alla stampa – finalmente un ruolo in cui i transessuali non sono abbinati necessariamente alla prostituzione. Il mio è un ruolo molto materno, che è quello che ci viene negato per via delle cure ormonali che scegliamo, ma la maternità è un nostro grandissimo desiderio. Mi è stato molto facile interpretare il ruolo di mamma, era una cosa che mi mancava tanto fare».

Ben caratterizzato e dalle mille sfaccettature anche il personaggio di Kevin, che non riesce a superare la sua nostalgia per l’unica apparizione televisiva della sua vita, vissuta da bambino, che per lui rappresenta l’unico momento di gloria.

Cosa non ci è piaciuto del film

I luoghi comuni su Napoli, città presentata come un luogo dove le persone vanno ancora in motorino senza casco. I fuochi d’artificio che fanno da sfondo al rapporto di sintonia tra Salvatore (Massimiliano Gallo) l’ex fiamma giovanile di Rosa e suo figlio: una narrazione pittoresca quanto inutile nel dipanarsi della storia. Le donne napoletane, che, sì, come si dice nel film, “sono quelle che cadono ma si rialzano sempre”, ma che vengono mostrate tutte formose, scosciate, provocanti, con rossetti quasi scolpiti sulle labbra e con delle “tette” da fare paura.

E poi, si può dire “com’è fresco” mentre si sta seduti davanti ad una pizzeria che si chiama proprio “Fresco”?

E’ possibile un’altra Napoli?

Un film che intende raccontare un’altra Napoli, ma a chi? La pellicola sarà in parte sottotitolata nella distribuzione nel resto di Italia. Ci chiediamo come, per quali battute saranno inseriti i sottotitoli, che Incerti promette saranno pochissimi, visto che è interamente in napoletano. E allora ci chiediamo: questa altra Napoli, lontana da Gomorra ma con tinte eccessive, quasi psichedeliche, intrisa di napoletano fin nel midollo, che realtà racconta? Una commedia d’autore pop e musicale, ma davvero al di là di questi due modelli non può esistere una realtà di mezzo? O non vale la pena raccontarla? O non interessa a nessuno fuori dal nostro circuito cittadino? E nelle mura napoletane?

Un po’ di Campanilismo alla Viviani

Manca una risposta, naturalmente e siamo anche noi in attesa di capire cosa ne penserà il pubblico. Ma forse ha ragione Massimiliano Gallo, Salvatore, nel film, unico vero uomo in un mondo interamente di donne, quando dice: «A Napoli sta succedendo qualcosa di grande, basta guardare gli sforzi di tanti imprenditori e produttori sul territorio. Godiamoci ogni tanto le cose che produciamo noi in questa nostra terra. Lo diceva anche Viviani nella sua splendida poesia ‘Campanilismo’. Quello che viene fatto a Napoli spesso è meglio di quello che stanno facendo fuori».

59 copie distribuite in Campania

Distribuito in cinquantanove copie distribuite nelle sole sale della Campania, cifre importanti per una produzione cinematografica, il film «per come è radicato nel territorio può diventare una cappa o un’opportunità – ha dichiarato Luciano Stella, produttore della pellicola con Carolina Terzi – Un’opportunità perché la forte identità è capace di grandi narrazioni, quasi primordiali». Una pellicola autentica, che lo stesso Stella definisce «una fiaba realistica».

Un film, come un libro o la prestazione di una squadra in una partita di calcio non devono per forza essere perfetti o dei capolavori. L’importante è saper vincere anche le partite sporche, e questo vale anche per “La Parrucchiera”.

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