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Di Lello (Antimafia): «È sottovalutata l’infiltrazione delle mafie nel calcio»

Intervista al coordinatore dell’Antimafia che si occupa dello sport: «Come al solito, la reazione è del tipo: “qui la mafia non esiste”, invece il quadro che emerge dalle Procure è sempre più preoccupante»

Di Lello (Antimafia): «È sottovalutata l’infiltrazione delle mafie nel calcio»

Presidente Marco Di Lello, lei coordina il Comitato dell’Antimafia che si occupa di «Sport e mafia». Dopo un intenso lavoro di audizioni, qual è il quadro che sta emergendo?

«Quando dopo l’estate scorsa decidemmo di iniziare questa indagine sapevamo in astratto dei rischi di infiltrazione nel calcio, anche perché ci eravamo già occupati di scommesse e calcio minore. Ma il quadro che sta emergendo supera ogni più negativa previsione. Settimana dopo settimana ogni procura ci fornisce un quadro sempre più preoccupante».

Bagarinaggio, partite truccate, mega evasioni fiscali, contiguità delle società o dei singoli giocatori con i clan mafiosi o criminali. Non è un quadro confortante quello che viene fuori. Chiaramente questo lato oscuro del calcio non riguarda tutti.

«Sarebbe sbagliato generalizzare, anche perché ci sono società realmente impegnate a combatterli ed altre che invece sembrano preferire la via comoda di un accordo. E questo è francamente inaccettabile. Ancor più nella massima serie. Nella migliore delle ipotesi c’è una straordinaria sottovalutazione del fenomeno. Eppure ci sono atti processuali che confermano come con i proventi del bagarinaggio, consentito se non incentivato da qualche società, si finanziassero l’acquisto di stupefacenti a fine di spaccio e il sostentamento della famiglie di carcerati».

In questi ultimi anni sono cambiate anche le modalità del calcio scommesse. Sempre di più un mondo “virtuale”, una immensa prateria che spazia sul web. Con i rischi di essere una autostrada del riciclaggio, oltre che una occasione per condizionare i risultati delle partite.

«Tra gli obiettivi da raggiungere con un provvedimento normativo all’esito dell’indagine, abbiamo quello di vietare le scommesse nelle serie minori e diminuire drasticamente le tipologie di puntate, che si prestano ad azioni illecite in grado di.alterare i veri risultati della competzione sportiva».

Lei ha sollevato la questione di rivedere il daspo, anzi di abolirlo perché ha fallito nei suoi obiettivi. In realtà sul terreno dell’ordine pubblico non si possono certo sottovalutare i risultati positivi di questa misura di prevenzione.

«Il Daspo ha avuto una efficacia limitata vista la accertata presenza di malavitosi negli stadi. Francamente io credo che ad un condannato per mafia possa e debba essere interdetto l’accesso allo stadio e più in generale a manifestazioni pubbliche per almeno 10 anni. Quindi non propongo di abolirlo ma al contrario di ampliarne la portata».

antimafia

Marco Di Lello

Daspo. Ma non è il caso di ripensare anche alla tessera del tifoso, che è fonte di profitti delle società calcistiche e non risolve il problema della presenza di tifosi delle squadre avversarie.

«Il nostro modello deve avvicinarsi sempre più a quello inglese. Accesso consentito, identificazione, e chi sbaglia paga. Così hanno sconfitto gli hooligans. Così possiamo fare anche noi».

Sulle inchieste della magistratura torinese e della procura federale, come su quella avviata dall’antimafia, è intervenuto pesantemente il direttore generale della Federcalcio Uva. Presidente, ha avvertito pressioni indebite, disinteresse, consenso per il lavoro che state svolgendo?

«La premessa è che Uva ha poi smentito le sue parole. Detto queato, come spesso capita nelle indagini per mafia, la prima reazione è di chiusura, del tipo “qui la mafia non esiste” e il non accettare questa logica ti rende un nemico. E devo con grande tristezza ammettere che quelli che mi considerano un nemico aumentano di settimana in settimana. Ma sia chiaro: per me la tristezza non si accompagna con la paura. Anche perché credo che stiamo rendendo un servigio importante al paese, ai tifosi ed anche alle società calcistiche. E prima o poi lo capiranno tutti».

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