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L’Europa reazionaria scopre la difesa, il gioco di Sarri scavalcato a sinistra

Nei quarti di Champions, ho visto milionari del calcio spazzare via palloni fuori area. E nel surreal dibattito pallonaro, irrompe Ottavio Bianchi che fa due conti della serva.

L’Europa reazionaria scopre la difesa, il gioco di Sarri scavalcato a sinistra

Tra le elezioni francesi e El Clásico

La domenica sera trascorsa sull’onda lunga del Sassuolo, tra El Clásico e la scomparsa del Partito Socialista francese, fa trapelare una strana sensazione: quella che anche il Napoli sia stato all’improvviso superato a sinistra. Cosa curiosa ed inattesa per la rivoluzione sarrita di gioco e di popolo – compagno Zdanov batti un colpo. Sembra infatti che, in poche settimane, l’Europa abbia sovvertito lo status quo e rispolverato un concetto ormai considerato reazionario, quasi da violenta oligarchia militare: la difesa.

Tutto a un tratto ci troviamo tre delle quattro squadre sul tetto d’Europa variamente anti-guardioliste, arcigne, alcune a mo’ di diga, altre con doppio e triplo filtro a centrocampo e marcature a uomo. Nei quarti di Champions, quasi tutti altamente spettacolari, si sono visti giocatori plurimilionari abbandonarsi a spazzate fuori area fino a poche settimane fa considerate anticaglia d’ancien régime.

Mélenchon, quarto a sinistra, non sa chi scegliere

Da sempre perdere non è bene ma l’incubo è essere sorpassati a sinistra: nella gara del presunto più moderno è meglio non farsi trovare impreparati, ché poi è un attimo e capita che la storia vada per i fatti suoi e ti ritrovi come Mélenchon che da quarto a sinistra non sa scegliere tra Macron e Le Pen. Capita.

Sarri, che nella festa per la conferma di Insigne è apparso concreto ma con una vena vagamente funerea, ha detto, a ragione, che il Napoli non può vivere la vittoria come l’esito di un programma ma come l’estemporaneità di un evento che – ha aggiunto – sia figlio della poesia, l’anima, la gente. “Nel calcio di trent’anni fa c’era ancora spazio per questo – ha aggiunto testualmente – Nel calcio di oggi un po’ meno”. Le decine di migliaia al Bernabeu, domenica sera, non si sono accorti di essere così privi di sentimento, neppure quando Messi ha posto in ostensione la propria casacca alla curva madrilena appena dopo l’incredibile tre a due.

La rivoluzione sarrita si scopre nostalgica

La rivoluzione sarrita si riscopre dunque un po’ nostalgica – e forse lo è sempre stata, come tutte le rivoluzioni annunciate. Torna sempre l’antica dinamica provincia-metropoli che in Europa vediamo ovunque, nelle politiche come nel calcio, reali o dell’anima. Le provincie verdi in cui i contadini che prendono i sussidi dai tenebrosi burocrati di Bruxelles pretendono il ritorno al passato sicuro e nazionalista. O quelle che partono ambiziose con i seminari su Sacco e Vanzetti e poi si ritrovano anarchiche e irriducibili, avvinghiate ai poveri ulivi di Brindisi, vittime addirittura di qualche chilometro di multinazionalissimo gasdotto.

I conti della serva di Ottavio Bianchi

Ci sono province e province. Paradossalmente, quelle di una trentina di anni fa – quando ancora esistevano i sentimenti, a quanto pare – continuano ad essere animate da maggior pragmatico scetticismo, e così nel bresciano uno scafato osservatore come Ottavio Bianchi fa irrompere un filino di realtà (cinque al termine, dodici punti dalla prima) nel surreale dibattito politico pallonaro, facendo due conti della serva. Quelli che poco piacciono ai rivoluzionari, ma che di certo staranno già facendo gli sfidanti nel ballottaggio francese del prossimo sette maggio. Come chiunque abbia questa strana idea di poter provare a vincere.

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