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Spalletti ribalta Sarri e dimostra, perdendo, che il turn over è fondamentale

Il momento di difficoltà della Roma potrebbe nascere dall’eccessivo utilizzo di una rosa non ricchissima di alternative. Una possibilità che il Napoli può e deve sfruttare.

Europa League

Sappiamo cosa vuol dire essere la Roma. Ci è capitato due stagioni fa: preliminare di Champions ad agosto, pieno di speranze. Una sconfitta amarissima, poi il tuffo a bomba tra campionato ed Europa League, con Coppa Italia in aggiunta a partire da gennaio. Il Napoli tirò avanti fino in fondo, la Roma di Spalletti sta provando a fare lo stesso. Ieri sera, a Lione, è arrivata però la battuta d’arresto europea: 4-2 per i francesi, rimonta giallorossa e controrimonta della squadra di Genesio dopo il primo tempo – iniziato con il vantaggio dell’Olympique e chiusosi sul 1-2. Nella ripresa, il crollo. Fisico, tattico e mentale. Nell’ordine che volete voi, tanto cambia poco.

Già una settimana fa avevamo scritto dell’antiturn over di Luciano Spalletti. Nel sottotitolo eravamo stati categorici, severi: “Spalletti ama il turn over meno di Sarri”. In realtà non siamo stati bravi nel ricostruire la storia di questo turn over. Nel senso: i numeri e i nomi sono quelli della settimana scorsa, più o meno. Anzi, anche “peggio”: basti pensare che tra Napoli e Lione, i giallorossi hanno cambiato tre uomini di movimento (con Rudiger squalificato), senza però “uscire” dallo steccato che vi proponemmo allora. Ovvero, undici titolari più El Sharaawy, Juan Jesus e uno tra Perotti e Salah. Più Paredes, in campo al posto di De Rossi. Gli stessi tredici calciatori portiere escluso.

Ribaltare Sarri

Luciano Spalletti non ha moltissime colpe, però. Oltre ai co-titolari che abbiamo citato, e ai titolari (Fazio, Manolas, Rudiger, Emerson, Bruno Peres, De Rossi, Strootman, Nainggolan, Dzeko), ha a disposizione il seguente contingente-riserve: Totti, Grenier, Vermaelen, Gerson, Mario Rui. Più Florenzi infortunato. Insomma, difficile pensare male di Spalletti. Soprattutto quando il gioco si fa duro”, perché i risultati cominciano a pesare. La semifinale d’andata con la Lazio, lo scontro diretto casalingo con il Napoli e la trasferta contro una buonissima squadra in Europa. Il periodo di grande forma fisica e mentale aveva fatto sì che Villarreal fosse una specie di amichevole, con gli spagnoli letteralmente schiacciati dalla forza giallorossa. Poi, però, quel periodo è finito. Dopo Milano, con il derby. Verrebbe da dire: con la prima squadra con un sistema tattico organizzato razionalmente (la Lazio).

Eppure ci ha provato, Spalletti. È stato sfortunato con Florenzi, ok. Ha cercato di inserire nel tessuto della squadra titolare anche i calciatori meno pronti, quello con meno forza ed esperienza. Gerson, Iturbe prima della cessione, lo stesso Vermaelen. Nessuno sopra i 600′, con una netta inversione di tendenza da gennaio a ora. Nel senso: alternanza tra gli stessi calciatori, quelli di sopra, con zero variazioni sul tema. Qualche improvvisata tattica (come la linea a quattro contro il Napoli), ma alla fine schema consolidato e chiavi in mano alla forma strepitosa di Dzeko e Nainggolan. Che, però, non può durare in eterno. E ieri sera è apparsa quantomeno rivedibile. Esattamente come contro il Napoli.

Insomma, Spalletti ha operato in modo esattamente opposto rispetto a Sarri. Che, in partenza, ha optato per i suoi fedelissimi. Sempre gli stessi, con modifiche dovute solo a cause di forza maggiore. Poi, pian piano, l’ingresso di tutti. Graduale, lento nei tempi in alcuni casi (Rog), nemmeno completato dal punto di vista tattico in altre situazioni (Maksimovic). Eppure, oggi sembrano quasi tutti pronti. Lo sono, probabilmente. Sicuramente sono utilizzabili. Il rendimento, come al solito, è un’incognita. Ma questo avviene dappertutto, sempre e da sempre.

Stato fisico

Ovviamente, dopo i dati di fatto, ora parlano le sensazioni. Cioè: la Roma vista contro Lazio, Napoli e Lione ci pare una squadra stanca. Non dal punto di vista fisico, o almeno non sempre (il finale all’arrembaggio col Napoli fa il paio con gli ultimi minuti di ieri, giocati lingua a terra), ma soprattutto dal punto di vista dall’espressione di certi principi tattici. La percezione è che i giallorossi siano in difficoltà, di gioco prima ancora che di risultati. Che i calciatori migliori, quella che l’hanno condotta per mano a una stagione finora eccellente, siano in un momento di rifiato.

Di cui il Napoli, che pare più fresco e pimpante nonostante gli ultimi rovesci, deve saper approfittare. Il secondo posto, in questo momento, rappresenta l’obiettivo fondamentale. Perché rappresenterebbe un turning point nella storia del club partenopeo. Ne parleremo con un altro pezzo tra poco, ma l’occasione è propizia. Anche perché ci racconta che il turn over (faticosamente) innestato da Sarri può essere decisivo, alla lunga. E quando dici alla lunga, ripeti decisivo: ovvero, il periodo (breve) che ci aspetta da qui fino alla fine della stagione.

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