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Quel filo di protervia del potere che unisce Uva e De Luca

Il manager della Figc ci sembrava il “nuovo”, ci eravamo sbagliati. E il governatore della Campania chiamando “chiattona” la consigliera si è rivelato per quello che è.

Quel filo di protervia del potere che unisce Uva e De Luca
Il presidente della Regione Campania Vincenzo de Luca

Uva ci sembrava il nuovo

Non abbiamo il piacere di conoscere il direttore generale della Federcalcio, ma del dottor Michele Uva, chi sa perché, ci fidavamo più di quanto (non) ci fidiamo dei Tavecchio, dei Lotito e, in primis, degli Agnelli e dei Marotta. Rappresentava il “nuovo” che poteva scacciare il “vecchio”, ma più passa tempo e più ci accorgiamo che non è così. L’ errore, se di errore si tratta, scaturiva dai giudizi più che lusinghieri che hanno accompagnato la scalata del dottor Uva al vertice dell’organizzazione calcistica e, in seguito, il suo radicamento come manager di grande spessore innovativo capace di rigenerare un ambiente dominato dall’ossequio al potente.

Ci eravamo sbagliati

Ci siamo fidati, insomma, dei “like” senza badare ai fatti ma il fragile castello si è sbriciolato al primo sole di primavera dopo che siamo stati costretti a ingoiare le parole con le quali il direttore ha commentato il lavoro della Commissione Antimafia sull’affare Juventus-ndrangheta – perché anche di questo si tratta, senza giudizi definitivi – sulla gestione dei biglietti dello stadio nel quale i campioni esibiscono i loro quarti – quattro? – di nobiltà pedatoria.
Definire «banale» il lavoro dei giudici  he indagano è cosa molto grave della quale il dottor Uva si assume ogni responsabilità. E bene ha fatto il presidente Rosy Bindi a sottolinearlo definendo «preoccupante» il commento del dirigente con un commento lapidario: «Ciò che fa male all’Italia sono le mafie, anche quando si infiltrano nello sport, e la sottovalutazione di questo fenomeno. L’inchiesta della Commissione proseguirà a tutto campo». Parole sante e tanti saluti all’arroganza del potere che è radicata dalle parti dello Juventus Stadium.

De Luca come i potenti del calcio

E, cambiando pagina, purtroppo, anche dalle parti di Santa Lucia, soprattutto da quando nel palazzo della Regione Campania si è insediato il Governatore De Luca che, come i potenti del calcio, sembra di tanto in tanto ritenere che a qualcuno, più che agli altri, tutto sia consentito. Tanto poi mando un mazzo di fiori alla collega Valeria Ciarambino, capogruppo dei pentastellati specialisti in provocazione che non ha mandato giù quell’offesa – «chiattona» – rivoltale in aula e l’incidente sarà dimenticato.
Non è così, presidente, lo strappo è troppo violento e non è il primo che lei si consente. E il secondo è grave quanto il primo – ricorda? – consumato ai danni di Rosy Bindi, vittima predestinata evidentemente. perché conferma che Esopo aveva visto giusto montando la famosissima favola del lupo che non perde il vizio. E qui ci fermiamo.
Riflettendo a tutto campo, tra l’altro, si scopre che i due episodi, apparentemente “lontani” l’uno dall’altro, sono invece tenuti insieme dall’unico comune denominatore della incapacità di esercitare il governo – del calcio come della politica e, più in generale, delle professioni – in modo trasparente. E senza ricorrere a “scorciatoie” che hanno sortito l’unico effetto di avvicinare il Belpaese al baratro.
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