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Cannavaro: «Dispiace sia stato proprio io a frenare il Napoli, sono un professionista». E ha ragione lui

Gli insulti social piovuti addosso a Paolo Cannavaro sono la parte peggiore di una domenica calcistica amara: «Che dovevo fare?», dice Paolo al Mattino. Nulla di diverso, rispondiamo noi.

Cannavaro: «Dispiace sia stato proprio io a frenare il Napoli, sono un professionista». E ha ragione lui

L’intervista al Mattino

Qualche parola rubata nell’immediato postgara, lo si capisce anche nella costruzione del pezzo de Il Mattino. Cannavaro va di fretta, nel postgara di Sassuolo-Napoli. La figlioletta «gli tira la mano verso l’uscita» e lui sembra quasi non credere agli insulti social piovutigli addosso dopo la partita di ieri. Che l’ha visto tra i migliori in campo, bravissimo soprattutto nell’uno contro uno reiterato con uno sgusciante Mertens. E l’ha visto protagonista nel finale, con un calcio di rigore che non c’era e che giustamente non è stato assegnato. Il fallo di mano, in realtà, era un semplice colpo di testa.

Tutto quello che deve esserci

Gli insulti social sono la parte peggiore di questa domenica. Il commento di Cannavaro è talmente semplice e scontato che quasi potrebbe non essere riportato: «Dispiace che proprio io abbia dovuto frenare il Napoli nella corsa Champions. Ma sono un professionista, e tutte le parole che mi sono state rivolte sono ingiuste. Ho solo fatto il mio dovere, come sempre. E continuerà a farlo». Ci sono i complimenti di rito per il Napoli, «una squadra in gran forma che gioca un grandissimo calcio»; ci sono le felicitazioni a Insigne per il rinnovo («È felice? Con quello che guadagni, ci credo, ho scherzato con lui…»); c’è il discorso su un campionato che è in realtà ancora vivo, perché la Roma ha un calendario complicato. Insomma, c’è tutto quello che deve esserci dopo una partita di calcio giocata da ex.

Chi ha sbagliato sono coloro i quali gli hanno additato impegno eccessivo, voglia di vendetta o cose così. «Che cosa dovevo fare?». Niente, caro Paolo. Dovevi fare quello che hai fatto. Dovevi dire quello che hai detto. Niente di più, niente di meno. Sei stato un simbolo di questo Napoli, oggi vivi una seconda giovinezza di buonissimo livello e ti dovremmo ricordare solo con affetto, senza grandi revisionismi sulla tua cessione ma solo con la stima verso l’uomo e il professionista. Spesso, però, si finisce per dimenticarci dell’ovvio.

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