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C’è Inzaghi dietro la rinascita di Immobile centravanti moderno (e di rimessa)

Un nuovo percorso di ritorno verso il top del calcio italiano, pur con caratteristiche atipiche: siamo a 21 gol stagionali (ma col Napoli c’entra poco).

C’è Inzaghi dietro la rinascita di Immobile centravanti moderno (e di rimessa)

I 22 gol col Torino

Ci eravamo già passati, in un momento come questo. Avevamo già visto Ciro Immobile ricordarci cosa possa essere Ciro Immobile. Quanto potesse essere forte. Era la stagione di vigilia dei Mondiali 2014, il centravanti di Torre Annunziata aveva preso a segnare come un ossesso con la maglia del Toro e aveva riscattato la delusione post-Pescara, quando fu l’unico del trio meraviglia con Insigne e Verratti a non rispettare le attese. Finì al Genoa, un gol all’esordio e poi una stagione anonima. Ripartì dal Torino, lui cresciuto nelle giovanili della Juventus e poi ceduto in comproprietà dai bianconeri al Genoa durante la sua stagione magica con Zeman.

I 22 gol e il titolo di capocannoniere nel primo anno di Benitez a Napoli gli valsero la chiamata ai Mondiali, giocò da titolare contro l’Uruguay ma non lasciò un ricordo indelebile. Era iniziata la fase di down, quella che poi si conclude con la rinascita. Lo prende il Borussia Dortmund, sembra una destinazione perfetta, Immobile attaccante dalla grande corsa che si unisce in matrimonio con il profeta del Gegenpressing Klopp, una roba da Renzo e Lucia. Non va così, ed è colpa delle contingenze e di entrambi i promessi sposi. Klopp lascia, il Dortmund ricostruisce e Immobile prova a rifarsi daccapo. A Siviglia, Emery gli preferisce un profilo diverso come Gameiro. Ventura e il Toro sono il suo buen retiro, poi arriva la Lazio che fiuta l’affare: 8 milioni al Siviglia e operazione conclusa.

La svolta è Inzaghi

Se il Napolista scrive di Immobile, non lo fa in chiave Napoli. Anche perché c’è una motivazione tattica di fondo: Ciro Immobile non è un attaccante perfetto per questo Napoli. Certo, l’adattabilità ai principi di gioco diventa sempre più alta all’aumentare della qualità assoluta. Ee con Immobile (possiamo dirlo, ormai) siamo vicini al top. Però la vera svolta nella carriera di Immobile, dopo Ventura ovviamente, si chiama Simone Inzaghi.

Che – anche qui parliamo numeri alla mano – è un allenatore vero. E pure di grande spessore. Fa giocare la Lazio e Immobile in un certo modo, ne esalta le caratteristiche. Più che utilizzare Ciro come centravanti puro, alla Icardi o alla Higuain per fare un esempio, Inzaghi ne interpreta il ruolo attraverso dinamiche più dinamiche. La ripetizione era ovviamente voluta, di suggestione. Immobile attacca tutti gli spazi possibili intorno e alle spalle della difesa avversaria, in profondità e in ampiezza. Non fa da riferimento centrale statico, alla Lazio non serve, copre con la corsa tutto il fronte offensivo cercando di giocare il pallone sempre in avanti. Il termine più importante di tutta questa frase è “corsa”. Perché ha un peso nell’economia del gioco della squadra che ieri sera ha centrato l’accesso alla finale di Coppa Italia. Il gol, duro e puro, viene dopo.

Sassuolo-Lazio, la heatmap di Immobile. Ovvero, essere dovunque o quasi

Sì, perché il calcio moderno ha diverse definizioni dell’attaccante. Higuain è stato perfetto per il Napoli di Sarri per la sua sopraffina tecnica di base accoppiata alla rapacità sotto porta. Per sostituirlo, in entrambi i sensi, nessuno sarebbe stato meglio di Icardi. Milik ragiona in quel senso ma non ha ancora quel peso tecnico; Mertens ha saputo ritagliarsi il suo spazio proprio per la sua abilità palla al piede e nello stretto. Immobile, rispetto a questi profili, è diverso. È un calciatore da run and kick, come fatto vedere per il gol di ieri sera. E poi è bravo in area, soprattutto nell’indovinare la coordinazione giusta e gli spazi migliori per impattare col pallone. Buona la tecnica e la precisione di tiro.

Ecco, per dirla con semplicità: quando non corre per fare a sportellate, Immobile veste i panni del centravanti classicamente detto, non dell’accentratore offensivo. Ovvero, la nuova (e cervellotica) definizione dell’attaccante moderno. Per una squadra dalla conformazione reattiva come la Lazio, è praticamente perfetto. w21 gol stagionali, di cui 18 in campionato. È il settimo calciatore di Simone Inzaghi per occasioni create, mentre (ad esempio) Mertens è il quarto in questa speciale classifica per il Napoli. Gli assisti totali sono due. Questo spiega la differenza in maniera numerica.

La bravura di Inzaghi, con Immobile e con la Lazio, è stata proprio questa: assecondare le caratteristiche dei calciatori a disposizione, disegnare intorno a loro la miglior confezione tattica possibile. E giocare in maniera reattiva, sempre perché in qualche modo è la strada preferita per buona parte dell’organico. Il tutto, senza rinunciare mai in partenza a velleità di vittoria.

Conclusioni

Esercitare il rimpianto per un mancato arrivo a Napoli, in questo Napoli, è come strapparsi i capelli per l’addio di Gabbiadini. Giusto in linea di principio, volendo. Ma assolutamente lontano dalla realtà. Detto questo, Immobile resta merce importante per la Lazio e il calcio italiano. Un attaccante finalmente compiuto nella sua dimensione minima, che ora può aspirare a un’ulteriore crescita (già una conferma a questi livelli sarebbe importante) prima di ritentare con un top club assoluto. A quel punto, però, queste sue caratteristiche particolari (un tempo qualcuno avrebbe detto contropiedista) potrebbero tornare a mettergli i bastoni tra le ruote.

La capacità di modellare un Immobile in grado di far bene in una squadra dominante, e di conseguenza di costruire una squadra dominante, saranno gli step dedicati e generali di Simone Inzaghi. Un altro attaccante dal profilo atipico, tattico, che oggi studia da grande tecnico. E ha un grande centravanti con cui studiare insieme, per lo stesso diploma dell’assoluto.

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