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Napoli-Juventus non è Sud contro Nord, non chiamateli piemontesi

Quattro giorni di Napoli-Juventus. Dai ricordi del nonno ad Aldo Serena fino al “tradimento” di Higuain.

Napoli-Juventus non è Sud contro Nord, non chiamateli piemontesi
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La domanda del nonno

Napoli Juventus hai detto niente! Mio nonno era un malato di Napoli, pensate che le ultime parole che ha pronunciato prima di perdere totalmente la parola sono state “Ch’a fatto ‘o Napule?”. Gli risposi, mentendo, ha vinto. Invece aveva pareggiato zero a zero col Perugia, in Serie C. Mica potevo farlo addormentare con un dispiacere? Mi capirete. Ora il Napoli è da anni lì sopra, e lui sicuramente una Napoli-Juventus troverà sempre il modo per guardarla. Lui viveva per Napoli-Juventus, per “sta partita è n’ata cosa”.

Aldo Serena

Ero piccolo quando Serena provò ad intossicarci, poi finì due a uno, era il 1987. L’anno magico di trent’anni fa. Ora è diverso, ora le partite si caricano settimane prima, a botte di social, interviste, televisioni. Ora è diverso. La Juventus arriva al San Paolo con la sua boria, con i titoloni dei giornali, con la presunzione che l’ha sempre contraddistinta, e con gli avvocati assenti, chiusi in stanze segrete a lavorare; come d’altronde, accade spesso.

I piemontesi non c’entrano niente

I piemontesi a Napoli ritornano, anche se identificare il popolo bianconero come quello piemontese è una forzatura. Ritornano portando avanti il bottino dello sgarro, quel tale centravanti di cognome Higuain che ha preferito il borghese salotto alla piazza grondante di calore. Ha preferito la strada più semplice, la società più discussa, l’anima più accusata degli ultimi vent’anni. Verrà e capirà, si sdraierà sui fischi e cavalcherà quella lava che ci augurano in molti, magari a capo chino verso l’irriconoscenza.

Quattro giorni

Torniamo alla gara, che sarà accolta dalla folla delle grandi occasioni. In quattro giorni, due volte la signora. Che lusso. In quattro giorni, due volte la possibilità di allargare o restringere quel margine che, bisogna dire, ha saputo costruirsi. Quattro giorni che rappresentano anche la possibilità unica di rispedirli, impacchettati a casa, “carichi di meraviglie”. Con negli occhi quel gol di Renica ai supplementari. Verranno accolti, insieme al loro gregge, quello stesso che dopo l’andata di coppa ha scatenato il putiferio, con titoloni, addirittura scomodando Totò, e poi si è ritratto palesando timori di ordine pubblico, insensati e senza motivo.

Come con il Real Madrid

Liber(o) nos a malo I tifosi faranno i tifosi, come hanno fatto a Madrid, come hanno saputo fare in casa bombardando di fischi, e cori, i veri fenomeni del calcio europeo, tramortendoli per un’ora. I calciatori faranno i calciatori, faccia a faccia senza mai tirare il fiato, in apnea, quattro giorni in balia di un’occasione attesa un anno, con in panchina il maestro dorato, contro quel figlio che non si può dimenticare ma che ha fatto di tutto per non farsi più lodare. Napoli, abbiamo quattro giorni per preparare la pernacchia più grande che si sia mai sentita, da quando Eduardo la inventò.

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